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"Quando ti sorridono è probabile che sia un sì". Riflessioni sulla violenza! (No194.org) PDF Stampa E-mail

"Quando ti sorridono è probabile che sia un sì". Riflessioni sulla violenza!“ Quando ti sorridono è probabile che sia un sì , ma quando si allontanano è no e tu ci devi stare è inutile sperare di recuperare se hanno detto no , meglio sparire non telefonare per sentirsi dire un’altra volta no “ .

Se queste parole , scritte da Claudio Mattone , di un brano inciso da un gruppo campano ( “Neri per caso“) nel 1995 venissero sottoposte agli studenti nelle scuole dell’obbligo per essere studiate a memoria , i casi di femminicidio sarebbero probabilmente inferiori .

Si parla di femminicidio , come noto , con riferimento agli omicidi commessi ai danni di soggetti di sesso femminile da persone ( così le dobbiamo ritenere , anche se con una certa fatica ) di sesso maschile . ...

...  Ciò che spesso caratterizza questi crimini e questo tragico fenomeno , tanto diffusosi da essere considerato un’emergenza nazionale , infatti , è l’incapacità dell’aggressore di accettare la centralità del consenso della partner all’interno della coppia , venuto meno il quale il legame si scioglie automaticamente ed inesorabilmente , sia pur con gli strascichi e le conseguenze legate eventualmente all’esistenza di figli ed alla sussistenza di un vincolo coniugale .

Il venir meno di quel consenso assume un carattere assoluto , a nulla rilevando le ragioni che lo ispirano e qualsiasi argomentazione di carattere meritocratico , che possono incidere solo ai fini di un addebito della separazione tra coniugi in sede giudiziale .

Ma circa la sussistenza della coppia è inutile insistere , quando l’altra persona chiude è finita .

Questo crimine , a mio avviso , ha due ulteriori corollari , quasi sistematici .

Da un lato , vi è l’inconscia tendenza a negare alla femmina la sua natura di essere umano ed a considerarla un oggetto , anche acquistabile con l’uso del danaro .

Se ho comprato un bene , non può ribellarsi , è mio .

Le diverse forme di subordinazione del consenso al danaro o di lucro legato alla sfera sessuale sono attigue a questo atteggiamento maschile .

In tal caso si realizza la fusione tra due patologie , che presentano il minimo comun denominatore della mancata emancipazione della donna ( nella concezione maschile in un caso e in quello sia maschile che femminile nel secondo ) dalla condizione di un qualsiasi oggetto .

Il secondo corollario è costituito dalla vigliaccheria con cui ci si accanisce spesso ( ma non sempre ) contro un soggetto fisicamente più debole .

Mi lego a tale ultimo elemento , per sottolineare come , di per sé , lo sgomento non possa che essere direttamente proporzionale alla debolezza del soggetto soppresso .
E , in ogni caso , come sia la soppressione di un essere umano in sé ad essere , comunque , il fattore centrale di questo tragico fenomeno , a prescindere da chi ne sia l’autore .

Ecco che vi sono forme di femminicidio in senso lato ben difficilmente considerabili meno gravi di quelle che caratterizzano il femminicidio in senso stretto .

Dopo aver premesso che l’esistenza di ciascuno di noi è legata alla ricorrenza di due condizioni , quali il concepimento e l’assenza di eventi letali durante la gravidanza , l’eliminazione volontaria di una concepita durante la gestazione , ancorché legalmente ammissibile nella stragrande maggioranza dei casi , è plausibilmente più grave di un atto di femminicidio in senso stretto , in quanto :

a ) è diretta contro un essere non solo debole , ma addirittura inerme ;
b ) viene commessa su volontà di colei ( e non di rado anche di colui , se informato ) che dovrebbe proteggerla , quindi di un suo genitore ( il che , ad esempio , per l’omicidio doloso rappresenta un’aggravante ) se non di entrambi ;
c ) è sempre premeditata ( parimenti un’aggravante per l’omicidio doloso ) ;

d ) nega alla femmina l’intera sua esistenza e non solo una parte , più o meno consistente di essa ;

e ) viene compiuta dietro versamento di somme di danaro ( minimo € 1 300 per ogni aborto ) a carico del contribuente , traducendosi in un business che realizza il trionfo del profitto sull’essere umano , da cui l’attivismo a tutela della 194 di diverse lobbies ;

f ) ha colpito , solo nel nostro paese , 3 milioni di donne negli ultimi 35 anni , secondo i dati ufficiali del ministero della Salute ( 6 milioni di interruzioni volontarie di gravidanza legali dal 1978 , delle quali statisticamente circa il 50% non possono che aver determinato la soppressione di femmine ) .

Appare , dunque , davvero stridente il contrasto tra l’introduzione di una legge sul femminicidio e l’intangibilità della 194 , considerata come una conquista della donna ed espressione legislativa della sua emancipazione .

Una convinzione , quest’ultima , contestata radicalmente dalle nostre iscritte , che si registrano in percentuali crescenti sul totale degli aderenti da un anno a questa parte , al punto che l’80 % dei nuovi referenti locali nominati nel frattempo appartiene al gentil sesso .

Ecco che la cultura comunistoide ( ricordiamo che il primo paese al mondo che ha legalizzato l’aborto è stato l’URSS nel 1921 , paese liberticida per antonomasia in quanto ispirato all’unica ideologia che ha negato nell’epoca moderna non solo la libertà politica , ma anche quella economica e religiosa ) , che si è tradotta in quella legge ( diffusasi negli stati liberali del tutto in contrasto con la loro natura , in quanto nega al cittadino il proprio diritto di fondo , quello di nascita ) ed accanita sostenitrice da anni di una legislazione sul femminicidio , rivela le proprie contraddizioni .

Contraddizioni che non si limitano a ciò .

La negazione del princìpio di eguaglianza , caposaldo delle ideologie di sinistra e sancito dell’art. 3 della costituzione , è qui del tutto palese .

Per sanzionare in modo più severo l’uccisione di un essere più debole ( a prescindere dal fatto che sia maschio o femmina ) vi è già , in senso lato , l’aggravante dei motivi abbietti ( art. 61 n.1 c.p. ) e dovrebbe anzitutto essere introdotta , in senso stretto , un’aggravante a tutela dei soggetti più piccoli o dei disabili .

Considerare più grave in sé l’uccisione di una donna rispetto a quella di un uomo ( anche se istintivamente condivisibile ) significa giuridicamente discriminare i due generi .

Decisamente assurdo , invece , è ritenere che l’omicidio di una donna sia meno grave ( e , quindi , meno gravemente punibile ) se commesso da un’altra donna , il che esporrebbe le mogli e le compagne dei veri assassini ad altre occasioni di angheria , potendo più facilmente esse subire le pressioni dell’ambiente circostante ad accusarsi di un delitto non commesso .

Occorrerebbe , in generale e sul piano legislativo , sanzionare più pesantemente l’omicidio , senza discriminazioni di sorta , che prevede una pena edittale tra i 21 e i 24 anni , limitando così gli effetti premiali delle attenuanti sulla determinazione in concreto della sanzione , in quanto inciderebbero , se sussistenti , su una pena base più elevata , e circoscrivendo o escludendo l’operatività delle misure alternative alla detenzione per questo come per gli altri delitti più efferati , al fine di garantire l’efficacia della deterrenza della pena medesima .

Il problema dell’affollamento delle carceri ( sempreché non sia risolvibile costruendone di nuove ) non può condizionare problemi di ordine pubblico così gravi come quelli che si ricollegano alla commissione di reati di questa portata .

Analogamente a quanto sopra si deve concludere per le forme sanzionatorie dirette a colpire la cosiddetta “omofobia“ .

Chi mi legge sa perfettamente quanto sia critico nei confronti di chi ironizza verso la condizione sessuale fisiologica ( quindi del tutto incolpevole ) di un essere umano , ma anche queste forme tendono a creare esseri umani di serie A , sempre per ragioni di sesso , da proteggere più di altri .

Senza ignorare , poi , le enormi perplessità sulle imbarazzanti istruttorie che caratterizzerebbero i nostri dibattimenti , con testi chiamati a confermare la tendenza sessuale di una vittima di un reato , citando episodi dettagliati ai quali essi avrebbero assistito .

Di questo passo non è difficile immaginare un’aggravante di razzismo , al di là della normativa esistente in materia , che si ricolleghi alla tutela di determinate popolazioni e non di altre ( già oggi giornalisticamente se uno straniero aggredisce un italiano si lamenta un crimine , se avviene l’inverso sovente un crimine e un atto di razzismo ) .

Ciò che occorre , invece , apprezzare di quella realtà culturale è un buon spirito di militanza , che vorrei portare in NO194 , e l’assenza di certe brutture che caratterizzano , ad esempio , il mondo cattolico italiano ( è una considerazione che faccio da cattolico convinto e praticante ) .

Se viviamo in un paese integralmente governato , anche a livello locale , da esponenti di quell’area culturale lo si deve pure al fatto che , forse per una minore sensibilità spirituale , quando qualcuno di loro intraprende un’iniziativa concreta con risultati oggettivamente ( in quanto numericamente ) positivi , come nel nostro caso , nessuno si preoccupa dell’anima del suo promotore , lamentandosi del pericolo che egli si insuperbisca , ritenendo per ciò giustificabile il mancato appoggio se non la critica esplicita ad un’operazione che si ricollega ad ideali che si professano anche pubblicamente da tempo .

Un fenomeno sicuramente marginale ma indicativo del difetto di spirito costruttivo che sta alla base delle divisioni interne all’associazionismo cattolico e , più in generale , al mondo cattolico che si registrano almeno dagli anni 50 ad oggi .

Non occorre , poi , essere laureati in psicologia per comprendere che è sempre la superbia del nostro prossimo che ci infastidisce , mai la nostra , quindi la tematica sconfina in altre tendenze umane , non nobilissime .

Inoltre , la più diffusa carenza in quegli ambiti culturali di riferimenti trascendenti e religiosi presuppone che ben più difficilmente ci si possa improvvisare costituzionalisti a discapito di sentenze della Consulta ( come quelle con le quali si è ribadita la non abrogabilità dell’art. 6 lett. a della 194 , con cui si autorizza l’aborto nel caso di grave pericolo di vita della madre che porti a termine la gravidanza o che affronti il parto , per macroscopico contrasto con il diritto alla salute consacrato nell’art. 32 della carta ) , in quanto quell’organo in materia ha una sua autorevolezza che non si può trascurare , se non delegittimandolo già formalmente in nome di una diversa Corte Costituzionale che non esiste se non nei propri sogni .

Una delegittimazione che tende a coincidere , dunque , con una lacunosa conoscenza del diritto , che nella fattispecie si appalesa doppiamente , se si considera che la donna in quelle condizioni poteva già abortire prima dell’entrata in vigore della 194 , quindi del 1978 , per la pacifica ricorrenza della causa di giustificazione dell’art. 54 c.p. (stato di necessità), mancata conoscenza che si estende all’ambito teologico-religioso da parte di chi , ignorando addirittura Pio IX ( non Don Gallo ) , ritiene che ammettere quel remotissimo ed estremo caso di aborto significhi andare contro i dettami della Chiesa Cattolica .

Una mancata conoscenza teologico-religiosa tanto più grave perché coinvolge addirittura un’enciclica non certo datata , l’Evangelium Vitae , che impone di agire nei limiti del possibile contro le leggi abortiste, recitando testualmente al (n. 73 ) : quando non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista, un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all'aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica. Così facendo, infatti, non si attua una collaborazione illecita a una legge ingiusta; piuttosto si compie un legittimo e doveroso tentativo di limitarne gli aspetti iniqui.

Di qui l’invito a tutti coloro che , senza eccitarsi in distinguo al limite utili solo al già nutritissimo fronte abortista , ritengono che la 194 vada abrogata ( con il conseguente ritorno alla sola ammissibilità dell’interruzione volontaria di gravidanza in quell’isolato caso , come già previsto prima dell’entrata in vigore della legge , nel 1978 , stante l’operatività già all’epoca e da sempre della citata scriminante di cui all’art. 54 c.p. ) ad aderire , qualora non lo avessero già fatto , a NO194 tramite il sito www.no194.org , aggiungendosi ai 17 000 iscritti attuali , e ad impegnarsi nella nostra attività di militanza con i comitati locali , magari partecipando anche ad eventi collaterali come le nostre 12 ore di preghiera , che si svolgono all’esterno di ospedali dove si praticano aborti il primo sabato dei mesi dispari dalle ore 9 alle ore 21 e che , visto il loro successo , stiamo estendendo su tutto il territorio nazionale .

Pietro Guerini – Presidente nazionale No194

 
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