La lotta al diavolo di Madre Maria Paola Muzzeddu |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions Paola Muzzeddu nacque ad Aggius, piccolo centro della Gallura in provincia di Sassari, quarta di undici figli, da Giovanni Battista e Serra Francesca il 26 febbraio 1913 e ricevette il Battesimo il 24 marzo, vigilia dell’Annunciazione. E’ alla scuola della mamma, semplice, dignitosa e paziente nelle difficoltà familiari, che la piccola Paola incominciò ad apprendere lo spirito di docilità e di sacrifico. Trascorse la fanciullezza e la giovinezza nel proprio paese, ad eccezione della parentesi nel continente dall’ottobre 1926 all’estate 1931. Nel 1937 si trasferì a Sassari, dove frequentò i Corsi di taglio e cucito: qui incominciò a vivere con Maria Lepori, con la quale condivideva gli ideali religiosi e che fu la sua prima consorella, e, avviato il lavoro di sartoria, diede inizio all’accoglienza delle giovani. Nel dicembre 1943, sfollata in seguito ai bombardamenti, dapprima ad Aggius e dopo a Viddalba – Li Reni, ricevette l’ispirazione di dar vita ad una comunità religiosa, nello spirito della beatitudine “Beati i puri di cuore ... ... perché vedranno Dio”. La dimensione mariana di Paola aveva maturato alla scuola di Maria, la Madre di Gesù, inizialmente attraverso la recita del santo Rosario, preghiera mariana per eccellenza , ne diventerà l’aspetto spirituale. La domenica 5 ottobre 1947, Festa della Beata Vergine del Rosario, a Sassari diede inizio alla vita comune e il giorno 8 dicembre 1948, Festa dell’Immacolata, cinque sorelle indossarono gli abiti benedetti dall’Arcivescovo di Sassari Mons. Arcangelo Mazzotti, che, in occasione della cerimonia, paternamente sottolineò: “Da quando in qua si è visto mai, in un anno, benedire una Cappella, una Madonna e gli abiti?”. Gli anni successivi furono ricchi di preghiera, di,lavoro e sviluppo dell’opera per l’apertura di nuove case. Madre Paola giunse, dopo due anni di consapevole sofferenza serenamente offerta per riparare ai peccati che vengono commessi, alla fine del suo pellegrinaggio terreno a soli 58 anni, io 12 agosto 1971 nel paese natio, al suono dell’Angelus, consumata dall’amore di Dio. Il “diario spirituale” scritto da suor Maria Paola per obbedienza al suo confessore, abbraccia le vicende degli anni tra il 1927 e il 1956, riguardo al demonio, la fondatrice delle suore chiamate popolarmente “celestine” per il colore del loro abito religioso, così scrive nel 1947: “Un giorno non sono rimasta in chiesa per finire il rosario (mi sentivo male) ho continuato a casa. Mentre pregavo sento una voce che dice: “Perché preghi, tanto casa non te ne danno”. Voleva la casa, allora io un po’ scoraggiata mi sono sentita venir meno, però ho risposto: “Anche se non me ne danno, ma bisogna che prego lo stesso…” e la voce un po’ più debole: “E per quanto preghi?”. “Fintanto che ottengo” ho risposto… Se ne è andato tutto tremante. Ho pensato che era il demonio che mi voleva scoraggiare dicendo menzogne, perché la casa ce l’hanno data subito. Bisogna pregare e confidare nel Signore e non dare ascolto al disgusto che si può sentire, perché il disgusto lo fa sentire il demonio e non vuole di pregare: perché sa che se preghiamo otteniamo le grazie e lui è sconfitto… Tanti giorni prima di andare in viale Caprera, sento il campanello della porta, vado per aprire e dalle persiane vedo questa figura nera, una testa quadrata con occhi grandi che mi guardava con odio e disprezzo. Ho aperto subito e non c’era nessuno, perché quel mostro era sparito…Ho pensato che il demonio non poteva soffrire di iniziare l’Opera. Questa figura lunga, nera la vedevo spesso quando andavamo in chiesa mentre scendevo le scale, vedevo però che si metteva da una parte per lasciarmi passare.” Nel 1951 scrive sempre sul suo diario: “Un giorno, in viale Caprera, ero sola in Cappella e pregavo perché la Madonna illuminasse delle persone per darci i mezzi a costruirci la casa. Vedo entrare in Cappella una figura come un mostro in forma di pesce grande sollevato da terra, aveva la testa quadrata brutta, gli occhi grossi. Mi ha guardato con rabbia e, come in atto di picchiarmi, mi ha dato uno schiaffo… L’indomani compare nel viso vicino all’occhio un piccolo foruncolo, questo s’ingrandisce tanto che mi copre l’occhio. Ho sofferto molto…”. Don Marcello Stanzione |
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