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L'azione politica, teologica e militare di Papa SAN PIO V PDF Stampa E-mail

L'azione politica, teologica e militare di papa SAN PIO V"Risulta evidente la completezza di questo grande santo del XVI secolo, che seppe costruire un’azione organica integrando in essa santità di vita, morigeratezza dei costumi, amministrazione politica, diplomazia e forza militare, il tutto sorretto dalla Grazia divina, alla quale prima di tutto fu imputata la causa della vittoria gloriosa di Lepanto. L’appello che il modello umano di San Pio V volge ai cattolici, oggi come ieri, è la necessità di consolidare una retta ed armonica vita sociale grazie all’adesione della comunità umana alla volontà di Dio e della Santa Vergine, l’obbligo di procedere ad una retta formazione dottrinale e teologica del clero condannando indistintamente ogni errore, la necessità di instaurare tutto in Cristo". Il santo pontefice Pio V nacque nel 1504 a Bosco Marengo, in Piemonte, col nome di Antonio, dalla famiglia nobiliare dei Ghislieri. Figura più che importante per la storia della Chiesa, eletto al soglio pontificio per diretta volontà di San Carlo Borromeo, tutta la sua vita rappresenta ...

...  l’austerità, l’integrità spirituale e l’umiltà che dovrebbero caratterizzare il ruolo da lui ricoperto, così come ogni servizio svolto nei confronti della Cristianità: egli seppe conciliare difatti morigeratezza dei costumi e vita politica, conoscenza teologica ed azione militare. Impegnatosi sin da giovane nella vita religiosa, entrò nell’ordine dei Domenicani a soli quattordici anni, assumendo il nome di Michele, dando poi i voti solenni un anno dopo a Vigevano. Personalità di grande intelligenza e predisposizione allo studio, completò la sua carriera universitaria a Bologna (città dalla quale tre generazioni prima la sua famiglia era stata esiliata), divenendo così Lettore di Logica, Filosofia e Teologia. Alla base della stima che l’ambiente ecclesiastico nutriva nei suoi confronti vi era sicuramente la solidissima preparazione che egli si era formato negli studi teologici, coadiuvata dalle capacità intellettive sicuramente non comuni. Eppure, lungi dall’insuperbirsi per le prerogative fuori dal comune che lo contraddistinguevano, Michele Ghislieri conduceva una vita di rigida austerità che lo vedrà inserirsi in quello che fu il salvifico spirito della Controriforma. Ricevette l’ordinazione presbiteriale a Genova nel 1528, a 24 anni.

Si distinse per il suo appoggio incondizionato al seggio pontificio contro le eresie, ed ebbe modo di predicare molte Quaresime nel Capitolo Provinciale della Lombardia. Assunse, con sommo merito, anche il ruolo di rettore di varie comunità domenicane.

Fu papa Paolo IV ad ordinarlo vescovo di Sutri e Nepi, creandolo successivamente cardinale con il titolo di Santa Maria sopra Minerva. La sua fermezza nel condannare sia le eresie che gli errori commessi dallo stesso clero gli valsero il titolo di Grande Inquisitore Generale (egli già era considerato commissario generale dell’Inquisizione romana), titolo di cui egli si valse sia nella lotta verso il protestantesimo che nella denuncia (ed in alcuni casi addirittura nella scomunica, come nei confronti del Vicario e del Capitolo di Como) delle cariche ecclesiastiche non in linea o con l’ortodossia dottrinale o con una condotta morale consona al loro ruolo.

Mai il titolo conseguito poté però fargli dimenticare le sue origini domenicane, ed egli preferiva indubbiamente continuare ad indossare il saio a qualsiasi altro abito, abitudine che mantenne anche durante l’attività di vescovo ed il pontificato, celandolo sotto le vesti impostegli dal ruolo. Il papa Pio IV lo trasferì prima alla sede di Mondovì, successivamente lo richiamò a Roma dove, alla sua morte, venne eletto Pontefice grazie alla scelta del Conclave, fortemente orientata dalla volontà di San Carlo Borromeo, che comprese le qualità umane e spirituali di cui Michele Ghislieri era dotato.

Il periodo di pontificato di San Pio V può essere a ben vedere considerato un faro per la moralità della Chiesa e per la sua azione politica e sociale. Poco incline agli inutili lussi che lo spirito decadente dell’epoca imponeva anche alle alte cariche del clero, egli non volle nessun tipo di festeggiamento o banchetto per il suo insediamento.

Dominatore prima di sé stesso e poi dei suoi sottoposti, egli pretese una rigida disciplina da tutta la curia romana, reintegrando normative morali anche nella vita civile di Roma.

Egli si nutriva di pasti frugali, dormiva su un pagliericcio e, a piedi nudi e capo scoperto, si spostava per le chiese di Roma. Parimenti, egli fu altrettanto rigido con il clero, la corte ed i parenti: ogni abuso della corte pontificia venne severamente punito, creò una commissione che sorvegliasse la condotta morale del clero, proibì gli svaghi mondani ai sacerdoti, interdicendo loro tra le altre cose anche spettacoli, banchetti pubblici e taverne; impose rigidi controlli sulla provenienza e le attività dei vescovi, combatté il nepotismo non concedendo alcun favore economico ai suoi familiari; gli unici due che ammise ad una carica furono il nipote di una sua sorella, il domenicano Michele Bonelli, quale cardinale (purché egli lo coadiuvasse nello gestire gli affari), e suo nipote Paolo Ghislieri, che fece entrare nella guardia pontificia (cacciandolo però anche dallo Stato quando scoprì alcune illiceità nella sua condotta morale).

Sebbene San Pio V fu categorico nel combattere ogni qualsiasi fenomeno sociale licenzioso, egli fu sempre ben visto dal popolo, che lo considerava un garante dell’integrità morale dello Stato e della giustizia: egli da un lato proibì le dissolutezze del Carnevale e la prostituzione, e contrastò con dure sanzioni bestemmia, blasfemia ed ogni tipo di illiceità, dall’altro si espose sempre come vicino ai meno abbienti ed al popolo tutto, partecipando frequentemente alle manifestazioni pubbliche della fede, sostentando i poveri ed i bisognosi con somme considerevoli (specialmente nel periodo di carestia ed epidemia), favorendo i Monti di Pietà per sostituire i prestiti ad usura, suggerendo la fondazione di un istituto dei Fatebenefratelli e visitando frequentemente gli ospedali, costruendo nuove infrastrutture ed incentivando le bonifiche, concedendo udienze al popolo che duravano fino a dieci ore consecutive.

Al contempo, in questo periodo vide la luce una nuova epoca di rinascita dei veri valori della Dottrina cattolica, legata strettamente alla strenua opposizione che il Pontefice operò contro lo spirito dei suoi tempi, carico della dissoluzione introdotta dall’Umanesimo.

San Pio V in questo senso continuò di fatto la sua attività di inquisitore, punendo con fermezza tutte quelle forme di indisciplina e di eterodossia che covavano nella Chiesa, creando la Congregazione dell’Indice per l’esame dei libri contrari alla fede ed intervenendo di persona alle sessioni del Tribunale dell’Inquisizione.

Per sua volontà venne riportata in auge negli studi teologici la figura di Tommaso d’Aquino, che egli proclamò “Dottore della Chiesa” (titolo che concesse anche a Sant’Atanasio, San Basilio Magno, San Giovanni Crisostomo e San Gregorio di Nazianzo), imponendo lo studio della Summa Teologica alle università e promuovendo la stampa delle sue opere al completo. Fu a lui che si deve la pubblicazione del catechismo romano, del breviario romano riformato e del messale romano, per il quale la liturgia preconciliare assume comunemente la definizione di “Messa di San Pio V”.

Ma l’aspetto più significativo che ha sicuramente contribuito a consegnare ai posteri ed agli onori degli altari la figura di San Pio V fu, a ben vedere, anche lo spirito militare che ne contraddistinse il pontificato, quindi anche l’impegno nelle relazioni politiche internazionali e la capacità miracolosa di aver saputo unificare le forze di una Cristianità ormai divisa, preda delle nefaste contraddizioni della sua epoca e non più salda nella fede e nell’agire.

Il suo coraggio politico gli permise di schierarsi anche contro Filippo II per difendere gli interessi della Chiesa, così come di appoggiare Maria Stuarda contro Elisabetta I, e di scomunicare la stessa Elisabetta nel 1570, divenendo così l’ultimo papa ad aver impartito un anatema ad un regnante, facendo valere i diritti della Chiesa di Cristo contro le pretese temporali delle forze anticattoliche. E fu la stessa intraprendenza illuminata dalla Grazia che gli permise di organizzare le forze della Cristianità, facendo coalizzare Genova, Venezia e Spagna (forze i cui interessi strategici diretti erano in frequente collisione), al fianco dei Cavalieri di Malta, contro l’avanzata dell’Impero Ottomano, che cercava di estendere i suoi domini sui territori della Cristianità, minacciando così la sua integrità, la fede dei suoi abitanti e l’esistenza della stessa. Una volta che le mire dell’Impero Ottomano furono palesi, con l’assedio di Cipro e la conquista di Famagosta (che vide l’eroico martirio del Governatore di Cipro e Capitano Generale di Famagosta, Marcantonio Bragadin), egli seppe guidare gli eserciti dell’Europa cattolica alla battaglia contro la flotta ottomana, nel golfo di Lepanto. Fu lì che, con un evidente favore divino, le sorti della battaglia volsero a vantaggio dell’alleanza cattolica, non senza il sacrificio dei più valorosi e degli eroici Cavalieri di Malta, catturati e giustiziati impietosamente.

Il Pontefice ricevette così un messaggio miracoloso che lo informò, alle cinque pomeridiane, in perfetta concomitanza con il termine della battaglia, della vittoria del fronte cattolico: istituì da allora la festa di Santa Maria della Vittoria, divenuta poi la festività del Ss. Rosario.

Risulta quindi evidente la completezza di questo grande santo del XVI secolo, che seppe costruire un’azione organica integrando in essa santità di vita, morigeratezza dei costumi, amministrazione politica, diplomazia e forza militare, il tutto sorretto dalla Grazia divina, alla quale prima di tutto fu imputata la causa della vittoria gloriosa di Lepanto. L’appello che il modello umano di San Pio V volge ai cattolici, oggi come ieri, è la necessità di consolidare una retta ed armonica vita sociale grazie all’adesione della comunità umana alla volontà di Dio e della Santa Vergine, l’obbligo di procedere ad una retta formazione dottrinale e teologica del clero condannando indistintamente ogni errore, la necessità di instaurare tutto in Cristo.

Orazio Maria Gnerre

 
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