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Santa Brigida di Svezia e il diavolo PDF Stampa E-mail

Santa Brigida di Svezia e il diavoloGià in partenza, Brigida sembra avere tutto. Un chiaro presagio che la sua esistenza l’avrebbe portata anche ad essere tutto: moglie, dama di corte, suora, santa, mistica e donna di potere. Il re di Svezia è il prozio, suo padre il saggio Siniscalco, ovvero, il responsabile dell’andamento della corte di una della più grandi provincie del paese e sua madre, una ricchissima nobildonna molto colta e religiosa, la quale, incinta di Brigida, viene miracolosamente slavata durante un naufragio da un angelo, che la raccomanda di avere a cuore la nascitura perché la sua voce forte sarebbe stata ascoltata da molti popoli. E Brigida, infatti, cresce nel lusso, bella come le principesse delle saghe nordiche, educata come una donna indipendente, straordinariamente erudita per l’epoca e soprattutto felice, nel suo castello circondato dai boschi. Fin da piccola ha delle visioni, tra cui quella da cui deriva il suo simbolo: la Madonna le apparve porgendole una corona di fiori e chiedendole se volesse indossarla ...

...  a condizione di comandare in nome dell’amore. Sposa innamoratissima di Ulf, un nobile molto devoto a Cristo e riesce, nonostante abbia otto figli, ad essere una perfetta amministratrice della loro tenuta e dei loro possedimenti. Come se non bastasse, manda avanti una regolare attività di sostegno ai poveri e intraprende con il marito diverse opere pubblico interesse. L’eco delle sue qualità raggiunge il Re, che la vuole a corte come dama della regina, Bianca di Namur. Nessuno poteva avere un’influenza positiva sui reggenti meglio di lei, che ben conosceva gli agi mondani, ma anche il sereno piacere di distaccarne per dedicarsi alla carità e all’operosità. Passano gli anni, ed un giorno il marito Ulf le chiede di accompagnarlo in pellegrinaggio al celebre santuario di Compostela e al ritorno le comunica il suo desiderio di chiudersi per il resto della vita nel monastero cistercense di Alvastra, dove già aveva scelto di vivere un loro figlio. Ella seguì l’esempio del marito, ritirandosi dalla corte ed abbracciato coraggiosamente l’ideale monastico. Il nuovo orientamento dato alla sua vita favorì le sue riflessioni mistiche e le servì a mettere in atto una grande idea, che coltivava da tempo; fondare un Ordine religioso. Come base scelse il castello di Vadstena, donatole dal re, e diede all’Ordine caratteristiche originali e rivoluzionarie, a partire dalla struttura: il monastero era “doppio”, cioè costituito sia da uomini che da donne, la preghiera era in comune. Sull’esempio della comunità apostolica (72 discepoli e 12 apostoli più S. Paolo), anche le comunità dell’Ordine, posto sotto la regola di S. Agostino, sarebbero state composte di 85 membri: 60 monache, 14 monaci, 4 diaconi e 8 fratelli. Il progetto ebbe una grande riuscita, ottenne l’appoggio del papa e del re di Svevia e si sviluppò in ben 78 monasteri in tutt’Europa, nonostante le rigide regole geometriche. Rimasta vedova, con i figli ormai adulti e avviato il suo ordine, si dedicò totalmente alla vita ascetica e contemplativa. Il contenuto straordinario delle sue visioni è raccolto nelle Quindici orazioni di Nostro Signore e nelle Rivelazioni celesti, dettate in svedese e poi tradotte in latino. Vere illuminazioni, innovative e profetiche, che le valsero il nome di “portavoce di Dio”, in un secolo critico per la Chiesa e tormentato dalla Guerra dei Cent’anni. Contemporanea di S. Caterina da Siena, aveva in comune con lei non solo la capacità di svolgere un ruolo di primo piano presso i Papi e dirigenti politici europei, ma anche il vivo interesse per la pace tra gli Stati e per l’unità dei cristiani. Nel 1349 venne a Roma e prese dimora in un locale presso piazza Farnese, proprio nel luogo dove sarebbe poi sorta la chiesa a lei intestata, che ebbe la sua  più grande espansione dopo la morte di S. Brigida, sotto la direzione della sua stessa figlia. Anche lei si chiamava Caterina e sarebbe diventata santa. Riporto dalle rivelazioni della grande mistica svedese alcuni brani che riguardano la lotta della santa con il demonio:

“Il Figlio di Dio parlava alla sposa, dicendole: “Quando il diavolo ti tenta, digli queste tre cose: “Le parole di Dio non possono che corrispondere alla verità; nulla è impossibile a Dio; diavolo, non puoi darmi lo stesso amore fervente che mi dà Dio”. (Libro II, 1).

Il nemico di Dio custodisce tre demoni

“Il mio nemico ha tre demoni dentro di sé: il primo risiede negli organi sessuali, il secondo nel suoi cuore, il terzo in bocca. Il primo è come un pilota che fa entrare nel vascello l’acqua che poco alla volta lo riempie; quando l’acqua straripa, il vascello viene sommerso. Questa nave è il corpo agitato dalle tentazioni dei demoni e assalito dai venti della loro cupidigia; così’ come le acque della voluttà entrano nel vascello, allo stesso modo la volontà entra nel corpo attraverso il piacere che il corpo stesso prova con i pensieri voluttuosi; e poiché esso non vi si oppone con la penitenza, né con l’astinenza, e lo stesso fa nella nave, affinché non raggiunga il porto della salvezza. Il secondo demone, che risiede nel cuore, è simile al verme della mela, il quale inizialmente rosicchia l’interno, poi, dopo avervi lasciato i suoi escrementi, rode tutto il frutto finché non l’ha guastato per intero. Il diavolo agisce nello stesso modo: dapprima intacca la volontà e i suoi desideri buoni, paragonabili al cervello in cui risiedono tutta la forza e tutto il bene dello spirito; poi, dopo aver svuotato il cuore di ogni bene, introduce al suo interno i pensieri e gli affetti del mondo; infine spinge il corpo ai suoi piaceri, attenuando la forza divina e indebolendo la conoscenza: da questo hanno origine il disgusto e lo sdegno per la vita. Certo, quest’uomo è una mela senza cervello, in altri parole un uomo senza cuore; senza cuore, infatti, entra nella mia Chiesa, giacché non prova nessuna carità divina. Il terzo demone è simile a una arciere che spia dalla finestra chi non si guarda a lui. Come mai il demone non domina colui senza il quale non parla mai? Perché quello che si ama di più è ciò di cui si parla più spesso. Le parole amare con cui egli ferisce gli altri sono come frecce affilate, scagliate ogni volta che nomina il diavolo; in quel momento l’innocente è lacerato da quello che dice e i semplici ne sono scandalizzati. Perciò io che sono la verità, giuro che lo condannerò come abominevole cortigiana al fuoco dello zolfo; tuttavia, finché il corpo e l’anima saranno congiunti in questa vita, gli offro la mia misericordia. Ora, ecco quello che chiedo ed esigo da lui: che assista di sovente alle cose divine; che non tema nessun obbrobrio; che non desideri nessun onore e che non pronunci mai il sinistro nome del diavolo”. ( Libro I, 13)

Dialogo fra il Signore e il diavolo

Nostro Signore disse al demone: “Tu che sei stato creato da me, che hai visto la mia giustizia, dimmi alla presenza di lei perché sei caduto così miseramente, o cosa pensavi quando sei caduto”. IL diavolo rispose: “Ho visto tre cose in te: ho capito quanto fosse grande la tua gloria, pensando alla mia bellezza e al mio splendore; ritenevo che tu dovessi essere onorato sopra ogni cosa, osservando la mia gloria; per questo mi inorgoglii e decisi di non limitarmi ad essere tuo pari ma di superarti. Poi seppi che eri più potente di tutti e per questo desiderai essere più potente di te. Ih terzo luogo, vidi le cose future quali si presentano necessariamente e che la tua gloria e il tuo onore sono senza inizio e senza fine. Ebbene invidiai queste cose  e dentro di me pensai che avrei sopportato di buon grado pene e tormenti purché tu cessassi di esistere e con questo pensiero caddi miseramente; ecco perché esiste l’inferno. ( Libro I, 34)

Come opporsi al diavolo

“Sappi che il diavolo è come un cane da caccia sfuggito al guinzaglio: quando ricevere l’influsso dello Spirito Santo, ti corre incontro con le sue tentazioni e i suoi consigli; ma se gli opponi qualcosa di duro e amaro, fastidioso per i suoi denti, si allontana subito e non ti nuoce. Ora, cosa c’è di duro che si può opporre al diavolo, se non l’amore di Dio e l’obbedienza ai suoi comandamenti? Quando vedrà che quest’amore e quest’obbedienza si compiono alla perfezione in te, i suoi assalti, i suoi sforzi e la sua volontà verranno subito vanificati e infranti, poiché penserà che preferisci qualsiasi sofferenza piuttosto che contravvenire ai comandamenti di Dio” (Libro IV, 14)

Don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui)

 
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