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Giordano Bruno: un attaccabrighe che divenne un mito anticattolico PDF Stampa E-mail

Giordano Bruno: un attaccabrighe che divenne un mito anticattolicoNel comune di Campagna, dove sono parroco di una piccola Chiesa, esiste un’associazione intitolata a Giordano Bruno, perché in questa cittadina nel 1573 egli celebrò la sua prima messa nel convento di san Bartolomeo. Per cui periodicamente noi cattolici della zona ci dobbiamo sorbire dei convegni o delle manifestazioni in cui “ il genio “ di Bruno viene esaltato… contro la Chiesa inquisitoria che lo giustiziò per eresia. Ma chi era in realtà Giordano Bruno? Nel 1548 nasce a Nola (in gennaio o febbraio) e viene battezzato col nome di Filippo. Nel 1562 il giovane si reca a Napoli per studiare lettere, logica e dialettica; subisce l’influsso dell’averroismo e dell’agostinismo professati dai suoi maestri. Nel 1565 entra nell’ordine domenicano e prende il nome di Giordano. Nel 1572 è ordinato sacerdote e nel 1575 consegue la licenza in teologia; nel frattempo il provinciale dell’ordine a cui appartiene apre un primo processo a suo carico per motivi dottrinali. Nel 1576, fra Giordano passa al convento romano ...

...  della Minerva e mentre viene sottoposto ad un secondo processo canonico, fugge in Italia settentrionale.

Nel 1578 lo troviamo nella Savoia. Nel 1579 si reca a Ginevra dove aderisce al calvinismo, ma quasi subito ne viene espulso ed è costretto a riparare di nuovo in Francia, a Lione e Tolosa, dove, con il titolo di “magister artium”, ottiene di insegnare. Nel 1581 è a Parigi, dove viene notato dal re Enrico III e può insegnare come “lettore straordinario”, nel rango dei “lecteurs royaux”. Nel 1582 a Parigi pubblica le prime opere pervenuteci, di carattere logico e mnemotecnica (De umbris idearum, Cantus circaeus, De compendiosa architectura) e la commedia “Il Candelaio”. 1583-85: passa in Inghilterra, ospite dell’ambasciatore francese Michel de Castelnau; sostiene dibattiti a Oxford e a Londra; pubblica le opere di carattere cosmologico (La Cena de le Ceneri, De la Causa, principio et uno, De l’infinito, Universo e mondi) e quelle di carattere morale-politico (Spaccio de la bestia trionfante, De gli eroici furori). 1586-91: dopo un breve ritorno in Francia, passa in Germania; insegna e pubblica a Marburgo, a Wittenberg, a Praga (Articuli centum et sexaginta), a Helmstedt, dove riceve anche la scomunica dei luterani e compone le opere cosidette “magiche”, perché volte a dimostrare la possibilità di utilizzare le forze naturali occulte; poi a Francoforte, dove stampa i tre poemetti latini “De minimo”, “De monade”, “De immenso”, nei quali espone la propria teoria atomistica.

Nel 1591-92, invitato dal patrizio Giovanni Mocenigo, si reca a Venezia, dove viene denunciato all’Inquisizione e arrestato. Durante il 1592-93 si svolge il processo veneziano. Tra il 1593-1600 si svolge il processo romano. 17 febbraio 1600: Giordano Bruno viene mandato al rogo. Il 10 giugno 1889 avviene l’ inaugurazione del monumento a Giordano Bruno in Campo de’ Fiori a Roma.

A mandarlo sul rogo non furono le sue tesi, non furono i suoi scritti, ma la testardaggine con cui mentì, il continuo insistere sul fatto di non aver commesso errori: in altre parole il suo narcisismo megagalattico pressoché patologico. Nella sentenza, pronunciata infine l’9 febbraio 1600, si ripeteva ben cinque volte che l’accusato aveva “sempre perseverato pertinacemente e ostinatamente”nella sua eresia. Fu deferito quindi “alla corte secolare”: la condanna a morte.

Il 17 febbraio 1600, giorno in cui Bruno morì sul rogo, Caspar Schoppe, che aveva assistito alla lettura della sentenza, descriveva come erano andate le cose: “Prima si era fatto il resoconto della sua vita, dei suoi studi e della sua dottrina facendo notare tutta la premura con cui l’Inquisizione aveva cercato di mostrargli che stava percorrendo una strada sbagliata, ammonendolo fraternamente. Si illustrò quanto Bruno era eretico impenitente e ostinato, poi fu espulso dal suo ordine. Di conseguenza lo si scomunicò e fu consegnato al braccio secolare, con la preghiera però di voler mostrar grazia per la sua persona ed evitare spargimento di sangue. Durante tutto il tempo Bruno rimase in silenzio. Solo una volta disse in tono minaccioso: “Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell’ascoltarla”. “Così venne condotto in prigione dagli uomini del governatore di Roma, e lì rimase per altri otto giorni nel caso volesse abiurare, ma ciò non avvenne. Per questo oggi l’hanno mandato al rogo. Mentre veniva condotto al rogo e gli si mostrava, in punto di morte, l’immagine del Salvatore crocefisso, torvo in volto la respinse con disprezzo; e così arrostito miseramente morì, andando ad annunciare, io penso, a quegli altri mondi da lui immaginati, in che modo gli uomini blasfemi ed empi sogliono essere trattati dai romani”.

Se non si fosse eseguita la condanna di un avventuriero che dovunque era andato si era fatto espellere, il papato avrebbe perduto la sua autorità. Nel manuale dell’inquisitore di Francisco Pena si legge infatti che “il fine principale del processo e dell’esecuzione della condanna non è salvare l’anima dell’accusato ma provvedere al bene pubblico e intimorire gli altri”. Ma di che cosa si trattò? Per quali tesi Giordano Bruno era pronto a morire? Due giorni dopo, il giornale “Avviso di Roma” riferì che “Giovedì mattina in Campo di Fiore fu abbruggiato vivo quello scelerato frate domenicano de Nola, di che si scrisse con le passate: heretico ostinatissimo, et havendo di suo capriccio formati diversi dogmi contro nostra fede, et in particolare contro la Santissima Vergine et Santi, volse ostinatamente morir in quelli lo scelerato; et diceva che ascesa con quel fumo in Paradiso. Ma hora egli se ne avede se diceva la verità”.

Schoppe, invece, elenca una serie di tesi, annunciate durante la lettura della sentenza: “Nei (suoi) libri, Bruno sostiene idee orrendamente insensate: che ci sono infiniti mondi; che l’anima passa da un corpo all’altro o in un altro mondo; che una sola anima può contemporaneamente dare forma a due corpi; che la magia è utile e affidabile; che lo Spirito Santo non è altro che l’anima del mondo;…che il mondo esiste dall’eternità; che Mosé compì i suoi miracoli con l’ausilio della magia, in cui era più esperto degli altri egiziani; che fu lui stesso a scrivere le sue leggi; che la Sacra Scrittura è un’illusione; che i diavoli possono compiere opere benefiche; che solo gli ebrei discendono da Adamo ed Eva, gli altri mortali da quei due creati il giorno prima; che Cristo non è Dio, ma fu un mago esperto che prese in giro gli uomini e quindi giustamente fu impiccato…non crocifisso; che i profeti e gli apostoli erano empi e che alcuni di loro furono impiccati come maghi. Non finirei più se volessi elencare tutte le idee cervellotiche che Bruno sostenne nei suoi libri o in persona. In una parola, era un fautore indefesso di tutto ciò che i filosofi pagani e gli eretici vecchi e nuovi hanno formulato”.

La dottrina di Copernico qui non c’è. Giordano Bruno non morì perché era un seguace della teoria eliocentrica e nemmeno per aver riconosciuto con stupefacente anticipo sui tempi che le stelle sono soli lontani. Non era uno scienziato, appunto, ma un teorico della magia, un filosofo ermetico. Lungi da ogni metodologia scientifica, aveva tratto da un audace assioma esoterico-filosofico, la dottrina panteistica (Dio è infinito ed eterno ed è identico al creato), due conclusioni scientifiche false (di conseguenza anche l’universo deve essere infinito ed eterno) e due vere ( le stelle sono dunque soli lontani, a loro volta circondate da pianeti). Doveva essere ritenuto eretico perché nel suo universo infinito ed eterno non c’era più posto per un Dio personale e non c’era più un tempo per il giudizio universale. Ma fu condannato perché si sopravvalutò, perché credette di poter giocare con gli uomini della Chiesa dettando le regole del gioco. Se non l’avessero ammazzato i cattolici c’avrebbero pensato i calvinisti o i luterani o più probabilmente qualche marito tradito… Il rogo diede a quell’eterno attaccabrighe un po’ stregone ed un pò geniale ciarlatano, scomunicato da tre confessioni ( cattolici, calvinisti e luterani), resosi ridicolo a Oxford e a Parigi, a colui che nessuna università europea accolse mai come insegnante non ritenendolo degno per preparazione culturale, l’immortalità che assolutamente non meritava per il livello qualitativo ed intellettuale dei suoi scritti e per la sua vita di girovago immorale. Il Nolano aveva sfidato il papa e con la sua arroganza rappresentava un pericolo oggettivo per la Chiesa della Controriforma. Adesso Giordano Bruno era un martire dell’oscurantismo della Chiesa Cattolica e sarebbe diventato un mito anticlericale nei secoli. Riuscendo a prendere per il naso non solo Clemente VII, non solo la sua epoca, ma anche tutta la posterità.

Quando i massoni italiani cercarono un simbolo da opporre al Papato e alla Chiesa, lo trovarono facilmente, troppo facilmente nell’eccentrico, ramingo e turbolento Giordano Bruno, colui che per principio era anticonformista, cioè era sempre contro tutto e tutti, e gli fecero costruire un monumento in Campo de’ Fiori con la dedica dettata da Giovanni Bovio: “ A Bruno il secolo da lui divinato qui dove il rogo arse”, inaugurandolo con gran chiasso per commemorare il centenario della rivoluzione francese. Come al solito, la tragedia di uno squilibrato avventuriero borioso e con un ego inflazionato si concluse in una volgare commedia all’italiana.

Don Marcello Stanzione

 
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