ICONOGRAFIA ANGELICA NEL QUADRO DELLA MADONNA DI MONTEVERGINE |
Il Santuario di Montevergine fa parte del complesso che comprende il Monastero benedettino, l’Abbazia territoriale, il Santuario mariano, si trova a 1270 metri di altezza, nel massiccio montuoso del Partenio nella Valle dell’Irpinia in provincia di Avellino nella regione Campania in Italia meridionale. Nei primi decenni del secolo XI salì sulla montagna il giovane pellegrino Guglielmo di Vercelli, che eresse una Chiesa in onore della Madre di Dio e diede vita a una nuova famiglia religiosa (Congregazione Verginiana). Morì nel 1142 a S. Angelo dei Lombardi e i suoi resti furono portati a Montevergine nel 1807, nella cripta della nuova chiesa, in cui si conserva anche il tesoro delle sacre reliquie. L’attuale Santuario, opera dell’architetto romano Florestano di Fausto, iniziato nel 1952, aperto al culto il giorno dell’Ascensione del 1961, è in stile romanico modernizzato, a tre navate. L’esterno, affiancato dallo slanciato campanile, è in pietra lavorata del luogo, con le porte rivestite in bronzo e lamine di rame. L,’interno presenta il pavimento in granito delle Alpi, dei finestroni istoriati e il soffitto a cassettoni di stucco, con dorature in oro zecchino con simboli liturgici. ... ... In fondo alla navata ventrale, sotto il tiburio, si apre l’ampio presbiterio, fiancheggiato da due matronei e dal nuovo organo. Addossato alla parete di fondo s’innalza il trono, in pregiati marmi policromi e statue in bronzo , su cui è posta la prodigiosa immagine della Madonna: è una pittura, su due tavoloni di pino (4,60 x 2,38m) della fine del secolo XIII. Recentemente alcuni studiosi hanno affermato che la testa dell’immagine della Madonna di Montevergine, apparteneva alla famosa “Odigitria” di Costantinopoli. Il paliotto della custodia del sacramento è in argento massiccio e rappresenta LA Pentecoste. Dalle navate laterali si accede all’antica Basilica, rifatta nella prima metà del secolo XVII, dopo che l’antica chiesa era crollata nel 1629. la navata centrale ricorda la precedente architettura gotica, in fondo il presbiterio rialzato e circondato da una ricca balaustra di marmo policromi. L’altar maggior, in mosaico fiorentino, con intarsi preziosi, abbraccia tutta la navata e nasconde il coro , in legno di noce intagliato, del 1573,in essa si trovano alcuni monumenti funebri , tra cui il mausoleo quattrocentesco di Caterina Filangieri, contessa di Avellino, il baldacchino romanico – bizantino in mosaico di stile cosmatesco , del XII secolo, i, tabernacolo del XV secolo, un Crocifisso ligneo del XVII secolo. La Vergine è raffigurata assisa in trono, circondata da una schiera di angeli. Due di questi, collocati nella parte superiore, sono nell’atto di menare il turibolo, mentre ai piedi del trono si affacciano gli altri sei, tutti abbagliati come in una corte orientale. Tra di essi spicca, con le ali spiegate e corona sul capo, San Michele Arcangelo, caratterizzato dalle vesti di dignitario di corte, con in mano il globo crucigero e la bacchetta degli ostiari. La figura della Madonna risalta imponente e rimanda alla caratteristica resa iconografica della Panaghìa Odigitria (Colei che indica la via) con la mano destra rivolta verso il Bambino. Quest’ultimo, nel tenero gesto di aggrapparsi alla Madre, ha al tempo stesso dignità di adulto, vestendo una tunica rossa con bordi e ricami in oro. La Vergine veste un lungo abito scuro, in origine blu, con lumeggi ture dorate. Sotto di esso, all’altezza del capo emerge il maphorion. Il volto della Vergine, che nel quadro originale è dipinto all’interno di un clipeo innestato nel resto della tavola, quest’ultima composta da due tavolini di legno di pino uniti da un listello, è certamente uno degli elementi più seducenti e interessanti della rappresentazione, non per altro per l’intensità e la profondità che caratterizzano i suoi occhi. Lo sguardo della Thotòkos è dolce, severo, intenso, penetrante. Dotata di una profondità di sguardo senza eguali, ascolta le invocazioni e le richieste di grazia che da soli rimbombano tra le mura del santuario e al contempo, pare scrutare il devoto che si rivolge a Lei. Il dipinto, attribuito a Montano d’Arezzo, fu realizzato negli ultimi anni del secolo XIII. Esso doveva costituire la pala d’altare della cappella angioina, voluta da Filippo di Taranto, fratello del re Roberto d’Angiò e di San Ludovico da Tolosa. Quella cappella, un tempo completamente affrescata da montano medesimo, e destinata alle reali sepolture di Caterina II di Valois, moglie di Filippo e imperatrice di Costantinopoli, e dei figli Ludovico e Maria, col tempo divenne il luogo dove ricercare la Vergine, che con l’imponente tavola campeggiava maestosa sull’altare della parete di fondo la grande icone della Madonna di Montevergine, da secoli venerata nell’omonimo santuario, ha trovato la sua definitiva collocazione, nella piccola cappella imperiale, al termine di due anni di restauro, il 25 giugno 2013. Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui) |
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