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San Michele e santa Giovanna d'Arco PDF Stampa E-mail

San Michele e santa Giovanna d'ArcoL’eroina che, nel XV secolo, liberò la  Francia dalla conquista inglese, era giustamente una di quelle anime che piacevano agli angeli ed ai santi. Nel  suo villaggio di Domrémy, ella fu dapprima una bambina dolcissima, molto pia, migliore delle altre. Le accadde di custodire le greggi nelle praterie in cui la Mosa disegna anelli verdi scuri, sottolineati dai pioppi; ella li menava anche nei gigliati del Bosco Chenu, su di una leggera scoscesa a qualche distanza dal fiume. Giovanna, che si chiamava Giannina, aveva delle amiche. Le preferite si chiamavano Mengette, Hauviette e Guglielmina.  Ella aveva anche dei fratelli  ed una sorella, a  casa, in chiesa o nei campi, mai ella dava oggetto del minimo rimprovero. Quando era sola al pascolo, pregava. Sentiva parlare costantemente delle disgrazie del regno. Vi era allora un re che era diventato pazzo, il povero Carlo VI, ed una regina, Isabella di Baviera, che tradiva il suo paese  d’adozione ed avrebbe voluto dare la corona di Francia al re d’Inghilterra che ... 

...  aveva sposato sua figlia Caterina; vi era “grande desolazione nel regno di Francia”,  e quelle disgrazie occupavano tutti i pensieri  della fanciulla. Allorché le sue amiche facevano i  girotondi intorno ad una quercia che si chiamava l’Albero delle Fate o credevano  di vedere delle “signore” nella fontana dei Ribes che sgorga all’entrata del bosco, Giannina, più saggia e più pia, implorava per il suo paese il soccorso del cielo.

Nella contrada, vi era una grande venerazione per Nostra Signora che si pregava a Bermont ed a Vaucouleurs. San Michele era il patrono del Barrois (era allora il nome della regione che dipendeva da  Bar). Infine, nella chiesa  di Domrémy, si potevano vedere le statue di due sante martiri, Caterina e Margherita (quella di Margherita esiste ancora).

Ecco quello  che ha raccontato Giovanna stessa: “Avevo  tredici anni quando ebbi una voce da Dio per aiutare a governarmi. E la prima volta, ebbi una grande paura. Sentivo la voce dal lato destro, verso la chiesa, e raramente lo sentito senza chiarezza. Avendola sentita per tre volte, riconobbi allora che era la voce di un angelo”.

Giovanna scorge un essere meraviglioso, accompagnato da molti altri spiriti simili, sotto forma umana, ma come fatti di luce; ella comprese che era san Michele, il protettore del regno di Francia, con l’esercito degli angeli.

“San Michele, quando giunse a me,  mi disse che le sante  Caterina e Margherita sarebbero giunte a me, che io agisca secondo il loro consiglio, poiché  esse erano ordinate per guidarmi e consigliarmi in quello che dovevo fare, che mi occorreva credere quello che mi avrebbero  detto, e che questo era il comando di Nostro  Signore. Prima di ogni cosa, san Michele mi disse di essere una brava fanciulla, che Dio mi avrebbe aiutata, in particolare per giungere in soccorso al Re di Francia. Ed egli mi raccontava la pietà che vi era nel  regno di Francia. Era sotto la forma  d’un vero cavaliere in armi. Quanto agli angeli, io li ho visti coi miei occhi. Credo anche fermamente alle parole e i fatti di san Michele che mi è apparso, come credo che Nostro Signore  Gesù Cristo soffrì morte e passione per noi; e quello che me lo fa credere, è il buon consiglio, il conforto e la dottrina che mi ha dato. Io li ho visti (san Michele e le altre due sante) cogli occhi del mio corpo così come ora vedo voi e quando se ne andarono, io piangevo, ed avrei ben voluto che mi portassero con loro”.

Così si  esprimeva Giovanna a Rouen, davanti ai suoi giudici.

Per tre anni, Giannina  custodì il silenzio su quelle visioni. Ella continuò a custodire le  sue pecore, ad aiutare sua madre nel menage, a lavorare il piccolo giardino  vicino alla chiesa; ma ella diventava sempre più pia e, ogni sabato, ella si recava nella cappella di Nostra Signora nei boschi di Bermont. Una sua madrina (a quell’epoca se ne potevano avere diverse e  Giovanna non contava meno di quattro padrini e otto madrine!), una sua madrina dunque afferma che, da quel momento, Giannina “si comportava come una santa”.

Lo stato della Francia si faceva sempre più spaventoso. L’odioso trattato di Troyes, nel 1420, aveva riconosciuto al re d’Inghilterra Enrico V, marito di Caterina di Francia, la qualità di erede al trono a scapito del delfino Carlo. Essendo morto questo re d’Inghilterra prima di Carlo VI, fu suo figlio, Enrico VI, che fu  proclamato re di Francia nel  1422. Tra i partigiani del re di Francia ed i partigiani del re d’Inghilterra, “Armagnacchi” e “Borghignoni”, la lotta non cessava ed agli orrori dell’invasione si univano quelle della guerra civile. Nelle campagne saccheggiate, nei villaggi incendiati, delle epidemie causate dalla putrefazione dei morti che non si seppellivano più, completavano l’atroce opera delle armi.

Nel 1428, l’anno in cui gli Inglesi cominciarono ad accerchiare Orléans, Giovanna, che ha sedici anni, non può più resistere agli ordini del cielo. “Va, figlia di Dio!”, ripetono le voci. E, coraggiosamente, malgrado tutti gli ostacoli, ella  va… La sua fiducia è  ricompensata. Ed è lei che lo affermerà più tardi: quand’ella giunge, l’8 marzo 1429, al castello  di Chinon per presentarsi  davanti a Carlo VII, che gli Inglesi chiamavano  “il re di Bourges”, Giovanna si sente realmente accompagnata da san Michele, da santa Caterina, da santa Margherita e da un corteo di angeli. L’8 maggio, la Chiesa celebrava l’apparizione di San Michele sul Monte Gargano ed era allora giorno di festa per tutta la cristianità. E’ quel giorno ch’ebbe luogo la liberazione di Orléans.

Più tardi, nella sua  prigione di Crotoy, vicino ad Amiens, prima di essere trasferita a Rouen, l’eroina ricevette per l’ultima volta la visita di san Michele. Egli apparve sotto la forma di un cavaliere dall’armatura scintillante e la riconfortò perché ella trovasse la forza di subire la crudele prigionia di Rouen, l’iniquo processo, lo spaventoso supplizio del fuoco. Al momento della sua morte, Giovanna invocò l’Arcangelo ed anche Gabriele, il messaggero della Redenzione. Come il vecchio poeta della Canzone di Rolando l’aveva immaginato per il suo eroe, san Michele e san Gabriele si chinarono sulla santa della patria e la condussero verso Dio.

Quando sa Michele fu proclamato, oltre quarant’anni fa, il patrono dei paracadutisti dell’esercito francese, un ufficiale compose una bella preghiera che insegna in quale spirito deve essere compiuto il dovere di soldato: “San Michele ci insegni, come a Giovanna d’Arco, a resistere senza mai odiare, a compatire lealmente, da fratello, l’avversario di un giorno”.

Il nostro solo nemico è il demonio, padre degli odi e della guerra. Contro di lui, san Michele possiede una grandissima potenza, poiché la sua missione è precisamente quella di combattere i demoni e di far trionfare gli amici di Dio.

Don Marcello Stanzione

 
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