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San Massimiliano Kolbe: l’Apostolo della Medaglia Miracolosa PDF Stampa E-mail

San Massimiliano Kolbe: l’Apostolo della Medaglia MiracolosaRaimondo, più tardi divenuto frate francescano conventuale col nome di fra Massimiliano fu beatificato dal Papa Paolo VI nel 1971 e canonizzato da Giovanni Paolo II nel 1982. San Massimiliano che morì  martire del lager nazista di Auschwitz, fu un apostolo zelantissimo della Medaglia Miracolosa. Era nato in Polonia, presso Lodz, il 7 gennaio 1894. Entrato nella congregazione dei Frati Minori Conventuali, aveva studiato per sette anni a Roma, ove fu ordinato sacerdote il 28 aprile 1919. Ancor prima dell’ordinazione sacerdotale aveva creato la Milizia dell’Immacolata e, nel 1922, la rivista “ Il cavaliere dell’Immacolata” che diffonderà in tutto il mondo raggiungendo tirature altissime. Volle celebrare la sua prima Messa nella cappella di S. Andrea delle Fratte, dove l’Immacolata era apparsa ed aveva convertito l’ebreo Alfonso Ratisbonne nel 1842. Una manifestazione faziosa di massoni, avvenuta in Piazza San Pietro nel 1917, aveva scosso il giovane, ancora suddiacono. ... 

...  Con alcuni compagni, altrettanto decisi e zelanti, aveva allora fondato la “Milizia dell’Immacolata”, che oggi conta milioni di adepti in tutto il mondo. Nel programma tracciato dal fondatore, ogni attività di santificazione propria e di apostolato per la conversione degli eretici e specialmente dei massoni, viene posta sotto il patrocinio dell’Immacolata della Medaglia Miracolosa.

I membri della “Milizia” devono portare al collo la Medaglia: “Sul nostro petto – dice il regolamento – essa sarà come un segno della nostra consacrazione interiore”. Tutti inoltre debbono recitare almeno una volta al giorno la giaculatoria della Medaglia, così modificata: “O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi e per quelli che non ricorrono, specialmente per i nemici della Chiesa”. “Le Medaglie – soleva dire il p. Kolbe – sono le mie cartucce”.

Nel 1926, scriveva nel periodico “Il Cavaliere dell’Immacolata”. “Bisogna distribuire la Medaglia Miracolosa ovunque è possibile: ai fanciulli, perché la portino al colo, ai vecchi e soprattutto ai giovani, perché sotto la protezione  di Maria abbiano la forza sufficiente per esistere alle innumerevoli tentazioni e pericoli che oggi li insidiano. Anche a coloro che non entrano mai in chiesa, che hanno paura della confessione, si fanno beffe delle pratiche religiose, ridono della verità della fede, sono immersi nel fango dell’immortalità, oppure che se ne stanno al di fuori della Chiesa, nell’eresia: a tutti costoro bisogna assolutamente offrire la medaglia dell’Immacolata e sollecitarli affinché la portino volentieri e, contemporaneamente, pregare con fervore l’Immacolata per la loro conversione”.

Una delle più note conversioni operate dal P. Kolbe per mezzo della Medaglia Miracolosa, fu quella del massone polacco Stempowski, che nel 1927 era Gran Maestro della loggia massonica di Varsavia e della Polonia. Il p. Kolbe si recò a trovarlo nella sua abitazione ed ottenne che accettasse una Medaglia e promettesse di portarla con sé. Terminata la guerra e liberata Varsavia nel 1945, Stempowski fu commosso dalla notizia del martirio dell’umile fraticello nel campo di concentramento, fraticello che anch’egli aveva conosciuto. Fu questo caro ricordo che lo ricondusse in seno alla Chiesa Cattolica.

Poco dopo morì con la Medaglia Miracolosa tra le mani ed ebbe sepoltura cattolica.

Quando nel 1939 i tedeschi occupano la Polonia, padre Kolbe si trova nella sua terra e non teme di prendere posizione contro i nazisti.

Diventa ben presto una figura scomoda, e nel febbraio 1941 è internato nel lager di Auschwitz al blocco 14 con il numero 16.670. La fine del p. Kolbe commuove ancora il mondo. Nel luglio del 1941, per la fuga di un prigioniero dal campo di Auschwitz, il comandante tedesco Fritsch designò dieci detenuti per la cella della morte, al posto di quello fuggito.

Quando il dito del comandante si fermò sul vicino del p. Kolbe, il pover’uomo scoppiò in un pianto disperato, chiamando a gran voce i suoi bambini e la sua sposa.

Fu allora che il p. Kolbe fece un passo avanti, dicendo a Fritsch: “Vi prego di accettare la mia vita in cambio della vita di questo padre di famiglia. – Chi siete? – domandò il tedesco. – Un sacerdote cattolico. – Accetto!.

Così il p. Kolbe entrò nella cella della morte con gli altri nove. Abituato ad una vita ascetica ed alle rinunzie, egli poté vedere i suoi compagni morire di inedia ad uno ad uno, assistendoli amorosamente. Alla fine i nazisti, per affrettare la sua morte, gli iniettarono nelle vene un terribile veleno. Morì all’età di 47 anni il 14 agosto 1941, vigilia della festa mariana dell’Assunta, e dopo due settimane di indicibili sofferenze nel porgere il braccio per la puntura di acido fenico, fra’ Massimiliano serenamente esclamò: “ Ave Maria””. 

Il suo corpo fu subito bruciato dai tedeschi. Il bunker di Auschwitz è sempre pieno di fiori in sua memoria.

Don Marcello Stanzione

 
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