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Don Tomaselli ed il Purgatorio PDF Print E-mail
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Don Tomaselli ed il PurgatorioIl famoso esorcista siciliano il salesiano don Tomaselli in uno dei suoi numerosi opuscoli così scrisse: “ Mia madre era di grande esemplarità e devo a lei in gran parte la mia vocazione sacerdotale. Ogni giorno andava a Messa, anche nella vecchiaia. La Comunione era quotidiana. Mai tralasciava il Rosario. Caritatevole, sino a perdere un occhio mentre compiva un atto di squisita carità verso una povera donna. Uniformata ai voleri di Dio, tanto da chiedermi quando mio padre era disteso cadavere in casa: “Che cosa posso dire a Gesù in questi momenti per fargli piacere? – ripeta: Signore, sia fatta la Tua volontà -. Sul letto di morte ricevette gli ultimi Sacramenti con viva fede. Poche ore prima di spirare, soffrendo troppo, ripeteva: “O Gesù, vorrei pregarti di diminuire le mie sofferenze!” Però non voglio oppormi ai tuoi voleri; fa la Tua volontà!...” Così moriva quella donna che mi portò al mondo. Basandomi sul concetto della Divina Giustizia, poco curandomi degli elogi che potessero ...

...  fare i conoscenti e gli stessi sacerdoti, intensificai i suffragi. Gran numero di sante Messe, abbondante carità ed, ovunque predicavo, esortavo i fedeli ad offrire comunioni, preghiere ed opere buone in suffragio. Iddio permise che la mamma apparisse. Ho studiato ed ho fatto approfondire la questione a bravi Teologi e si è concluso: E’ stata una vera apparizione! – Da due anni e mezzo mia madre era morta. Ecco all’improvviso apparire nella stanza , sotto sembianze umane. Era triste assai. – Mi avete lasciata nel Purgatorio!... – Sinora in Purgatorio siete stata? – E ci sono ancora!... L’anima mia è circondata di oscurità e non posso vedere la Luce, che è Dio!... Sono alla soglia del Paradiso, vicino al gaudio eterno, e spasimo del desiderio di entrarvi; ma non posso! Quante volte ho detto: Se i miei figli conoscessero il mio terribile tormento, ah! Come verrebbero in mio aiuto!... – E perché non veniste prima ad avvisare? – Non era in mio potere. – Ancora non avete visto il Signore? – Appena spirata, ho visto Dio, ma non in tutta la sua luce. – Cosa possiamo fare per liberarvi subito? – Ho bisogno di una sola Messa. Iddio mi ha permesso di venirla a chiedere. – Appena entrate in paradiso, ritornate a darne notizia! – Se il Signore lo permetterà!... Che Luce… che splendore!... – Così dicendo si dileguò la visione. Si celebrarono due Messe e dopo un giorno riapparve, dicendo: Sono entrata in Paradiso!- Dopo quanto ho esposto, dico a me stesso: Una vita esemplarmente cristiana, una grande quantità di suffragi… e due anni e mezzo di Purgatorio!...Altro che i giudizi degli uomini!” (Don Giuseppe Tommaselli, I Nostri Morti, Messina ,1953, pag. 7-10).

 Non tutte le anime salvate entrano in cielo dopo la morte: al contrario la concezione comune a tutti i dotti teologi  ed ai santi cattolici è che la maggior parte dei morti in età adulta debba passare attraverso una purificazione che chiamiamo purgatorio. In Matteo 12,32, Cristo dice: “A chi avrà sparlato contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato né in questo mondo né nel futuro”. Queste parole fanno per lo meno pensare che ci siano altri peccati (non contro lo Spirito Santo) che possono venir perdonati anche nel mondo futuro; su questo passo fondano l’esistenza del Purgatorio S. Agostino, S. Gregorio Magno, il venerabile. Beda e S. Bernardo. Altrove (Matteo 5,25, 26) Cristo dice in una parabola: “Conciliati presto col tuo avversario, mentre sei con lui in istrada; affinché il tuo avversario non ti consegni al giudice e il giudice al ministro; e tu sii cacciato in prigione. Ti dico in verità: non ne uscirai prima di aver pagato l’ultimo centesimo”. Vi è dunque un “carcere” da cui si esce, ma solo dopo aver pagato l’ultimo centesimo. E qual è questo carcere? Non è l’inferno, perché da esso non si esce mai. Non è neppure un carcere al di qua della tomba, perché al di qua si è ancora sempre “per la strada” col proprio avversario. Dunque nell’aldilà, oltre all’inferno vi è un altro carcere ed esso è il Purgatorio. Così spiegano Tertulliano, S. Cipriano, Origene e S. Gerolamo. Da Costantinopoli, S. Giovanni  Crisostomo (morto nel 407) afferma : “Non senza ragione gli Apostoli hanno disposto che durante la celebrazione dei ministeri d’adorazione si pensi ai morti; infatti essi ne ottengono gran vantaggio ed utilità. Le nostre preghiere non dovrebbero conciliar Dio con loro, quando accanto ai sacerdoti sta tutto il popolo, con le mani alzate, mentre sull’altare è presente la Vittima, degna d’adorazione? Certo questo vale soltanto per coloro che sono morti nella fede”.

Dalla Spagna S. Isidoro di Siviglia (morto nel 636) afferma: “Su tutta la terra si prega e si sacrifica per la tranquillità delle anime dei fedeli morti, e noi crediamo che così ci è stato insegnato di fare dagli Apostoli. Ovunque infatti la Chiesa cattolica osserva quest’usanza, cosa che non farebbe se non credesse che attraverso le elemosine ed i sacrifici le anime dei defunti ricevano il perdono delle loro colpe”. Del resto già quattro secoli prima l’africano Tertulliano (morto nel 240) testimonia l’usanza della Chiesa al suo tempo, di pregare per i morti e far celebrare delle Messe alla ricorrenza della loro morte. Perfino Lutero scrisse: “Bisogna credere fermamente nel Purgatorio ed io so che le povere anime soffrono pene indicibili e le si  deve aiutare con preghiere, digiuni, elemosine, e tutto ciò che van dicendo gli eretici, poiché sono più di 1100 anni che S. Agostino nel nono libro delle sue Confessioni prega per sua madre e suo padre, e vuol pregare ancor di più, e la stessa sua madre, negli ultimi momenti della sua vita /com’egli scrive) aveva desiderato di essere ricordata nelle preghiere sull’altare; ed egli racconta che lo stesso era successo a S. Ambrogio”. Ed un grande avversario dei cattolici, il teologo protestante Tschackert, confessò una volta: “Dobbiamo concedere questo ai cattolici: è una contraddizione assoluta il salire al cielo con dei peccati, siano essi compensati da penitenza o no, dobbiamo allora pensare che anche dopo il perdono dei peccati avvenga un loro annullamento dopo la morte, una espiazione nell’aldilà per i cristiani credenti” .

Gli Ebrei esprimono ancor oggi, con le loro usanze, la fede nell’aiuto che si può dare ai morti. L’ebreo dott. Ruppin scriveva nel secolo scorso a questo proposito: “Dato che la morte e la venerazione degli spiriti dei morti, ad essa legata, è la base fondamentale di tutte le religioni, ancor oggi nel sentimento religioso degli Ebrei dell’est essa ha una notevole importanza. E’ dimostrativo a questo proposito il fatto che per i figli di un morto è un dovere sacro pronunciare nel tempio ogni giorno per un anno, dopo la morte del padre, ed in seguito ogni anno nel giorno commemorativo, la preghiera del Kaddisch, una preghiera che è una lode di Dio e che deve portare tranquillità e pace all’anima del defunto”.

Il filosofo Schopenhauer, libero pensatore, scrive nella sua opera: “Esperimento sulla possibilità di vedere gli spiriti”: “La negazione della possibilità di una vera apparizione dopo la morte, dunque in certo senso della presenza reale e personale di un defunto, non può basarsi su nient’altro che sulla persuasione che la morte sia l’assoluto annullamento dell’uomo. Finché manca questa persuasione non si può escludere che un essere che esiste ancora in un qualche luogo, non si possa in qualche modo manifestare e non possa influire su un altro, che pur si trovi in un altro stato”.

Don Marcello Stanzione

 
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