Padre Jean Edouard Lamy: un modello per tutti i sacerdoti |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions Jean-Edouard Lamy nacque a Pailly (Haute-Marne), una delle regioni frontaliere rurali, il 22 giugno 1853 e fu battezzato il giorno successivo alla vigilia della festa di San Giovanni Battista. Non ricevette un’istruzione regolare. Da piccolo si occupava del bestiame e dei campi. Il padre, Jean Fredrick muratore e contadino, la mamma, Marie Janinel, massaia diligente ed amorevole. In Alta Marna era diffusa l’usanza, quando si incontra qualcuno, di porgere un saluto assai particolare: “Buongiorno a te e buongiorno al tuo compagno”, dove per compagno deve intendersi l’angelo custode in persona. Gia in tenera età Edouard era depositario di visioni strane: vedeva persone reali di cui non comprendeva però la vera natura (l’avrebbe capito soltanto anni più tardi). Quelli che gli si presentavano erano proprio angeli. Aveva sempre aspirato a diventare un sacerdote, ma non era sicuro di possedere le qualifiche per l’ordinazione. Era così disperato e rassegnato che stava per rinunciare al suo destino. ... ... A fargli cambiare idea ponendo fine ad ogni tentennamento – inculcato dall’opera maligna di Lucifero, il tentatore – intervenne proprio San Giuseppe. Fu lui ad apparirgli e a convincerlo. Fu a Troyes, nella Cappella di Nostra Signora della Buona Speranza. Gli disse: “Siate un prete, per diventare un buon sacerdote. Sii un prete!”. Edouard incontra gli Oblati di San Francesco di Sales (fondati in Francia da padre Louis Brisson nel 1971) che lo aiutano a realizzare il suo sogno, finanziandogli gli studi, a patto che i primi 15 anni di sacerdozio li passi a servizio della congregazione. A 33 anni corona l’inizio di quella che si sarebbe rivelata una lunga missione apostolica: entra negli Oblati. Gli assegnarono un compito arduo, nel quale nessuno dei suoi predecessori era riuscito: per 15 anni avrebbe dovuto lavorare in quartieri malfamati, a Troyes, vicino alla prigione di Clairvaux, evangelizzando i giovani, ma soprattutto togliendoli dalla strada e da un futuro di delinquenza e immoralità. E’ così che padre Lamy crea il primo modello di casa-famiglia dove, attraverso l’ospitalità e l’accoglienza insegnare la retta via a tanti giovani sbandati che, in quei luoghi regno di malaffare e corruzione, già a dieci anni si trasformavano in delinquenti senza freni. In questa moderna casa-famiglia, antesignana dell’apostolato on the road e dei movimenti di recupero dei giovani, si trasmette il rispetto per Dio, i genitori, le regole, la proprietà, gli altri e se stessi. E’ perseverando in questa mansione che l’abate si conquista l’appellativo di “cappellano delle canaglie, o dei teppisti”. Tutta la vita di padre Lamy è costellata da una presenza extraterrena: quella degli angeli. Non si comprenderebbe come riuscì a fronteggiare e vincere le sfide della missione nonostante la vista lo avesse quasi abbandonato e soffrisse di molti altri mali, se non si leggesse ogni mosaico della sua esistenza con gli occhi dei suoi guardiani. Gli angeli, creature celesti, sono i cooperatori per eccellenza di Dio e i ministri della volontà dell’Altissimo. Padre Lamy non soltanto fu destinatario di un rapporto speciale intessuto con il suo Angelo custode che non l’ha abbandonato neppure un attimo, ma anche con l’arcangelo Gabriele che più volte, alla testa di schiere angeliche, ha alleviato le sofferenze del sacerdote, allungandogli la vita e salvandolo da pericoli forieri di morte certa. Le presenze celesti mostrano il loro vero volto al mistico francese che ha il privilegio di vedere, fisicamente, come sono fatti gli aiutanti del Signore. Insomma, padre Lamy li vede esattamente come se fossero persone in carne e ossa. Quand’era in vita, non erano trapelate le capacità di cui era stato dotato il prete. Soltanto qualcuno aveva intuito che questo straordinario pastore di anime aveva dei contatti diretti con l’aldilà. Ma di certo l’interessato volle evitare qualsiasi rivelazione all’esterno, compresi i suoi superiori o confratelli. Non a caso chiese al suo biografo e confidente, il conte Biver, che fu testimone di episodi razionalmente inspiegabili, la cortesia di non fare cenno a queste sue ‘conoscenze particolari’, non prima, per lo meno, della morte. Il Biver, da scienziato agnostico o quanto meno incredulo delle vicende spirituali, mantenne il patto. Lasciò scritto a proposito delle creature angeliche che sono unite perennemente a Dio: “Voi non potete immaginare la potenza di un Arcangelo, né quella della Santa Vergine! Vi è una grande utilità a pregare gli Angeli”. “La Santa Vergine ha avuto la bontà di mettermi sotto la protezione del santo Arcangelo Gabriele, di affidarmi a lui”. In molte situazioni critiche padre Lamy venne fisicamente salvato da incidenti e morte certa grazie all’intervento dell’Arcangelo Gabriele, servitore dell’Altissimo e messaggero di buone novelle, che rappresenta, nell’esistenza dell’apostolo francese, una fonte continua di guarigioni e di sostegno all’opera portata avanti dal ‘prete di strada’. Una particolarità distingue l’Arcangelo Gabriele che ebbe un ruolo fondamentale nell’arco di vita di padre Lamy: è il più alto di tutti gli angeli. Leggiamo insieme la descrizione che ne fa il testimone diretto: “L’Arcangelo Gabriele è più alto di tutti gli altri angeli. A lui io riconosco uno spirito di una categoria superiore. Quello che in loro è molto bello sono le placche d’oro di forma irregolare: poste come in un mosaico di cui la parte superiore del loro corpo è rivestito, continuamente sfavillano. Esse ricevono la luce di Dio. Queste placche d’oro, che perennemente si muovono, potrebbero assomigliare ad altrettanti soli”. In altri passaggi si sofferma anche sul tipo di capigliatura che lo contraddistingueva: “L’arcangelo Gabriele ha i capelli ben tagliati ed ondulati”. Emergono altre specificità degli angeli, in particolare per quanto riguarda il loro impatto estetico dominato da una luminosità senza eguali, alla quale molto spesso il sacerdote farà riferimento. Veniamo a sapere che queste creature celesti che assistevano, come fedeli normali, alle celebrazioni eucaristiche di Lamy e lo trasportavano, da un luogo all’altro, quando le forze lo abbandonavano e prendeva il sopravvento una debolezza apparentemente invincibile, sono splendenti più della Madonna, indossano abiti bianchi, sono senza ali e hanno un aspetto assai giovanile. Ecco la descrizione dettagliata: “Gli Angeli – svela – hanno un aspetto più luminoso di quello della Santa Vergine, almeno all’apparenza. Con quegli affascinanti riflessi di luce che cambiano incessantemente sui loro abiti bianchi, essi hanno l’aria di brillanti ufficiali presso di Lei, così semplice. Io non ho mai visto loro delle ali. Sempre di aspetto giovanile, essi portano, impressa sul loro volto, la benevolenza verso gli uomini, mentre invece i demoni hanno un aspetto duro, strano, a tratti disgustoso e repellente”. E’ capitato in più circostanze che Lamy si sentisse senza più forze. Nei momenti di spossatezza, quando pronunciava le parole “Dio mio, Dio mio, come sono stanco!”, egli, all’improvviso, si trovava teletrasportato davanti alla sua parrocchia, oppure nei posti in cui le persone avevano bisogno della sua opera misericordiosa. Lamy instrada tutti i cattolici del mondo verso un obiettivo: pregare costantemente gli angeli. Ma perché? Non soltanto per riuscire a captare la loro presenza accanto a noi, sempre, in ogni istante, ma anche perché “ogni volta che rivolgiamo a loro preghiere e richieste di aiuto, essi sono molto contenti (…). I nostri Angeli custodi ci guardano come se noi fossimo dei fratellini indigenti. La loro bontà nei nostri riguardi è estrema”. Con la protezione degli angeli Lamy era solito celebrare la messa con fervore straordinario e devozione senza pari, un atteggiamento interiore che, quasi, lo trasfigurava. Ad assistere alla messa, infatti, non c’erano soltanto i fedeli, ma coorti di angeli risplendenti più che mai di luce intensa. Grazie alle doti speciali trasmesse dagli angeli, il religioso era in grado di capire se l’anima per la quale egli stava celebrando messa riceveva beneficio. “In quei momenti non pensi più alle cose della terra, ma senti chiaramente qualcosa di celestiale dentro di te che è l’effetto della loro presenza” (per un'analisi completa sulla figura di questo sacerdote, si consiglia il libro su padre Lamy scritto da Irene Corona, edizioni Segno, Angeli come guida). Don Marcello Stanzione |
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