Padre Jouet e il museo sul Purgatorio a Roma |
Sul Lungotevere Prati, in prossimità del Castel Sant’Angelo, in una chiesa di stile gotico francese dedicata al Sacro Cuore del Suffragio, ha sede “Il museo delle anime del Purgatorio”. Proprio visitando questo singolare museo mi è venuta l’ispirazione di scrivere un opuscolo sulle apparizioni straordinarie delle anime purganti. Il museo di Roma è una piccola finestra dalla quale è possibile scorgere qualcosa della misteriosa vita dei morti. Questa finestra – unica al mondo – venne aperta (con l’approvazione di Papa Benedetto XV) da padre Victor Jouet, un sacerdote francese missionario del Sacro Cuore. Ma cosa mosse padre Jouet – già fervente apostolo della devozione alle anime del Purgatorio (aveva fondato un’associazione per il suffragio delle anime sante) – a raccogliere l’impressionante, ancorché modesta documentazione che costituisce il museo? Fu lo straordinario, sensazionale fatto accaduto, il 15 novembre 1897, in una cappella dedicata alla Madonna del Rosario all’interno ... ... di un piccolo oratorio fatto erigere nel maggio del 1893 dallo stesso padre Jouet. Quel giorno, nell’altare della cappella si sviluppò, improvvisamente e misteriosamente, un incendio durante il quale ai fedeli che affollavano la cappella parve scorgere, fra le fiamme, l’immagine del volto di una persona sofferente. A incendio spento l’immagine intravista risultò delineata in un pannello di legno situato sulla sinistra dell’altare. Poiché molti dei presenti ritennero il fatto una manifestazione soprannaturale, più precisamente l’apparizione di un’anima del Purgatorio, la voce di quanto era accaduto nella cappella della Madonna del Rosario nel Lungotevere si diffuse rapidamente per la città facendo gridare al miracolo. L’afflusso della gente accorsa ad osservare l’immagine rimasta impressa nel pannello e le conseguenti scene di esaltazione e fervore furono tali che le autorità ecclesiastiche, preso atto dello straordinario, inesplicabile evento, dovettero, per motivi prudenziali, sottrarre alla vista dei fedeli. Padre Jouet, in considerazione della grande devozione alle anime del Purgatorio suscitata dalla presunta o reale apparizione di quella figura umana dolorante, ritenendo comunque l’evento un mezzo usato dalla Provvidenza per richiamare i vivi a ricordarsi dei defunti, ovvero una arcana richiesta di preghiere indirizzata dalle anime della Chiesa purgante a quelle della Chiesa militante, consacrò le sue energie alla costruzione di una chiesa. Una chiesa – l’attuale – che avrebbe dovuto ricordare alle generazioni future – oltre al misterioso fatto del 15 novembre 1897 – l’esistenza di un luogo dove i trapassati, soffrendo senza meritare, attendono dai viventi la carità di quei suffragi (preghiere, Messe e opere di bene) capaci di alleviare e abbreviare le loro sofferenze. Nella nuova chiesa dedicata al Sacro Cuore del Suffragio venne collocato il pannello nel quale è impresso quello che sembra essere il volto di una persona sofferente, ma – anche per proteggerlo dalle offese del tempo – si preferì occultarlo con un trittico rappresentante la Madonna tra gli angeli (ma una riproduzione del pannello è visibile appesa in una parete della stanza adibita a museo). Padre Jouet, ardente apostolo del suffragio delle anime del Purgatorio, stimolato dall’interesse e dalla devozione suscitati nel fedeli dal misterioso evento, pensò di realizzare ciò che da lui stesso sarà chiamato “Museo Cristiano dell’oltretomba”. Per tradurre in realtà questa sua idea si mise alla ricerca di testimonianze e documenti che, in qualche modo, potessero richiamare fermare l’attenzione dei credenti sulla realtà del Purgatorio:il frutto delle sue ricerche costituisce il più originale e, perché no?, interessante museo del Pianeta. Il piccolo museo non ha, ovviamente, mire speculative. Tanto meno di lucro. L’unico autentico fine di questa originale, unica raccolta e conservazione di cimeli fu, ed è, quella di far pensare alla vita dopo la morte. E di rammentare ai più o meno distratti mortali che esiste una prigione – il Purgatorio – dalla quale non si esce fino a quando non si è pagato l’ultimo spicciolo. Del resto gli interesse religiosi, missionari del Sacro Cuore, ai quali è affidata la custodia dei cimeli, precisano che le documentazioni del museo hanno un valore solamente umano. Non possono cioè costituire una prova riguardante la fede. Anche si tratta di testimonianze di fatti che hanno la garanzia di persone degne di essere credute, la fede nell’aldilà si basa su motivi bene al disopra di prove di questo genere. I cimeli esposti nel museo furono raccolti per tener desta e ravvivare nei fedeli il ricordo delle anime dei defunti: esso adempie pertanto lo stesso ufficio proprio di tutti gli elementi sensibili atti a suscitare la devozione e ad alimentare la pietà religiosa. I visitatori del museo, come non devono assumere atteggiamenti aprioristicamente scettici, non devono farsi condizionare nella fede in una vita oltre la morte da ciò che osservano. I documenti del museo dovrebbero essere oggetto di ricerca e di studio per accertare, in positivo o in negativo, il loro valore. (Per alcuni studiosi di parapsicologia questi cimeli, più che presentare tracce di esseri dell’aldilà, sono una testimonianza della trasformazione ed esteriorizzazione dell’energia somatica dei vivi. Insomma sarebbero i vivi, in virtù di quel fenomeno che i parapsicologi definiscono “drammatizzazione” a provocare, inconsciamente, quelle impronte di fuoco attribuite alle anime del Purgatorio). Prima di elencare i cimeli ritengo utile citare le parole di mons. Benedetti, primo successore e continuatore dell’opera do padre Jouet. “C’è gente che a priori scuote le spalle e fa un risolino dinanzi alle manifestazioni sensibili dell’aldilà, e nega risolutamente il fatto, e taluni anche la possibilità del fatto… Non è giusto rigettare senza esame le testimonianze di persone rispettabili, degne di fede, la cui virtù, per alcune, fu riconosciuta pubblicamente dalla Chiesa. Certo, bisogna andar cauti, bisogna vagliare e studiare, ma nemmeno dai criteri semplicemente umani e scientifici è ammesso l’apriorismo della negazione, quando un fatto non si spiega altrimenti che con l’intervento del soprannaturale. Il soprannaturale esiste e, ci spaventi o no, se esiste deve potersi manifestare. La vita delle anime purganti è “vita”, e perciò ammette manifestazioni tali la cui cerchia ci sfugge, ma che non si può ragionevolmente negare. Dio è padrone dello spirito e della materia, creatore dell’uno e dell’altra: quale meraviglia che egli voglia – sempre a vantaggio delle sue creature – servirsi dell’uno e dell’altra in modi a noi sconosciuti? Le negazioni sistematiche, i sorrisetti sdegnosi sono fuor di luogo: lasciamo limpida la fede e non turbiamo la vera scienza”. I dieci cimeli conservati nel museo, posti bene in evidenza in una grande bacheca, sono elencati nell’ordine della loro disposizione. Eccone la trascrizione: 1) Riproduzione fotografica dell’altare della Madonna del Rosario di una cappella esistente prima dell’anno 1900 tra la chiesa attuale e la casa religiosa. E’ visibile l’immagine rimasta sulla parete dopo il piccolo incendio avvenuto il 15 novembre 1897. 2) Impronta di tre dita lasciata la domenica del 5 marzo 1871 sul libro di devozione di Maria Zaganti della parrocchia di S. Andrea di Poggio Berni (Rimini) dalla defunta Palmira Rastelli, sorella del parroco, morta il 28 dicembre 1870, la quale chiedeva, per mezzo dell’amica, al fratello don Sante Rastelli, l’applicazione di Sante Messe. 3) Apparizione, nel 1875, di Luisa Le Sénèchal, nata a Chanvrières, morta il 7 maggio 1873, a suo marito Luigi Le Sénèchal, nella loro casa di Ducey (Marche – Francia) per chiedergli preghiere: lascia come segno l’impronta di cinque dita sul berretto da notte. Secondo il racconto autentico dell’apparizione, la bruciatura sul berretto fu fatta dalla defunta perché il marito documentasse con segno visibile alla loro figlia la richiesta di celebrazione di Sante Messe. 4) Fac- simile fotografico (l’originale si conserva a Winnenberg) di una impronta di fuoco lasciata, il sabato 13 ottobre 1696, sul grembiule di suor Maria Herendorps, relisiosa conversa del monastero Benedettino di Winnenberg presso Warendorf (Westphalia), dalla mano della defunta suor Chiara Schoelers, religiosa corista del medesimo ordine, morta di peste nel 1637. Nel basso della fotografia c’è l’impronta bruciata di due mani, lasciata dalla stessa suora sopra una striscia di tela. 5) Fotografia di un’impronta lasciata dalla defunta signora Leleux sulla manica della camicia di suo figlio Giuseppe nella sua apparizione, la notte del 21 giugno 1789, a Widecq (Belgio). Secondo il racconto del figlio, la madre era morta da 27 anni, quando gli apparve la notte del 21 giugno 1789, dopo che per undici notti di seguito egli aveva inteso rumori che l’avevano spaventato e fatto ammalare. La madre gli ricordava obblighi di Sante Messe, come da legato paterno, e gli rimproverava la vita dissipata, pregandolo di cambiare condotta e di lavorare per la Chiesa. Quindi gli pose la mano sulla manica della camicia, lasciandogli un’impronta visibilissima. Giuseppe Leleux si ravvide e fondò una Congregazione di pii laici. Morì in concetto di santità il 19 aprile 1825. 6) Impronta di fuoco lasciata da un dito della pia suor Maria di San Luigi Gonzaga, apparsa a suor Margherita del Sacro Cuore la notte tra il 5 e il 6 giugno 1894. La relazione del fatto, conservata nel monastero di S. Chiara del Bambino Gesù di Bastia (Perugia) racconta come la suddetta suor Maria di San Luigi Gonzaga, soffrendo da circa due anni di tisi con forti febbri, tosse, asma ed emottisi, fosse presa da scoraggiamento e quindi dal desiderio di morire subito per non soffrire. Però essendo molto fervorosa, all’esortazione della Madre superiore, si rimise con calma alla volontà di Dio. Alcuni giorni dopo, la mattina del 5 giugno 1894, santamente spirò. Apparve nella notte tra il 5 e il 6 giugno, vestita da Clarissa, circondata da ombre ma riconoscibile. A suor Margherita, che meravigliata le chiese dove si trovasse, rispose che era in Purgatorio dovendo espiare il suo moto d’impazienza di fronte alla volontà di Dio. Chiese preghiere di suffragio e, per attestare la realtà della sua apparizione posò l’indice sulla fodera del cuscino e promise di tornare. Riapparve infatti alla medesima suora il 20 e il 25 giugno per ringraziare, e per dare avvisi spirituali alla Comunità, prima di entrare in Paradiso. 7) Impronte lasciate su una tavoletta di legno, sul panno della manica della tonaca e sulla tela della camicia della venerabile Isabella Fornari, badessa delle Clarisse del monastero di San Francesco a Todi, dalle mani del defunto padre. Panzini, abate Olivetano di Mantova, il 1° novembre 1731. Sono quattro impronte: una della mano sinistra sopra una tavoletta di cui si serviva la venerabile Badessa per il suo lavoro (è molto ben visibile con un segno di croce impresso profondamente nel legno). La seconda, della stessa mano sinistra, su un foglio di carta. Un’altra impronta, della mano destra, sulla manica della tonaca. La quarta è la medesima impressione che, oltrepassando la tonaca, ha bruciato la tela della camicia della suora, macchiata di sangue. La relazione del fatto è data dal p. Isidoro Gazala del SS. Crocifisso, confessore della Venerabile, alla quale ordinò per obbedienza di tagliare i pezzi della tonaca, della camicia e della tavoletta perché gli fossero consegnati e quindi conservati. 8) Impronta lasciata sopra un libro di Margherita Demmerlé, della Parrocchia di Ellinghen (Diocesi di Metz), dalla suocera apparsale 30 anni dopo la morte (1785 – 1815). La defunta appariva nel costume del paese come una pellegrina: scendeva dalla scala del granaio, gemendo e guardando con tristezza la nuora, quasi a chiederle qualche cosa. Margherita Demmerlé, consigliata dal parroco, in una successiva apparizione le rivolse la parola ed ebbe questa risposta: “Sono tua suocera, morta di parto 30 anni fa. Vai in pellegrinaggio al Santuario di Nostra Signora di Mariental e lì fai celebrare due Sante Messe per Me”. Dopo il pellegrinaggio, l’apparizione si mostrò di nuovo per annunciare a Margherita la sua liberazione dal Purgatorio. Alla nuora che, per consiglio del parroco domanda un segno, lascia, posando la mano sul libro “L’imitazione di Cristo”, il segno di una bruciatura. 9) Impronta di fuoco che lasciò il defunto Giuseppe Schitz toccando con l’estremità delle cinque dita della mano destra un libro di preghiere in lingua tedesca di suo fratello Giorgio, il 21 dicembre 1838, a Sarralbe (Lorena). IL defunto chiedeva preghiere di suffragio per riparare la sua poca pietà in vita. 10) Fotocopia di una carta da lire 10. Tra il 2 settembre 1918 e il 9 novembre 1919, ne furono lasciate complessivamente 30, presso il Monastero di San Leonardo in Montefalco, da un sacerdote defunto che chiedeva applicazioni di Sante Messe. (L’originale di questo biglietto di banca è stato restituito al Monastero di San Leonardo dove è conservato). Don Marcello Stanzione |
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