Meeting sugli Angeli 2013: intervista a don Marcello Stanzione |
«Angelo di Dio, che sei il mio custode…». La prima preghiera che impariamo è quella rivolta all’angelo custode: la più semplice, la più breve e più facilmente memorizzabile rispetto al Padre Nostro e alla stessa Ave Maria. Purtroppo, dopo essere stata la prima preghiera imparata, quasi sempre è anche la prima ad essere dimenticata: diventando “adulti” siamo portati a mettere da parte non soltanto la preghiera, ma anche la stessa credenza negli angeli, considerati alla stregua di esseri mitologici, di un mero simbolo della presenza di Dio. Invece la teologia ha un’intera branca dedicata ad essi – l’angelologia – ed in Italia il maggior divulgatore del culto agli angeli è don Marcello Stanzione, attualmente parroco di Campagna (in provincia della sua natia Salerno), che regge fin dalla sua ordinazione, oltre vent’anni fa. Don Marcello affianca l’attività di sacerdote a un continuo ed indefesso studio sugli angeli e alla direzione della Milizia di San Michele Arcangelo, che si batte per la retta diffusione della devozione cattolica ai Santi Angeli. Il tutto dopo una lunga carriera di studi: dal liceo classico all’Università Teologica di Napoli, dalla Lateranense alla Salesiana (dove ha avuto come insegnante il cardinal Bertone), dal Teresianum alla Lumsa, approfondendo teologia, dottrina sociale della Chiesa, catechetica, spiritualità e grafologia. ... ... Don Marcello ha da poco festeggiato i cinquant’anni e il cinquantesimo libro (pubblicazione che gli è valsa la medaglia d’onore del Senato della Repubblica Italiana). Lo abbiamo incontrato in occasione della IX edizione del convegno internazionale di angelologia, che egli organizza il 1 ed il 2 giugno di ogni anno presso la parrocchia di S. Maria la Nova, a Campagna. Don Marcello, gli angeli esistono realmente, in carne, ossa e piume, oppure sono soltanto una bella invenzione della “mitologia” cristiana, un simbolo della comunicazione tra Dio e gli uomini? Gli angeli esistono, anche se non sono certo fatti di carne, ossa e piume: l’unico elemento di fantasia è la tradizione iconografica, che li raffigura come bellissimi giovani dotati di grandi ali. In realtà essi sono creature di puro spirito, per cui non hanno una forma materiale. Sono come le nostre anime, solo che mentre l’anima è destinata ad essere rivestita di un corpo, l’angelo rimane di puro spirito. Naturalmente, rispetto alle nostre anime, questi spiriti hanno facoltà intellettive enormemente maggiori, godono della diretta visione di Dio, ma non possono compiere miracoli né posseggono la onniscienza o la conoscenza del futuro (che appartiene solo a Dio). Noi li invochiamo come protettori e come intercessori, ma dobbiamo essere consapevoli che essi non si sostituiscono certo al Creatore! Eppure gli stessi angeli non ne sono sempre stati tutti consapevoli… Certo, i diavoli non sono altro che quegli angeli ribelli, che credettero di poter essere come Dio – e vennero sconfitti dall’Arcangelo Michele, il cui nome significa appunto “Chi come Dio?” cioè “chi può osare di paragonarsi a Lui?”. Il bello – anzi, bisogna dire: “il brutto” – è che la nostra società dubita facilmente della reale presenza degli angeli, mentre non solo tende a credere a quella del demonio, ma giunge addirittura all’aberrazione di adorarlo… Anche il diavolo è quindi puro spirito, cioè senza corna, ali da pipistrello, coda e piede caprino… Come per gli angeli, l’iconografia diabolica ha prodotto uno stereotipo. Il diavolo non è così brutto come lo si dipinge – ce lo ricorda padre Amorth, forse il maggiore esorcista vivente – e può presentarsi in varie forme apparenti: belle se ci deve sedurre (come accadde a S. Antonio abate) o orribili, spesso come quel particolare animale disgustoso che fa a ciascuno di noi maggiore impressione, se ci deve spaventare. Ma rimane un puro spirito. Anche la lotta tra S. Michele e Lucifero non fu uno duello da cavalieri medioevali, come siamo usi immaginarlo, bensì uno scontro spirituale, fatto di puro ragionamento: l’arcangelo sconfisse l’angelo ribelle non grazie alla propria lancia o alla propria spada fiammeggiante, bensì dimostrandogli razionalmente come non fosse possibile porsi su un piano di parità rispetto al Creatore. Perché è importante rivalutare la presenza degli angeli? Prima di tutto per rispetto alla verità, riconoscendo il loro ruolo di intermediari tra noi e Dio. E poi per ricevere un aiuto nella vita quotidiana ed in particolare per contrastare l’attività dei loro “colleghi” ribelli, per combattere le tentazioni, per allontanare la minaccia di finire nelle mani di occultisti e sedicenti maghi… L’angelologia ha avuto il suo vertice nel medioevo, poi è declinata, fino a divenire una materia quasi “imbarazzante” in epoca contemporanea. Ci si è dimenticati degli angeli, sia buoni che cattivi, in una visione antropocentrica che ha negato ogni forma di soprannaturale – ovviamente avendo Dio come principale obbiettivo da combattere. E si è finito per considerare la credenza negli angeli come qualcosa di infantile, di leggendario. È una delle vittorie di Satana, la cui più grande astuzia, come diceva Baudelaire, consiste nel convincere l’uomo di non esistere. E un altro grande scrittore, G. K. Chesterton, diceva invece che «se non si crede in nulla, si finisce per credere in tutto». Ne ho la riprova nella mia attività di pastore d’anime. Siamo “in terra di missione” e nella mia cura parrocchiale ho potuto constatare come molte persone, che nel corso degli anni si erano allontanate dalla frequenza regolare, divenissero facilmente preda di sette (da noi sono abbastanza attivi i Testimoni di Geova). Nel momento in cui manca una catechesi per adulti, in cui le prediche sfoggiano l’abilità oratoria del celebrante anziché ribadire i concetti fondamentali della fede, ecco che si è dialetticamente più deboli e spesso si può soccombere di fronte a membri di sette, di solito meglio preparati. Di qui la necessità di ribadire anche la presenza angelica e di affidarsi alla loro intercessione. La sua amplissima bibliografia dimostra un lavoro indefesso, un lavoro che continua ancora… Per carità, io mi considero – senza volermi paragonare a papa Benedetto XVI – solo un umile “operario della vigna del Signore”: la mia è un’opera soprattutto di divulgazione. Un “umile operaio” che però si avvale di esperti di livello internazionale. Per il convegno cerco di rivolgermi ad esperti del settore: quest’anno abbiamo ospitato, tra gli altri, due Canonici Regolari della Santa Croce, lo statunitense William Wagner e lo spagnolo Ignatio Suarez Ricondo, grandi esperti del settore, ed il domenicano Giovanni Cavalcoli, uno degli studiosi più validi del pensiero angelologico di San Tommaso. Inoltre chiedo ai relatori di farmi avere il testo del loro intervento un mese prima del convegno, in maniera da avere già pronti gli atti per il pubblico. Poi spingo i relatori ad essere sintetici e a usare un linguaggio abbordabile, rimandando l’approfondimento alla lettura dei loro saggi. Come le dicevo, la mia è un’opera di divulgazione, il che non vuol dire che non segua lavori di maggior spessore ed approfondimento. Così attualmente, mentre sto lavorando ad un saggio generalista per una grande casa editrice, ho già iniziato a contattare gli esperti per il convegno dell’anno prossimo, che sarà dedicato agli angeli dei mistici, dopo aver affrontato quelli dei vescovi (nel 2012), dei cardinali (quest’anno) ed in attesa, nel 2015, di proporre quelli dei Papi. Naturalmente, a Dio piacendo. Gianandrea de Antonellis |
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