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Il Santuario di San Michele del Gargano è finalmente patrimonio dell’Unesco PDF Stampa E-mail

Il Santuario di San Michele del Gargano è finalmente patrimonio dell’UnescoDal 25 giugno 2011 il Santuario garganico di San Michele a Monte Sant’Angelo nelle Puglie che il principe degli Angeli scelse e consacrò di sua mano perché fosse per tutti luogo di pace e di perdono, “Casa di Dio e Porta del cielo”, per decisione dell’apposito Comitato è divenuto patrimonio Mondiale dell’UNESCO, inserito nel sito seriale intitolato “I Longobardi in Italia, I luoghi del potere (568 -774 d.C. ). Si tratta di un prestigioso e non comune traguardo raggiunto poiché i beni compresi nel sito, frutto di una rigorosa ed accurata selezione, rappresentano, ognuno per la propria tipologia specifica, il modello più significativo o quello più conservato tra le  numerose testimonianze diffuse sul territorio nazionale e, nel loro insieme, rispecchiano l’universalità della cultura Longobarda al suo apice. Un riconoscimento, quindi, quello dell’UNESCO, che mette fine ai concetti di “decadenza”, “fine della civiltà”, e “barbarie” che venivano generalmente associati all’età che va dalla caduta ... 

... dell’Impero Romano alla nascita di quello Carolingio.

L’iscrizione è, inoltre, un  dovuto atto di riconoscenza all’impegno delle numerosissime istituzioni pubbliche e private che, coinvolte a differenti livelli nella gestione degli stessi beni o dei territori di riferimento, dal 2006 hanno lavorato e lavorano insieme – sulla base dei principi di sussidiarietà e collaborazione sanciti dall’Europa – per innalzare sempre di più il livello di valorizzazione delle testimonianze storiche e per la più grande diffusione possibile della loro conoscenza.

Tra i numerosi e prestigiosi patner che hanno tenacemente perseguito questo importante obbiettivo sotto il coordinamento del Ministero per i beni e le attività culturali vanno ricordati il Centro di Studi Micaelici e Gagranici che ha sede in Monte Sant’Angelo, diretto dal chiar.mo prof. Giorgio Otranto dell’Università degli Studi di Bari, la Civica Amministrazione di Monte Sant’Angelo, l’Arcivescovo della Diocesi, mons. Michele Castoro, e la  Famiglia Religiosa della Congregazione di S. Michele Arcangelo, la quale, dal 1996, essendo stata chiamata a reggere l’illustre ed antico santuario, si è adoperata, con un’assidua ed intensa cura pastorale del luogo e la realizzazione di importanti e moderne strutture di supporto, affinché esse avesse i titoli adeguati per figurare degnamente nel sito prescelto, anzi contribuisse decisivamente a raggiungere l’obbiettivo con il suo peso non indifferente di fede e di storia.

Il grado di importanza conseguito viene a sancire la grande rinomanza del Luogo Sacro Arcangelico, conquistata e ribadita sin dai tempi più antichi presso i vari popoli e le varie potenze terrene che si sono avvicendati sul palcoscenico della storia europea.

Nel V secolo, grazie ai rapporti che la Puglia ha sempre intrattenuto con l’Oriente, il culto per l’Angelo da Costantinopoli approdò sul Gargano, insediandosi in una grotta naturale, dove la fama dei miracoli operati dall’Arcangelo, anche per il tramite dell’acqua, cominciò ad attirare folle di fedeli, prima dalle regioni circostanti e poi da tutta Italia e dall’Europa. Secondo la tradizione, San Michele apparve sul Gargano tre volte nel V secolo e una nel 1656, in occasione di un epidemia di peste.

Una delle prime apparizioni si sarebbe verificata l’8 maggio, che è il giorno in cui il Santo viene festeggiato sul Gargano. Dopo il suo arrivo sul Gargano, Michele, santo militare, a partire dalla metà circa del VII secolo, si legò stabilmente ai Longobardi, sia del ducato di Benevento che del regno di Pavia, a diffondere, durante l’alto medio evo, la conoscenza e il culto dell’angelo, un Santo particolarmente congeniale alla loro sensibilità e fantasia: in un’opera anonima del IX secolo, pervasa da acceso nazionalismo longobardo, Michele viene presentato alla guida dell’esercito dei Longobardi, alla conquista dell’Italia meridionale.

I duchi di Benevento, soprattutto Romualdo I (662-677), il re Cuniperto (688-700) e Ansa, ultima regina dei Longobardi, elaborarono un vero e proprio programma edilizio per il santuario, ormai considerato il santuario nazionale dei Longobardi. Essi, con alcune modifiche strutturali, assicurarono un più agevole accesso alla grotta e un posto di accoglienza e ristoro per i pellegrini che arrivavano stanchi in cima al monte.

Ancora oggi sono in parte visibili lungo i fianchi della Montagna sacra i tratturi percorsi dai pellegrini che numerosissimi visitavano la grotta, al cui interno scorreva un’acqua dolce e miracolosa, capace, secondo la tradizione, di guarire soprattutto dagli attacchi febbrili.

Il santuario garganico visse un periodo di particolare splendore tra il VII e la metà del IX secolo, epoca alla quale risalgono le quasi duecento iscrizioni, incise o graffiate nella parte più antica del complesso monumentale, tra le quali quattro in caratteri runici, che costituiscono le prime testimonianze italiche della scrittura detta “runica” dalle sue lettere (Le rune).

Si tratta di un corpus epigrafico longobardo, l’unico del suo genere finora rinvenuto in Italia. La grotta – santuario di Monte Sant’Angelo si presenta ancora oggi come un a sorta di museo, nel quale sono custodite testimonianze artistiche d’ogni stile: statue, affreschi, pitture su legno, bassorilievi, altari, la cattedra episcopale attribuita al noto scultore Acceptus o alla sua scuola (XI- XII secolo),  un’icona di bronzo dell’Arcangelo di epoca normanna, le famose porte di bronzo fuse a Costantinopoli nel 1076 e, accanto a questi reperti, oggetti di devozione popolare accumulatisi attraverso i secoli (ex voto, tavolette votive) che testimoniano una frequentazione ininterrotta del luogo sacro e una intensa religiosità.

In quindici secoli di storia, la grotta dell’Angelo è stata meta di un intenso flusso di pellegrini da parte di persone di ogni condizione ed estrazione sociale, gente umile e personaggi illustri, re, principi, imperatori, santi, papi: un fenomeno di fede e devozione popolare che si è perpetuato fino ai nostri giorni e che ha fatto della grotta mica elica del Gargano uno dei luoghi privilegiati della religiosità popolare in Europa.

L’uomo alla ricerca di Dio ha sempre trovato sulla montagna dell’Arcangelo risposte adeguiate ai suoi bisogni spirituali nel raccoglimento e nella preghiera, in un’atmosfera dove la natura e il mistero alimentano il rapporto col divino, mediato dall’Arcangelo Michele, vigile custode di ogni cristiano ed eterno difensore del bene contro il male.

Il Santuario garganico, a partire dell’alto Medio Evo, divenne un modello imitato in diversi contesti europei, soprattutto in Francia (Mont Saint-Michel, Verdun), ma anche in Spagna, Germania, Belgio, Inghilterra. Giovanni Beleth, teologo parigino del XII secolo, scrisse che, dopo l’apparizione sul Gargano, le chiese dedicate al santo furono edificate sempre sulle alture secondo l’indicazione data dal Santo stesso allorché aveva scelto per sé la montagna garganica.

Al di là del Santuario, Monte Sant’Angelo custodisce all’interno del proprio perimetro urbano, altri insigni monumenti di epoca alto medioevale: si pensi alla chiesa di San Pietro, alla cosiddetta Tomba di Rotari, definita dal Bértaux “il più misterioso monumento dell’Italia meridionale”, alla chiesa di Santa Maria Maggiore, alle tante altre chiese e agli edifici medioevali, al rione Junno che, con le sue casette l’una addossata all’altra, con i suoi vicoletti sempre luccicanti di calce bianca, con le sue strette scalinate in pietra, rappresenta un raro esempio di impianto urbanistico medioevale ancora ben leggibile.

E accanto a questi monumenti, non vanno dimenticati le testimonianze di vita quotidiana, i numerosi oggetti e i reperti custoditi nel Museo della devozione popolare e nel lapidario del Santuario, oltre che nel Museo delle altri e tradizioni popolari del Gargano “Giovanni Tancredi”.

Si tratta di un ricco patrimonio di fede, spiritualità, arte e cultura indotto dal Santuario Micaelico, significativamente definito da Ferdinand Gregorovius “Metropoli del culto dell’Arcangelo in Occidente”.

Don Marcello Stanzione

 
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