ERMA E L’ANGELO DELLA PENITENZA |
Alcune concezioni morali e angelologiche espresse dal giudeo – cristianesimo, e in parte anche dalla letteratura rabbinica e dagli apocrifi, sono state riprese e lette in chiave cristiana dal Pastore di Erma, uno scritto paleocristiano composto nella prima metà del secondo secolo che ha assunto un’autorità particolare, riconosciuto da molti Padri della Chiesa quasi come un libro canonico. Prende il nome dal personaggio principale della Visione V, l’Angelo della Penitenza, che appare ad Erma nelle vesti del pastore che chiede ai membri della Chiesa di pentirsi dei peccati che l’hanno danneggiata. Il Canone muratoriano afferma che il Pastore di Erma fu composto da Erma, fratello di papa Pio I (140-154); ma in realtà la vera identità dell’autore non è stata ancora accertata. Il testo è composto da cinque “Visioni”, dodici “Comandamenti” e dieci “Similitudini” In esso che originariamente era stato scritto a Roma in lingua greca e presto tradotto in latino si possono cogliere vari aspetti dell’angelologia. Secondo Erma, il vertice della gerarchia angelica è occupato da “sei angeli santi, che furono creati per primi” (Herm., vis. 3,4; Herm., simil. 5,5). ... ... Sono questi che custodiscono l’universo (Herm., simil. 9,12). Si nomina anche Michele che “governa il popolo del Signore, scrivendo la legge di fuoco nei loro cuori” (Herm. , simil. 8,3). Ci sono poi altri angeli subordinati a questi che proteggono il popolo (Herm., simil. 5,5) e comunicano lo spirito di preghiera (Herm., similm. 5,4). Alcuni svolgono missioni speciali: un angelo, chiamato Tegri, vigila sugli animali selvaggi perché non facciano del male a Erma (Herm., vis. 4,2). Esiste una profezia, un angelo della penitenza, il pastore che è stato inviato a Erma (Herm., simil. 9,1); un angelo del castigo (Herm., simil. 6,3). Ogni uomo è accompagnato dagli angeli: un angelo della giustizia e un angelo maligno (Herm., mand. 6,2; cfr. simil. 5,6). Al primo si deve obbedire, al secondo occorre contrapporsi. Ma l’uomo non deve temere il diavolo, poiché gli angeli buoni, in particolare l’angelo della penitenza, che stanno con l’uomo, sono più potenti e prevalgono (Herm., mand. 12, 4-6). Gli angeli buoni accompagnano il cammino degli uomini fino alla beatitudine eterna (Herm., vis. 2,2; simil. 9,25). Negli scritti di Erma anche il Verbo viene chiamato “angelo glorioso” oppure “angelo molto venerabile” . Tuttavia esso si distingue dall’angelo della penitenza o della giustizia e dal pastore stesso, poiché è un essere superiore, con attributi diversi, il quale invia gli altri angeli. Per esempio nella “Quinta visione” il pastore dice a Erma: “Sono stato mandato dall’angelo santissimo” (Herm., vis. 5,2); similmente furono giustificati dall’angelo generabilissimo” (Herm., mand. 5,1,7); ora l’opera della giustificazione è propria del verbo. Altre volte l’angelo santo e il Kyrios sono posti sullo stesso piano, mentre il pastore è in una sfera inferiore (Herm., sim. 5,44); l’angelo del Signore e l’angelo glorioso rappresentano colui che ha un’autorità divina, in quanto comanda, affida e invia (Herm., sim 7, 1.2.3.4).In Erma si trova un accostamento tra il Verbo e l’arcangelo Michele , angelo superiore agli altri. infatti nella “nona similitudine” è descritta: “Hai visto i sei uomini, e tra loro, quell’uomo alto e glorioso che, camminando intorno alla torre, ha esaminato le pietre della costruzione? Ebbene: egli è il Figlio di Dio e quei sei angeli stanno alla sua destra e alla sua sinistra. Nessuno di quegli angeli gloriosi può avvicinarsi a Dio senza di lui, perché chi non prende il suo nome non può entrare nel regno di Dio” (Herm., sim. 9, 12,7; cfr 9,6,1). Qui è esplicata l’identificazione dell’essere glorioso e colossale con il Figlio di Dio; egli è anche l’unico mediatore, superiore agli altri sei angeli. E’ pertanto facile identificare il settimo angelo, Michele , con lo stesso Cristo, come viene detto chiaramente: “L’angelo grande e glorioso è Michele, colui che ha potestà di governo su questo popolo” (Herm. Sim. 8,3,3). Commenta Daniélou: “La cosa non sorprende: in effetti per la tradizione giudaica Michele è il capo degli arcangeli e il principe di tutte le milizie celesti. Dal momento che si riteneva che gli arcangeli fossero sei e che il loro capo fosse il Verbo, era normale che il nome Michele – titolo di questo capo – fosse attribuito al Verbo. A ciò si può accostare il fatto che il titolo Archistratega, che è quello di Michele in molti testi, è applicato al verbo dai cristiani. E mentre il nome Michele, che in realtà si pestava a confusioni, non gli è attribuito che nella teologia arcaica, quello di archi stratega persisterà nella tradizione, particolarmente presso Metodio ed Eusebio” (J. Daniélou, La teologia del giudeo – cristianesimo, cit., 223- 224). Lo Spirito Santo, a sua volta, viene detto “angelo dello Spirito profetico” che è Signore e Dio (Herm. Man. 11,5-10). Anche in questo caso l’angelo s’identifica con lo Spirito Santo, fonte di potenza divina nell’uomo, forza che “scende dall’alto, dalla potenza dello Spirito divino”, distinto dagli altri angeli e dagli uomini. Il termine angelo, infatti, è espressione tecnica tratta dal giudaismo per indicare anche le persone divine (Daniélou, La teologia del giudeo – cristianesimo). Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui) |
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