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Il beato Isidoro Bakanja e lo scapolare del Carmine PDF Stampa E-mail

Il beato Isidoro Bakanja e lo scapolare del CarmineIsidoro Bakanja nasce in Zaire (all’epoca il Congo belga), a Mbilankamba, presso i Boangi, membri della grande etnia Mongo, verso il 1885. Suo padre Yonzwa e sua madre Inyka ebbero altri due figli, un maschio  e una femmina. Intorno al 1905, Isidoro si fa assumere come aiuto muratore in una ditta edile a Mbakanda. In quel periodo segue il catecumenato dei Padri trappisti, viene battezzato il 6 maggio 1906 e in quello stesso giorno riceve lo Scapolare del Monte Carmelo, che da allora porterà sempre. Isidoro viene cresimato nello stesso anno e farà la prima Comunione nel 1908. Serio nel lavoro, onesto e coscienzioso, il giovane era anche un cristiano molto “impegnato” e, colpiti dalla sua saggezza, furono in molti a sceglierlo come catechista. Sapeva imporsi una tale disciplina che le sue attività religiose non interferivano mai con la sua vita professionale. Isidoro sceglie di seguire il suo nuovo padrone, che lo apprezzava per l’infaticabile impegno  nel lavoro, per l’onestà ... 

...  e la cortesia, che è appena stato trasferito a Ikili. Isodoro viene avvertito che, in quella città, alcuni dirigenti della S.A.B. (una società per azioni belga) manifestano una grande avversione per i cristiani. Il responsabile della ditta, Van Cauter, fanatico nemico del Cattolicesimo non tollera l’influenza religiosa che Bakanja esercita sugli altri lavoratori, né i segni esteriori della sua vita cristiana, in particolare lo Scapolare che porta al collo.

Il suo odio è rafforzato dal comportamento rispettoso, irreprensibile, molto coraggioso e pieno di convinzione nelle sue credenze religiose che caratterizza Isidoro. E’ nel febbraio 1909 che, per la prima volta, Van Cauter ordina maleducatamente a Isidoro, che lo serviva a tavola, di togliersi lo Scapolare. Il giovane risponde calmo:” Capo,tu esigi che io tolga la veste della Santa Vergine. Io non lo farò. Come cristiano, ho diritto di indossare il mio Scapolare”.

L’indomani, Van Cauter ordina ai suoi di infliggere a Bakanja 25 colpi di “chiotte” (frusta di cuoio) e lui sopporta la tortura con pazienza angelica. Isidoro continua a condurre la sua normale esistenza di lavoratore, cristiano e catechista. Van Cauter non tollera più la sua influenza e ingiunge a Isidoro di non diffondere più “la robaccia che hai imparato dai Padri”, e continua dicendo:”Non voglio più cristiani qui, capito?”. Strappa poi lo Scapolare al giovane e lo getta al suo cane. Poi va lui stesso a prendere la chicotte di pelle d’elefante, munita di due chiodi, e fa picchiare Isidoro a sangue.

Coloro che erano stati incaricati di farlo dapprima si rifiutano di obbedire, ma poi sono costretti a cedere, minacciati di incorrere nello stesso supplizio, mentre Van Cauter colpisce il martire a calci. I testimoni al processo di beatificazione, nel 1913, parlarono di almeno duecento colpi. Dopo il supplizio, Isidoro, in stato di incoscienza, viene portato in prigione. Van Cauter gli impone due anelli metallici ai piedi, chiusi da una catena e fissati ad un enorme peso. Isidoro, ferito, rimarrà lì quattro giorni, senza ricevere cure né cibo.

In quei giorni, giunge a Ikili la notizia dell’arrivo di un ispettore della Società. Colto dal panico, Van Cauter fa trasportare Isidoro a Isako, per nasconderlo. Isidoro però si lascia scivolare ai bordi di una palude, nei pressi della via che porta all’imbarcadero. E’ lì che lo troverà l’ispettore Dorpinghaus, che dichiarerà poi che il corpo di Isidoro era ridotto ad una piaga purulenta invasa dalle mosche. Quell’uomo retto ed umano lo fa trasportare in barca fino a Busira e lo fa curare da un cugino, ma era ormai troppo tardi e l’infezione non poteva più essere fermata.

L’inchiesta che seguì rivelò che il caso di Bakanja non era affatto isolato: i dirigenti della S.A.B. stavano conducendo una vera e propria persecuzione nei confronti delle missioni cattoliche.

La parola d’ordine era: impedire in ogni modo possibile che gli operai indossassero uno Scapolare o un rosario. Al termine di un processo in cui venne messa in luce la totale innocenza del martire, Van Cauter venne condannato a due anni e mezzo di reclusione. Ma Bakanja non era riuscito a rimettersi dalle ferite.

Alla fine del luglio 1909, un Padre trappista gli amministrò gli ultimi sacramenti. Isidoro espresse il perdono che concedeva generosamente al suo carnefice ed assicurò che avrebbe pregato molto per lui, una volta in cielo.

Il 15 agosto 1090, nella festa dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, sfinito nel fisico dopo sei mesi di intollerabili sofferenze, Isidoro Bakanja spirò serenamente. Tutti i testimoni sono concordi nel dire che Van Cauter aveva fatto flagellare Isidoro a morte, a causa del suo essere cristiano e dell’odio che riservava ai discepoli del Cristo. E fu lo Scapolare che portava ben visibile indosso, come un segno della sua consacrazione a Maria, che aveva esasperato quell’uomo brutale, portandolo a decidere di sopprimere il coraggioso catechista.

Isidoro Bakanja è stato proclamato Beato da Sua Santità Papa Giovanni Paolo II il 24 aprile 1994 nel corso dell’assemblea speciale del Sinodo dei vescovi. Durante l’omelia il papa disse: “… Sei stato un uomo dalla fede eroica, Isidore Bakanja, giovane laico dello Zaire. In quanto battezzato, chiamato a diffondere la Buona Novella, hai saputo condividere la tua fede e hai testimoniato Cristo con tanta convinzione che, ai tuoi compagni, sei apparso come uno di quei valorosi fedeli laici che sono i catechisti.

Si, beato Isidoro, pienamente fedele alle promesse del tuo battesimo, sei stato realmente un catechista, hai operato generosamente per “la Chiesa in Africa e la sua missione evangelizzatrice”. Isidoro, la tua partecipazione al mistero pasquale di Cristo, all’opera suprema del suo amore, è stata totale. Poiché volevi rimanere fedele a tutti i costi alla fede del tuo battesimo, hai subito la flagellazione come il tuo Maestro. Hai perdonato i tuoi persecutori, come il Maestro sulla Croce; e hai dimostrato di essere artefice di pace e di riconciliazione. In un’Africa dolorosamente provata dalle lotte tra etnie, il tuo esempio luminoso è un invito alla concordia e al riavvicinarsi tra i figli dello stesso Padre celeste.

Tu hai praticato la carità fraterna verso tutti, senza distinzione di razza o di condizione sociale; ti sei guadagnato la stima e il rispetto dei tuoi compagni, molti dei quali non erano cristiani. Ci mostri così il cammino del dialogo necessario tra gli uomini.”.

Lunedì 25 aprile 1994 ai fedeli africani  giunti per la beatificazione, Giovanni Paolo II disse “…Cari fratelli e sorelle,mi rallegro che la Chiesa dello Zaire abbia ora, dopo la beata Anwarité, un altro modello laico di fedeltà alla testimonianza evangelica.

Il beato Isidore Bakanja, di cui potete essere orgogliosi e dal quale siete invitati a prendere esempio, ci offre messaggi di grande attualità. Innanzitutto, ci ricorda l’importanza della preghiera quale sostegno per una vita cristiana autentica.

In seguito, ci mostra che siamo tutti chiamati a cooperare alla missione evangelizzatrice della Chiesa attraverso una vita di testimonianza…”. E ancora il papa sottolineò l’importanza dello scapolare della Madonna del Carmine: “ Il beato Isidoro che amava la preghiera del rosario e portava lo Scapolare della Vergine del Monte Carmelo, costituisce un modello di devozione a Maria. Nel momento in cui tutta l’umanità giunge alle soglie del terzo millennio, la Chiesa, in Africa e altrove, ha bisogno di voltarsi verso la Madre del Redentore per implorare la sua assistenza materna nei molteplici problemi che oggi accompagnano la vita delle persone, delle famiglie e delle nazioni. Abbiamo bisogno di lei come guida per portare la luce laddove regna l’ignoranza, per instaurare la giustizia dove regna l’oppressione e per far regnare la concordia là dove imperversano i conflitti.

Cari fratelli e sorelle, possiate ripartire da Roma più forti, per far fronte alle difficoltà della vira con lo stesso coraggio di cui ha dato prova il beato Isidore Bakanja. Possiate essere, come lui, apostoli della riconciliazione, artefici di dialogo e agenti di pace: ecco gli uomini e  le donne di cui lo Zaire ha bisogno, ecco gli uomini e  le donne di cui l’Africa intera ha bisogno, affinché tutti gli abitanti di questo continente possano svilupparsi pienamente e offrire al mondo le ricchezze di fede, speranza e carità di cui sono portatori con gioventù e entusiasmo e di cui i nostri contemporanei hanno bisogno”. (Dal discorso ai fedeli Giunti per la Beatificazione, Lunedì, 25 aprile 1994)

Don Marcello Stanzione

 
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