È nelle librerie il libro di Don Stanzione su Santa Ildegarda di Bingen, Dottore della Chiesa |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions Il prossimo 7 ottobre 2012 Papa Benedetto XVI ha proclamato Ildegarda di Bingen dottore della Chiesa. L’interesse per Ildegarda di Bingen e la sua multiforme opera culturale si è particolarmente riaccesa in questi ultimi 30 - 35 anni per cui questa badessa benedettina del Medioevo tedesco ha ottenuto maggiore notorietà in questo squarcio di inizio del ventunesimo secolo e non negli oltre ottocento anni precedenti… su Ildegarda sono stati scritti degli ottimi libri ma in genere alquanto lunghi e complessi e che richiedo molto tempo per la lettura, plaudo perciò all’iniziativa di don Marcello Stanzione di presentare in forma estremamente semplice una breve introduzione completa sulla santa tedesca ma che si legge in fretta in occasione della sua proclamazione a Dottore della Chiesa universale per volontà di papa Benedetto XVI. Il libro è edito dalla Gribaudi di Milano e si intitola “ Ildegarda di bingen tra visioni celesti e ricette della salute”. Dotata di un carisma eccezionale, ... ... la portata della sua opera va dalla descrizione di piante e minerali, alla medicina, e alla musica e raggiunge la più elevata teologia e contemplazione mistica. La sua vita è stata la composizione di una vera “sinfonia divina”. In quei primi giorni della Creazione, il Signore manifestava generosamente la sua onnipotenza e si compiaceva nel trarre dal nulla le innumerevoli meraviglie che compongono l’Universo. Quando la luminosità del sole già segnava il decorrere del giorno e il colorito delle piante adornava la semplicità della terra, Egli ha esercitato su questo elemento il suo potere creatore e ha ordinato: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra” (Gn 1, 26). Così, era nell’elevata condizione di regalità che il capolavoro uscito dalle mani di Dio si risvegliava alla conoscenza delle realtà esteriori. Ognuno degli esseri viventi, persino gli elementi, erano al suo servizio, disponendo istintivamente la raffinatezza delle loro qualità al beneplacito dell’uomo razionale. In questo stava la gloria del Padre: nel fatto che, servendosi di quella moltitudine di creature, Adamo fosse felice e restituisse al suo Creatore il bene, la verità e la bellezza, riconoscendole come poste da Lui nel mirabile ordine dell’Universo. Ma… che triste danno è venuto a fare il peccato originale nello stato di perfezione della primitiva coppia! Espulsi dal Paradiso, tornarono alla terra da cui erano stati tolti e dovettero mangiare il pane col sudore della fronte, perdendo quel dominio assoluto sulle creature del quale godevano nell’Eden. Tuttavia, nella sua insondabile misericordia, Dio non ha destituito il genere umano della supremazia e della preferenza che gli aveva concesso. Volle che in lui rimanesse la capacità di servirsi di tutti gli esseri e di scoprire le preziose proprietà racchiuse in ognuno degli elementi posti al suo servizio. Ancor oggi, i figli di Adamo non hanno esaurito le possibilità delle creature che li attorniano, e come sono lungi dal farlo! Ci arrivano tutti i giorni notizie sorprendenti riguardo alle scoperte fatte in tutto il mondo nelle quali, a volte, da cause semplici si traggono effetti sbalorditivi. Il lato triste di questo fatto è che alla nostra epoca l’uomo ha indurito il suo cuore nella ricerca sfrenata della scienza, omettendo colposamente a se stesso e agli altri che, se c’è qualcosa che possa essere alla radice di queste scoperte, sono i doni dello stesso Dio. Non è in questa prospettiva che la Chiesa forma i suoi figli, neppure i santi hanno pensato a tal modo. Chi si avvicina, per esempio, alla straordinaria figura che fu santa Ildegarda di Bingen, ben presto rende grazie al Padre “che ha nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le ha rivelate ai piccoli” (Lc 10, 21). In una piacevole giornata dell’estate del 1098 nasceva nel castello di Böckekheim, nella regione del Reno, il decimo figlio della coppia Hildebert e Matilde de Bermeesheim. Era un’incantevole bambina, battezzata col nome di Ildegarda. Malgrado la sua fragile salute, lei mostrava – fin dai primi anni della sua esistenza – acuta intelligenza e inclinazione religiosa. La Provvidenza volle già attirare a Sé questa angelica creatura che, già a tre anni di età, era favorita da luci e rivelazioni celesti. Pensando che tutti ricevessero ugual sorte di favori, commentava con entusiasmo la bellezza di quanto vedeva, generando stupore e meraviglia in coloro che la ascoltavano. Un giorno, camminando con la sua governante nei dintorni del castello, esclamò raggiante: “Guarda quel vitellino, come è bello! Tutto bianco, ha macchie soltanto sulla testa e sulle zampe. Ah! Ne ha una anche nel dorso!”. La serva, guardandosi intorno e non vedendo nulla, le chiese dove fosse il vitello. Senza comprendere come lei non riuscisse a vedere il vitellino, la bambina puntò il dito su una grande mucca e disse categoricamente: “E’ lì! E’ lì!”. Perplessa, la donna credette di ascoltare un’altra delle fantasie infantili e, a modo di celia, raccontò l’accaduto alla madre di Ildegarda. Invece, qualche tempo dopo nacque un vitello e nessuno più rise: aveva esattamente le fattezze predette dalla bambina! Siccome Ildegarda dava segnali inequivocabili di vocazione contemplativa, e la nobile contessa Jutta de Spanheim aveva abbandonato in quello stesso periodo le sue glorie e ricchezze mondane per farsi monaca benedettina, i genitori di Ildegarda non esitarono ad affidare la formazione della figlia allo zelo di questa donna virtuosa. Fu così che, ad otto anni di età, lei fece il suo ingresso nell’eremo di Disibodemberg, dove “crebbe in grazia e santità” sull’esempio di Gesù Bambino. Il silenzio della clausura, i saggi orientamenti che le erano dati, la partecipazione agli atti liturgici e il carisma di San Benedetto modellarono via via la sua anima secondo il più puro ideale monastico: riflettere in tutti gli aspetti della vita le divine perfezioni di Gesù. Vi era, comunque, un fattore che la univa in modo speciale a Dio: le comunicazioni soprannaturali di cui era oggetto. Iniziate le visioni nella prima infanzia e continuando nel corso di tutta la sua vita, esse dettero a Santa Ildegarda un discernimento profondo dell’azione del bene e del male, della grazia e del peccato, della realizzazione della volontà di Dio a cui l’uomo è chiamato e la facilità che questi ha nel disprezzare i disegni divini. Questa ricchezza di comprensione le fu concessa in vista del compimento della sua missione presso i grandi del mondo, i poveri del popolo e la posterità lungo i secoli. Infatti, gli insegnamenti di Santa Ildegarda posseggono ai nostri giorni un’attualità uguale o maggiore di quella del tempo in cui visse, più di 800 anni fa. Nei trent’anni in cui Jutta condusse il monastero, grandi furono i progressi fatti da Santa Ildegarda sulla via spirituale. Con la morte di questa badessa, la comunità non trovò, se non nella sua disciplina, la persona ideale per la successione. Suo malgrado, affrontando moniti interiori che le dettavano l’umiltà, Santa Ildegarda si piegò davanti al giogo dell’obbedienza e cominciò ad orientare quelle anime elette. Esercitò questo incarico con una tale perfezione che dovette fondare due nuovi monasteri – quello di Rutertsberg nel 1148 e quello di Eibingen nel 1165 – per accogliere le numerose vocazioni che a lei accorrevano. Trascorreva il quinto anno dalla sua elezione a badessa quando la voce divina, che la accompagnava, le indicò un ordine espressamente: “Manifesta le meraviglie che apprendi. Scrivi e parla!”. Così ha avuto origine la principale opera scritta di Santa Ildegarda, “Liber Scivias”, il quale ricevette nientemeno che le lodi di San Bernardo di Chiaravalle e l’approvazione del Papa Eugenio III. Entrambi riconobbero nelle sue parole e nella sua vita l’autenticità delle rivelazioni. Ma, insomma, qual è il tenore dei suoi insegnamenti? In un linguaggio esente da qualsiasi pretesa letteraria e ricco del colorito tipico della sua epoca, Santa Ildegarda parla della relazione tra Dio e gli uomini, della Creazione e del Giudizio Finale, ed insiste sul ruolo della Chiesa nella storia della salvezza. Il suo cuore filiale trabocca di esaltazioni alla Santissima Trinità, non esclude vigorose denunce degli errori morali dell’umanità e parla dell’importanza dei sacramenti nella santificazione delle anime. Per lei, l’Universo creato è uno specchio mirabile delle realtà spirituali e divine: “Dio, che ha fatto tutte le cose con un atto della sua volontà e le ha create per rendere noto ed onorato il suo nome, non si accontenta di mostrare attraverso il mondo soltanto ciò che è visibile e temporale, ma manifesta in esso quelle realtà che sono invisibili ed eterne. Questo è quanto mi è stato rivelato”. Tuttavia, sa Santa Ildegarda riuscì a sorprendere gli studiosi di tutti i tempi, fu soprattutto per le sue audaci affermazioni mediche. Lei dimostrò un’acuta capacità di penetrazione riguardo le relazioni tra l’uomo e il mondo, la sua costituzione spirituale e fisica, e le proprietà benefiche degli esseri viventi. Sono scritte da lei le due uniche opere mediche composte in Occidente nel corso del secolo XII, di cui abbiamo notizia. Lei afferma che gli squilibri nervosi e spirituali si riflettono in modo inevitabile sulla salute fisica, originando i problemi di metabolismo che conducono alla depressione. In nessun momento Santa Ildegarda tralascia di considerare la mutua influenza che corpo e anima esercitano tra loro. Secondo la sua opinione, la vita religiosa deve cercare un saggio punto di equilibrio tra i due fattori. Difende ancora la tesi che la salute si mantiene essenzialmente con un salubre regime alimentare, e si dilunga a spiegare con ricchezza e profondità le caratteristiche di centinaia di piante medicinali e nutritive. Neppure le pietre sfuggono alla sua analisi, viste come eccellenti elementi canalizzatori dell’energia umana. E se ancora fosse poca questa vasta conoscenza impiegata generosamente nella cura della comunità e di tutti i bisognosi che accorrevano al monastero, Santa Ildegarda fu anche una notevole musicista. Dotata di rara acutezza, bella voce e originalità, compose all’incirca settanta sinfonie, secondo lo stile del suo tempo. Ecco quanto afferma sulla musica: “Ricordiamoci che, con il peccato, Adamo ha perso la sua innocenza, di conseguenza, ha perso anche la voce che prima possedeva, simile a quella degli angeli del Cielo. Avendo perso questa capacità di lodare Dio, i profeti, ispirati dallo Spirito Santo, hanno inventato i salmi e i cantici per incitare gli uomini a rivolgersi a questo dolce ricordo della lode di cui godeva Adamo in Paradiso. Anche gli strumenti musicali, con l’emissione di molteplici suoni, possono istruire spiritualmente gli uomini”. Nella congiuntura della società in cui viveva la santa badessa, la Chiesa passava per pericoli che compromettevano la pace e la salvezza delle anime. Il Papa era in quel tempo perseguitato dall’Imperatore Federico Barbarossa, il quale, ritenendo di essere possessore di un maggior potere spirituale del Successore di Pietro, si sentiva in diritto di detronizzarlo e di collocare al suo posto chi favorisse i suoi intenti ambiziosi. Da poco era scoppiata l’eresia dei catari , che tanto profondamente avrebbe segnato quest’epoca, in un delirio di avversione alla vita e al vero Dio. Infine, regnava una visibile rilassatezza dei costumi che gradualmente conduceva gli uomini verso l’abisso della perdizione. Santa Ildegarda non restrinse il suo operato nell’ambito del monastero; era necessario far risuonare la sua voce profetica nelle volte delle chiese, additare con la sua saggezza gli errori di un secolo sordo alla voce di Dio; urgeva che un’anima fervente facesse trepidare il torpore della debolezza. Lei partì, ormai anziana, per predicare – cosa impensabile – nelle grandi cattedrali piene di clero, nobiltà e popolo, desiderosi di udire le sue giuste ammonizioni. Successivamente, le cattedrali di Mainz, Bamberg, Treviri, Colonia e molte altre furono palco del suo apostolato. Gli effetti non si fecero attendere: si moltiplicarono le conversioni e si sparse la fama di taumaturga della santa badessa alle cui parole seguivano i prodigi. Oltre alle predicazioni, ella inviò molte lettere a diverse personalità, esortando sempre ad una maggiore osservanza del Vangelo. A 81 anni, senza piegarsi al peso delle fatiche e delle sofferenze, colei che mai rifiutò di soccorrere i figli di Dio si spense all’interno della grande pace e serenità del suo monastero. Era il 17 settembre del 1179. in poco tempo, il suo tumulo si riempì di pellegrini, si moltiplicarono i miracoli, crebbe il numero dei suoi ammiratori e devoti. Ai nostri giorni, numerosi paesi contano su associazioni dedicate a studi della sua medicina naturale. In questo insieme brillante formato dalle conquiste e fatti eroici di Santa Ildegarda, risalta la pratica di una virtù preziosa: l’umiltà, che caratterizza coloro che sono i veri depositari dei tesori di Dio. Senza mai vanagloriarsi delle sue prerogative o utilizzare a beneficio proprio i doni ricevuti, ella può essere definita con le sue stesse parole: “Coloro che, nell’elevazione della loro anima, hanno goduto della sapienza di Dio e si sono comportati con umiltà, si sono convertiti in colonne del Cielo”. Auguro a questo gradevole volumetto di don Marcello Stanzione un buon successo editoriale in modo da poter aumentare tra i lettori italiani non solo il numero degli estimatori di Ildegarda di Bingen ma, e perché no, pure devoti della santa monaca tedesca. Giuseppe Greco |
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