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Quello che i vescovi dicono di Natuzza Evolo PDF Stampa E-mail

Quello che i vescovi dicono di Natuzza EvoloFra poco in Francia le edizioni Benedictines stamperanno due miei libri su Natuzza Evolo frutto di una lunga intervista che ho avuto con la scrittrice del Principato di Monaco Christiane Palmero sulla mistica calabrese. E’ significativo che una editrice d’oltre Alpi voglia far conoscere pure in Francia  la vita ed il carisma della Evolo. Ma cosa dicono di Natuzza i vescovi calabresi che l’hanno conosciuta? Mons. Luigi Renzo,vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea alla omelia per le esequie della Evolo disse testualmente: “Natuzza, la mistica di Paravati, come è chiamata, non è più fisicamente con coi. Vorremmo che non fosse vero, eppure è così. Natuzza , una delle persone che si vorrebbe non morissero mai. Una figura carismatica re straordinaria che vorremmo avere sempre accanto, a portata di mano. E’ difficile  manifestare i sentimenti e le sensazioni che si provano in questi momenti. Ma è altrettanto vero che il solo pensare a lei – anche se non c’è più – è motivo di grande serenità interiore e di pacificazione. ...

... “I benedico, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli! Si, o Padre, perché così è piaciuto a te” (Lc 10,21) così abbiamo ascoltato nel passaggio di apertura del brano del Vangelo. Per entrare on intimità con Dio, per vivere la comunione con Gesù, non occorre grande sapienza e intelligenza, ma occorre essere piccoli, farsi piccoli, poveri di spirito. E’ necessaria quella infanzia spirituale caratteristica di S. Teresina del Bambino Gesù, che si conquista “espropriandosi” di tutto, per usare una espressione di S. Francesco d’Assisi. Natuzza, fin dall’infanzia, è stata tutto questo, per cui non ci sono parole più espressive ed identificative – e per di più dette da Gesù – per meglio delineare la sua personalità, la sua spiritualità di donna semplice, da “verme di terra”, come preferiva qualificarsi. Una vita spesa per il Signore, per la Madonna, per la gente che bussava alla sua porta di casa in cerca di conforto e di pacificazione interiore. Voglio ringraziare il Signore da parte mia per averla incontrata e per avermi consentito, in questi due anni del mio servizio episcopale in questa diocesi, di fare spesso da tramite tra lei e tante persone bisognose del suo aiuto. Ringrazio anche lei perché non mi ha detto mai di no! Anzi spesso mi sollecitava a farlo, soprattutto se si trattava di sacerdoti. Anima candida, buona, tutto cuore, vera mamma! Le domande che mi sono state rivolte in questi giorni a suo riguardo sono fondamentalmente due:

1. Qual è la posizione della Chiesa davanti al fenomeno di Natuzza?

2. Natuzza santa subito? Verrà, cioè, aperta la causa di beatificazione?

Rispondo a questa seconda domanda, per prima. Quando partirà l’istruttoria per il processo di beatificazione? Il riconoscimento ufficiale della sua santità da parte della Chiesa è un problema relativo. E’ un problema nostro, non di Natuzza. Lei è già santa, perché è in Paradiso. Ottenere il riconoscimento ufficiale sarà un motivo di soddisfazione per tutti noi, sarà un motivo di esaltazione anche della Calabria, ma resta – se volgiamo – un fatto marginale, che certamente sarà affrontato, ma senza fretta e soprattutto seguendo le procedure canoniche, che certamente faremo scattare. A questo proposito, sto avendo diverse sollecitazioni da sacerdoti e laici, non solo della diocesi di Mileto – Nicotera – Tropea. Se questa è volontà di Dio – e possiamo pensare che lo sia – sarà Lui a segnare i tempi. Noi faremo la nostra parte con oculatezza e rigore: solo così faremo gli interessi di Natuzza – santa. L’altra domanda: Cosa dice la Chiesa, la gerarchia Di Natuzza? Mi pare che una risposta possa essere tratta dalla presenza qui di tanti confratelli Vescovi. Ciò sta a significare il grande rispetto, la grande attenzione e l’ammirazione di questa donna di Dio, di questa donna dalla grande fede da trascinare le montagne, di questa donna che si è lasciata guidare da una sincera obbedienza alla gerarchia della Chiesa. Sarà importante nell’istruttoria verificare e testimoniare la sua sofferenza nel passato di dover obbedire al vescovo, che per diverso tempo le impedì di ricevere la gente: e lei non ha fatto storie. E quando parlava della vicenda, non una parola contro quel vescovo, ma sempre venerazione e rispetto per il suo vescovo. E’ di insegnamento per tanti atteggiamenti non sempre ecclesiali di alcuni di oggi nei confronti dei nostri vescovi. Come se la Chiesa può fare a meno dei suoi pastori. Da che cosa è colpita la gente davanti a lei? Abbiamo sentito ripetere: - Natuzza, la mistica che parlava con la Madonna e con i defunti! – Aveva le stimmate di Gesù, che diventavano particolarmente dolorose in quaresima e durante la settimana santa! Sono fenomeni – lasciatemelo dire – di grande suggestione e se vogliamo di sensazionalismo, ma restano sempre marginali. Natuzza non è grande per questi fenomeni, anche se appariscenti. Colpiscono l’animo popolare, lo spirito religioso della gente, ma non fanno cogliere il valore ed il senso profondo di Natuzza, della sua testimonianza, del suo carisma, del suo messaggio, della sua spiritualità. Natuzza è grande per la sua fede, per il suo amore, per il suo “si” totale dato a Gesù sofferente. L’esperienza drammatica di Giobbe fa pensare a quella di Natuzza, alla sua fede, al suo coraggio, alla sua sofferenza crocifissa. A chi dei collaboratori le chiedeva perché Gesù non suddivideva la sofferenza anche con gli altri, lei rispondeva con la sua parola tagliente e vera: Gesù non dà a voi la sofferenza perché la rifiutereste. Io l’ho sempre abbracciata con fede e con amore. Ecco perché Gesù la riserva per me! Ecco perché chiama me a salire sulla Croce con Lui. La sua esperienza richiama un po’ quella dei pastorelli di Fatima. Anche a loro la madonna chiese se erano disposti a soffrire per aiutare Gesù a salvare gli uomini. I bambini generosamente hanno risposto si. Così come Natuzza ha risposto sempre sì, fino infondo. Questo giustifica perché Gesù l’ha scelta per sé, l’ha chiamata con Lui per salvare l’umanità dalla tragedia, per fare da parafulmine sul mondo. E Natuzza è stata introdotta, coinvolta a pieno, nel grande progetto dell’amore salvifico di Dio. Ed ora, passata la tormenta, il Padre non può non averla introdotta nella fase finale del suo progetto: la glorificazione, facendola risorgere insieme al Figlio. Natuzza ha perseverato fino alla fine. Ed ora con S. Paolo può ripetere anche lei le parole ascoltate nel brano della lettera ai Galati nella seconda lettura: “Quanto a me, non ci sia altro vanto che nella Croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo” (Gal. 6,14). “Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col. 1,24). “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno” (2Tim. 4, 7-8). “Quel giorno” per Natuzza è arrivato ed è coinciso con le prime ore dell’alba della festa di Tutti i Santi. Proprio in quel giorno i Santi hanno fatto festa a Natuzza accogliendola nella loro immensa famiglia: quella moltitudine che nessuno poteva contare, ora ha un membro in più. Natuzza, donna debole nella salute, ma forte nella fede, ha mostrato il suo coraggio, la sua grandezza d’animo, soprattutto al momento della morte. E’ in quel momento che ha testimoniato a me e agli altri vicini al suo letto di agonia, quale fosse la sua tempra spirituale e di come la sua fede ed il suo amore a Dio fossero tutto per lei. La misura dell’amore  è un amore senza misura. Tale è l’amore di Gesù per noi! Tale è stato l’amore di Natuzza per Gesù e per noi. In quegli ultimi momenti di atroce sofferenza le ho chiesto: “Natuzza, volete baciare il Crocifisso”. E come se si fosse svegliata da un torpore di sofferenza, ha aperto gli occhi, ha fatto cenno di sì – non poteva parlare – e porgendo ed avvicinando le labbra ha baciato il Crocifisso. In quello stato di dolore e sofferenza atroce, ha dimenticato se stessa ed ha baciato il Crocifisso riprodotto sulla mia Croce pettorale, che conserverò come una reliquia preziosa. Davanti al crocifisso i suoi dolori non contavano più! Lui è tutto  per lei! Ora che Natuzza non c’è più fisicamente, chi prenderà il suo posto? Chi prenderà il testimone lasciato da lei? E la preoccupazione di tutti perché tanta ricchezza spirituale resti patrimonio della Chiesa, di questa Chiesa. Un pensiero ai giovani, soprattutto a voi dei cenacoli di preghiera. Natuzza aveva verso di voi un amore incontenibile. Spesso mi diceva: raccomanda ai sacerdoti di voler bene ai giovani, di cercarli, di formali, perché spesso sono lasciati a loro stessi e prendono strade sbagliate, lontano da Dio. Giovani! Prendete voi l’eredità di Natuzza. Vi seguirà e vi accompagnerà dal cielo con vero amore di “mamma”. Lei da tutti si faceva chiamare “Mamma Natuzza”. E “Mamma Natuzza”! resterà per ognuno di noi. Auguri, Mamma Natuzza, per il tuo “diers natalis” che ti ha portato risorta in cielo nella gioia dei santi. Veglia  Mamma Natuzza, perché anche la nostra fede possa essere come la tua, al fine di sconvolgere e cambiare questa terra, questa nostra umanità per riportarla a Gesù sulla strada del vangelo. Il Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime ti accolga nel suo abbraccio materno e ti affidi al suo Figlio Gesù per tutta l’eternità. Amen.”.  Mons.Santo Marcianò, Arcivescovo di Rossano – Cariati diceva di Natuzza Evolo: “Ciò che più mi rimase in mente, ripensando a Natuzza , è la sua carezza. Forse più del suo sguardo – che pure, era penetrante e, fissandoti, fissava “altro” e fissava “oltre” – è proprio la sua carezza che mi ritorna in mente in questi giorni. Una carezza con la quale ti toccava e con la quale ti sentivi semplicemente toccato da Dio. Si, Dio a volte ci fa sentire le Sue carezze. Sa che ne abbiamo bisogno e sa che abbiamo bisogno di sentire così il Suo amore. E la carezza di Natuzza è stata,nel mondo e nel tempo un’autentica carezza di Dio. Una carezza che ha saputo consolare. Quanto è legata al dolore la figura di Natuzza! Al dolore della morte…Ma, in questo dolore, una carezza: la rassicurazione, data in modi diversi, in situazioni diverse, con espressioni diverse, che la morte e il dolore, non sono davvero l’ultima parola. Che i cari che ci hanno lasciato sono nella gioia, che ci seguono nel cammino, che ci accompagnano con quella potente intercessione che solo l’amore può rassicurare. Una consolazione nella sofferenza: in una malattia inaspettatamente guarita o cristianamente accettata. Non è l’ultima parola, la sofferenza: lo diceva lei che, fin nella sua carne, portava i segni della Sofferenza di Cristo, che anche grazie a questi, diventava più credibile, più offerta al mondo, più capace di amare. Si, una carezza di Dio. Quella carezza che corregge, a volte con straordinaria determinazione per una donna apparentemente fragile, come lei, ma stabile nelle sue convinzioni e nella sua fede, perché abitata dal Signore. Una carezza che “riprende” per riportare sulla via della verità. Quante persone hanno saputo trovare grazie a quella carezza la forza di accettare da Dio il dono e il compito della conversione! Quante scelte sbagliate sono state lasciate ai suoi piedi! Quante lacrime di pentimento le mani di Natuzza hanno accarezzato e, guidato alla Riconciliazione con il Padre! Il Padre dei cieli accarezza così: quasi sferzandoci, a volte. Eppure, anche in questa sterzata, si presenta come Padre, come Colui che si interessa alla tua vita, ai tuoi errori, alle tue sbandate. Il Padre ti corregge perché ci tiene a te. E anche Natuzza mostrava di tenerci a te, quando entravi dalla sua porta; si interessava a tutti coloro che, molto frequentemente, ella stessa chiamava “figlio mio, figlia mia”… La presenza di tanti giovani al suo funerale forse testimonia proprio questo: che l’emergenza educativa si affronta con l’amore, con  le carezze che consolano e riprendono, che raddolciscono e guidano. Si affronta con quella fiducia che sostiene, ma che sa guidare alla libertà. Una carezza che guida, dunque. Penso qui ai tanti cammini vocazionali seguiti con semplicità da Natuzza, ai percorsi di discernimento nei quali ella ha saputo infondere sicurezza e coraggio. Una carezza che accompagna in scelte difficili e definitive, ma che poi aiuta a vivere queste scelte con gioia. Una carezza capace di leggere nel cuore, potremmo dire: ma anche capace di leggere  i segni dei tempi; soprattutto, capace di aiutare a leggere il mistero della volontà di Dio. La vocazione è questo: risposta a Dio che chiama nell’oggi, nel concreto della storia e della terra. E quanta storia, soprattutto quanta storia della nostra terra di Calabria, è passata da Paravati: quanta storia ha cambiato la profonda e serena storia della vita di questa donna e i consigli spirituali che elle ha saputo dare. Ma perché rimane tanto in cuore quella sua carezza? Quale può essere il suo segreto? Natuzza sapeva accarezzare perché sapeva farsi accarezzare da Dio. Sapeva pregare. E sapeva farsi amare da Lui. Quando Dio ti accarezza nell’intimo ti dona un po’ di Sé; ti dona il mistero della Sua sofferenza, della Sua croce, del Suo amore, della Sua volontà. I segni, i prodigi che a volte ci colpiscono in una persona, sono paradossalmente il segno del nulla che l’uomo è senza Dio; il segno che Dio fa tutto; il segno di un “si” detto totalmente a Lui; detto in anticipo, prima ancora di saper cosa Egli farà di te. E’ in questo “nulla” il segreto della santità, e’ questo “nulla” che si può incontrare l’Unico Bene e che si può imparare a “fare il bene”. Con un’espressione semplice, semplice ed efficace come lei stessa era, potremmo dire che Natuzza “ha fatto tanto bene”. E quando ci si interroga, sia pure in modo legittimo, sulla sua persona e sulla sua vita, i dubbi ed i ragionamenti tortuosi si infrangono proprio qui: sulla roccia di quel “bene” che lei cercava di fare e faceva ad ogni persona e dinanzi al quale non ci si può che arrendere. A volte, nel tentativo di cercare strade di evangelizzazione, di testimonianza, di promozione culturale e politico – sociale, noi dimentichiamo questa lezione di vita che è poi un profondo insegnamento evangelico: semplicemente, fare il bene, vincere il male con il bene… Non è di questo che ha bisogno il nostro mondo? E non è di questo che ha bisogno la nostra Calabria? Si: questa nostra terra così difficile e martoriata, a volte dura e inaridita, a volte lussureggiante e inaspettatamente feconda – proprio come i paesaggi che la caratterizzano -, ha bisogno che si incominci a fare il bene. Ha bisogno di ritrovare quella genuina bontà, che Natuzza ha saputo dare, attingendo alla Bontà stessa di Dio. E ha bisogno che il germe del bene sia seminato con determinazione, pazienza, costanza, fiducia, fede… Natuzza ha seminato così nella nostra terra. E i tanti germi da lei seminati, che certo devono ancora fiorire completamente, sono già un patrimonio prezioso e un concreto segno di speranza che la bontà di Dio ha voluto affidarci. Per ora, ci resta in cuore la nostalgia di una mano che accarezzava, ma anche la consapevolezza e, la gratitudine, di essere terra amata e accarezzata dalla mano di Dio!”.  Mons.Luigi A. Cantafora , Vescovo di Lamezia Terme dice: “Ringrazio il Signore per aver conosciuto personalmente Natuzza. L’incontro, diversi anni fa,. Avevo accompagnato un giovane prete della Parrocchia che guidava un gruppo di preghiera. Era il pomeriggio di una domenica delle Palme, alcuni anni orsono. Trovai Natuzza tutta rannicchiata vicino al camino acceso. Affianco a lei il marito sulla sedia a rotelle. L’impressione che mi colse fu di una assoluta semplicità. Quasi non si  scomodò per accoglierci. Rimase lì dov’era, seduta,schiva, umile, come le nostre vere donne calabresi. Poche parole, sobrie colsero nel segno; lei sapeva stare al suo posto; per questo mi sembra, anche negli altri incontri successivi, in occasione di alcuni raduni con i giovani ai quali fui invitato come vescovo, che sia sempre stata una donna obbediente. In lei si coglieva un grande senso ecclesiale. Il suo annuncio semplice, fatto di fiducia sconfinata nel Signore e nella Madonna, non dava spazio all’esaltazione della sua persona o dei suoi doni particolari. Anzi, era quasi non curante di averli, non si metteva in mostra, non cercava l’apparenza, ma sapeva offrire la propria sofferenza come se niente fosse, come una cosa “normale”. E’ stata eccezionale proprio nella sua semplicità, perché ha saputo farsi strumento del Signore, lasciando che la Grazia passasse attraverso di lei per raggiungere il cuore di chi le stava di fronte. La sua amorosa oblazione, la semplicità, la sua fede profonda, sono per noi calabresi segni di speranza: abbiamo da guardare la vita esemplare di una donna che ha saputo vivere con dignità, offrire nascondendosi, soffrire in silenzio. In tempio di crisi e di cambiamenti come il nostro, vedere che ci sono persone che costituiscono per noi veri punti di riferimento per il loro essere, questo ci conforta, ci riempie di speranza e di fiducia. Esse ci aiutano a puntare la bussola verso il Signore credendo che Lui è la roccia sulla quale costruire la Chiesa in un mondo che cambia!”.  Mons.Augusto Lauro, Vescovo emerito di San Marco Argentano -. Scala disse della mistica di Paravati: “ Natuzza, la signora Fortunata Evolo, è andata dal suo Signore Gesù il primo novembre scorso, giorno di tutti i Santi, a continuare quei suoi colloqui iniziati su questa terra e nei quali si espressa tutta la ricchezza della sua spiritualità: l’amore a Cristo come sua suprema ragione di vita; l’impegno per la salvezza delle anime come offesa a Dio e causa delle sofferenze di Gesù; il mistero dell’Eucarestia memoriale della Pasqua di risurrezione del Signore. Così le ha parlato Gesù nei suoi colloqui: “Sono in pena perché il mio cuore è addolorato per le bestemmie e i peccati. Quando le persone bestemmiano, mi insultano; quando fanno peccati mi feriscono il cuore. C’è gente sull’orlo del precipizio per il denaro, corrompe queste creature. Io le mando vergini, le mando pure, le mando come un giglio e poi le costringono alla prostituzione, alla droga,a tanti peccati gravissimi e il mio cuore è ferito”. Di fronte alla gravità dei peccati che sono la causa della passione di cristo, Natuzza si è sentita chiamata alla loro riparazione offrendosi come vittima di espiazione. Così ha risposto Natuzza a Gesù nei suoi colloqui: “ Signore, ti vorrei amare per chi non ti ama, ti vorrei pregare per chi non ti prega, vorrei soffrire per chi non ha forza di soffrire. Vorrei che tu perdonassi e mi dessi una sofferenza. Perdona tutto il mondo. A me non importa che sto per cento anni in purgatorio, basta che porti tutti in paradiso! Signore, prego per chi non prega. Perdonami se prego poco; dovrei pregare di più!”. E Gesù ha continuato: “Questa sofferenza prenditela e accettala… Offrila per la conversione dei peccati, ma particolarmente per tutti quelli che amano la guerra. Quanti innocenti muoiono! Le strade sono allagate di sangue e i cuori delle mamme sono tagliati come è tagliato il mio cuore…, e tu consoli il mio cuore con l’offerta delle sofferenze che non ti mancano né giorno , né notte., tu devi pregare perché tutti abbiano amore e carità… Sei arrotolata in una macina e fa l’olio per dolcificare i cuori delle persone che sono afflitte peggio di te. Tu hai consolazione e dolore; c’è chi ha solo dolore  senza consolazione…accetta questa sofferenza per le anime consacrate , particolarmente per i sacerdoti”. Natuzza, però, non ha limitato il suo impegno alla riparazione dei peccati, all’offerta delle sue sofferenze, alla consolazione dei sofferenti; la sua vocazione è di portare a tutti la gioia. Gesù le ha detto: “Perché mi cercate solo quando avete bisogno? L’amato non si cerca solo nelle necessità, si cerca in tutti i momenti della vita,, pure nella gioia…quando avete la gioia, pensate che io ci sono e che gioisco insieme con voi. Quando comunichi la gioia ognuno pensa “se questa è gioiosa, perché non devo diventare gioiosa?” e si converte”. Da questi colloqui si è rivelata anche l’origine dei segni della passione del Signore impressi nel suo corpo. Infatti, nella trascrizione di questi dialoghi spirituali, così si è espressa: “Mi ha appoggiato la mano sulo polso destro e si è aperta una ferita” e “mi ha toccato il piede e mi ha detto: non ti vorrei mettere questo chiodo” e ancora “Gesù ha posto la sua mano sul mio ginocchio…Io l’h guardato e sono crollata”. Questa donna umile ha offerto le sue sofferenze per la conversione dei peccatori e ha invitato tutti alla riparazione e alla riconciliazione con il Signore. Il segreto della sua vita è stata la partecipazione ai dolori della passione del Signore e la sua costante preghiera per la salvezza delle anime, che sono costate la morte in croce di Gesù nostro Salvatore. I colloqui spirituali di Natuzza, pubblicati dalla Fondazione nata tal fine, rivelano il vero volto di Natuzza: una donna semplice e umile che si è definita “buona a nulla, un verme, uno straccio” e rivolta a Gesù ha detto “accettami come sono: una povera ignorante, una povera stupida”; una donna dal cuore grande che vuole assimilarsi a Gesù: “Vorrei essere degna di morire sulla croce, essere inchiodata come voi, vorrei aver questa grazia” ; una donna che ha vissuto la sete delle anime e ha chiesto al Signore: “dammi la parola giusta che devo dire a questo amico o a questa amica, vorrei avere con le persone la carità che avete voi, voi quando dite: accetta questa sofferenza che convertiamo mille anime, io dico: Signore , fate al doppio che facciamo duemila anime, perché ho sete come l’avete voi”. E’ questa ricchezza interiore di Natuzza che ha invogliato chi l’ha incontrata una prima volta a rinnovare l’esperienza di serenità e di conforto e a vivere un nuovo rapporto con il Signore. Ed è proprio per vivere un nuovo rapporto con il Signore. , per un continuo convergere verso di lui, che sono stati promossi i Cenacoli di preghiera, che Natuzza ha affermato di essere stati ispirati dalla Madonna come “catena d’amore che deve crescere per la conversione dei peccatori”.

Don Marcello Stanzione

 
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