PAUL VALERY E GLI ANGELI |
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... Ci si specchiava, e quel che vedeva era un Uomo che piangeva, e si stupiva enormemente che trasparisse dall’onda nuda quella preda d’infinita tristezza”. L’angelo di Valéry si chiede quale sia la sua missione nell’universo: “(Oppure , se preferite, c’era una Tristezza di forma umana che non trovava la propria ragione d’essere nel cielo chiaro). Il volto che era il suo, il dolore che vi era impresso, gli sembravano completamente estranei. Un aspetto così pietoso coinvolgeva, interrogava, metteva invano a dura propria la sostanza meravigliosamente pura del suo spirito”. L’angelo di Valéry è un’essenza assoluta che tuttavia non può impedirsi di soffrire: “Chi è dunque colui che si ama al punto di torturarsi?” diceva. Io comprendo tutto, e tuttavia mi rendo conto di soffrire. Questo volto è il mio volto, queste lacrime sono le mie lacrime…E tuttavia non sono anche quell’assoluta trasparenza di cui il mio volto, le mie lacrime, e ciò che gli ha dato vita e ciò che li farebbe scomparire, non sono altro che minuscoli granelli di tempo?”. La conclusione è di una spaventosa bellezza. L’angelo, magnifico nella sua perfezione, non cessa peraltro di interrogarsi e di comprendere ogni moto dell’universo senza per questo comprendere il tutto. L’Angelo è incomprensibile infatti secondo Valéry e al verso è solo dato di avvicinarsi al mistero: “Così s’interrogava nell’universo della sua sostanza spirituale meravigliosamente pura, dove qualsiasi idea viveva ad eguale distanza tra se stessa e lui stesso, in una tale perfezione della propria armonia e proporzione della propria corrispondenza, che avrebbe potuto provocare la sua scomparsa e in tal caso il sistema, scintillante come un diadema della loro simultanea necessità, si sarebbe eretto solitario nella propria sublime pienezza. Così, il tempo di un’eternità, egli continuò a comprendere e a non comprendere”. Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui) |
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