Padre Tomas Tyn e l’Arcangelo San Raffaele |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions Il servo di Dio il padre domenicano Tomas Tyn nato nella repubblica Ceca nel 1950 è morto defunto in concetto di santità nel 1990. Padre Tomas insegnò nello studio teologico domenicano di Bologna e realizzò in maniera esemplare la congiunzione tra lo studio e l’insegnamento della teologia con la santità di vita. Padre Tyn dotato di eccezionali qualità intellettuali, fornito di una enciclopedica cultura, sempre fedele sia alla dottrina di san Tommaso d’Aquino sia al magistero della Chiesa, ha saputo esprimere un pensiero teologico nel quale si armonizzano insieme la tradizione e l’aggiornamento. Nel 2006 è stata avviata la sua causa di beatificazione. Tra le sue omelie ne troviamo una molto bella su l’arcangelo Raffaele. Padre Tomas scrive: “ Oggi 24 ottobre la liturgia dei tempi antichi prevedeva una memoria particolare di san Raffaele. Perciò penso che la festa odierna, che tributa un onore particolare a questo Arcangelo, uno dei sette che stanno davanti al volto del Signore, ... ... ci proponi a meditare anzitutto sulla bontà, sulla misericordia e sulla grandezza di Dio onnipotente, il quale manifesta la sua bontà e la sua perfezione. Cari fratelli, Dio è pienezza dell’essere, non è causato da un altro essere superiore ed è la causante incausata di tutte le cose. La pienezza dell’essere non può ricevere altro essere da altri. Dio è l’oceano dell’essere, come dicevano i Padri della Chiesa. San Tommaso scrisse: “Deus est actus purus essendi”. Dio è l’atto puro dell’essere. Perciò Dio non può essere causato. C’è un altro punto su cui dobbiamo riflettere: Dio, se da un lato non può essere causato, dall’altro non è tenuto a causare. Molti pensatori hanno affermato che Dio è quasi obbligato a creare l’uomo. Pensate per esempio all’emanazionismo dei neoplatonici; pensate più recente al sistema hegeliano. Hegel ha osato affermare che “senza il mondo, Dio non sarebbe Dio”. Questa prospettiva sembra obbligare il Signore a creare il mondo. Invece il dogma cattolico e la sana ragione metafisicamente approfondita ci dicono che Dio, pienezza dell’essere, è sovranamente libero nel chiamare all’essere le cose che non sono, come dice anche san paolo apostolo nella Lettera ai Romani. Le cose prima della loro creazione non sono. Dio ex nihilo le pone in essere, ossia dal loro non- essere, senza alcun oggetto preesistente, le pone in essere e in tutto il loro essere. Il loro essere quindi non è assoluto, come Dio che è l’Essere per essenza, l’Ipsum Esse, essere sussistente, come dice san Tommaso, ma è solo l’essere per partecipazione, essere ricevuto da Dio, per comunicazione della Cosa prima, che è Dio. La creazione non ha altro motivo se non la sovrana libertà del Signore . Ma anche la libertà di Dio non è una forma di arbitrio indifferente rispetto al bene e al male, bensì è motivata, è finalizzata, si innesta nella perfezione della finalità. Non è indifferente il bene dal male, così che Dio possa scegliere il male, ma è indifferente solo nel bene, così che Dio può scegliere un bene anziché il male, ma è indifferente solo nel bene, così che Dio può scegliere un bene anziché un altro. Cosa vuole Dio? Non certo un bene da cui egli debba dipendere, ma un bene che Egli stesso cerca. Quindi la creazione è l’espressione di una bontà e di una grandezza perfettamente libere del Signore. Cari fratelli, noi con la nostra mentalità immanentistica e materialistica siamo talmente infatuati di noi stessi e talmente immersi nel “sensibile”, che tendiamo a dire che il mondo basta a sé stesso e spiega sé stesso. Ci sono alcuni sciagurati (che ormai hanno rinunciato alla loro razionalità) i quali affermano che non c’è un perché, non c’è una causa, tutto è nato per caso. Questo offende non solo il Signore (cosa già molto grave), ma anche la ragione umana, che postula il principio di casualità. Non solo lo postula, ma lo ritiene assolutamente evidente, limpido e chiaro. Cioè tutte le cose, tutti gli esseri finiti che hanno ricevuto l’essere, sono causati da qualcuno. Da chi, se non da Colui che è la pienezza dell’essere e non riceve l’essere da nessuno? Quindi il Signore, nella sua infinita bontà, chiama all’essere le cose che ancora non sono. In questa sua opera di creazione Egli è motivato dall’amore di quel sommo bene che è Lui stesso. Infatti l’oggetto primario dell’amore di Dio e della sua volontà non può che essere Dio stesso. Già Aristotele ebbe l’intuizione che Dio è spirito dunque la concezione di un Dio personale. La Scrittura dice la stessa cosa. Aristotele si esprime un po’ diversamente, ma la sostanza è identica cioè dice: “Dio è pensiero”, pensiero in quanto è qualcosa di spirituale, non di materiale. Ora – dice Aristotele – Dio è il solo pensiero, pensiero sussistente, perché è sommamente perfetto. Il pensiero dipende dalla cosa pensata, tanto che si parla di dipendenza del soggetto dall’oggetto. Perciò Dio, se è il sommo pensiero, deve pensare il sonno pensabile, e il sommo pensabile è la verità più grande che ci sia. Qual è la verità più sublime? E’ la verità stessa di Dio. Allora Aristotele conclude in quella pagina stupenda della sua Metafisica: “Se dunque l’intelligenza divina è ciò che c’è di più eccellente, pensa sé stessa e il suo pensiero è pensiero di pensiero”. Dio è pensiero pensante sé stesso. Potremmo dire che Dio è anche amore che ama il sommo bene, cioè sé stesso. Spesso viene mossa un’obiezione piuttosto sciocca da anime (anche buone) che si scandalizzano: “Il Signore, se ama solo sé stesso è un grande egoista, cioè un accentratore di tutte le cose a sé”. Semmai è un egoista molto decentratore, perché da quell’amore che Dio ha per sé scaturisce la vera perfezione di ogni creatura. Infatti non c’è bene che non sia esemplato sull’esemplare che è il sommo bene, cioè su Dio. Dio è sommamente benevolo e disinteressato nel suo amore, perché pone in essere le creature a somiglianza del suo increato. Perciò tutte le creature sono meno di Dio. Il Signore fa risplendere nel creato non tutta la sua bontà, ma un riflesso di essa. Il creato è una teofania, come ebbero a dire, sia pure correndo un certo pericolo di panteismo, Giovanni Scoto Eriùgena e Giovanni Duns Scoto: “Tutte le creature sono simbolo di Dio e hanno una bontà intrinseca, che è segno di una bontà ben più grande la bontà di Dio”. E’ stupendo pensare alla volontà e all’intelligenza di Dio che si manifestano nella creazione. E’ molto bello vedere come proprio Dio, volendo il bene della creatura, vuole per essa il bene della partecipazione al suo Essere divino, quindi le creature ricevono da Dio quell’essere e quella perfezione che sono loro propri. E’ questo il momento che è, oserei dire, dell’autonomia della creatura, della sua propria consistenza ontologica. Dio non riduce le creature a sé, come pensava Spinoza (il quale affermava che le creature fossero solo dei modi dell’unica sostanza divina). Questa è un’eresia. Tutte le creature hanno una loro sussistenza, sono delle sostanze create che sussistono in sé. Dio, dunque, nella creazione si manifesta “decentratore”, ma nel contempo la relativa autonomia delle creature dipende da Dio, perché da Dio derivano alle creature l’essere e la perfezione. Tutto questo discorso sulla creazione quale attinenza ha con gli Arcangeli? L’attinenza esiste ed è profonda . Noi pensiamo solo alle creature dell’ordine sensibile e materiale. Invece il Signore nel creare, proprio perché creando ama e amando crea, cerca sempre la maggiore perfezione dell’universo, per far risplendere la sua similitudine. Questa è la saggezza di Dio, come disse colui che giustamente viene chiamato Angelicus doctor, perché spesso parla degli Angeli oltre che imitarli con la purezza della sua vita santa. Nelle creature sensibili certamente qualche cosa della bellezza di Dio, ma molto di più essa appare nelle creature puramente intellettive, cioè negli angeli (che sono puri spiriti). Quando meditiamo sugli Angeli, ne abbiamo un’idea inadeguata. Essi sono delle entità grandissime, intermedie tra Dio e l’uomo. Ci superano in maniera incommensurabile. Mi commuove pensare che il Signore, pur avendo creato degli essere così infinitamente, così sproporzionatamente superiori a noi, tuttavia ce li mandi come messaggeri al fine di aiutarci e proteggerci, come diceva san Gregorio Magno. Angelo è nome di funzione, non di sostanza o di natura; quindi quelle sostanze dette “separate”, di cui parlava Aristotele (persino Aristotele conosceva in qualche misura gli angeli), ebbene quelle sostanze separate e immateriali sono inviate da Dio perché ci “custodiscano” e persino al nostro bene. Pensiamo a questo punto alla missione dell’Angelo custode.. Come abbiamo una filiale familiarità con il Signore, è giusto averla anche con gli Angeli che il Signore deputa alla nostra custodia. Oggi abbiamo letto nel libro deuterocanonico di Tobia che Tobia fu risanato dall’angelo Raffaele, il cui nome significa appunto “Dio guarisce”, Cari fratelli, rendiamoci conto della misericordia del Padre nostro che è nei cieli. Come sono grandi questi esseri che egli destina a proteggere la nostra pochezza e fragilità! Per darvi un’idea di quanto siano grandi gli Angeli, basterebbe dire, in termini tecnici, che essi non sono individuati tramite la materia (infatti sono immateriali, cioè puri spiriti) ossia in ogni individualità angelica non c’è, come negli esseri umani, una materia corporale che divide la specie in tanti individui, come negli esseri umani, una materia corporale che divide la specie in tanti individui, come avviene in noi, ove la specie umana si divide in tanti individui, ma ciascuno di loro rappresenta in sé tutta la specie angelica. Tento ora di spiegarmi: noi siamo uomini e ciascuno di noi, nella sua individualità, esprime in piccolissima parte la perfezione di ciò che è essere uomo (cioè, come diceva Platone, la perfezione dell’idea d’uomo). Pensate come sarebbe grande quell’uomo che, nella sua individualità, esprimesse da solo tutta la perfezione di ciò che è essere uomini. Ebbene, questo sono gli Angeli, il genere Angelo non ha sotto di sé molti individui, ma soltanto molte essenze specifiche, ciascuna delle quali è una individualità e una persona per conto proprio. Ciascuno di loro, nella sua individualità e una persona per conto proprio. Ciascuno di loro, nella sua individualità, esprime tutta la specie angelica. Cosa stupenda, della quale avremo sufficiente avvertenza solo quando la nostra anima si spoglierà del corpo, per far compagnia – così speriamo – agli Angeli beati, ai santi nella Gerusalemme celeste. Cari fratelli, vorrei invitarvi in questa festa di san Raffaele arcangelo a pensare alla bontà di Dio, il quale ha creato, al di là del mondo sensibile, quelle creature angeliche, delle quali non abbiamo nessun concetto, creature sovrumane e intellettive che, in maniera infinitamente più perfetta di quanto possiamo fare noi, esprimono la saggezza infinitamente più perfetta di quanto possiamo fare noi, esprimono la saggezza e la bontà. Poi pensate anche che gli Angeli, sostanze immateriali, separate, infinitamente superiori alla bontà del Signore, che deputa gli Angeli alla nostra custodia. Presentandosi a Tobia e a Tobi, Raffaele dice: “Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti a entrare alla presenza della maestà del Signore” (Tb 12,15). Dei sette angeli conosciamo il nome soltanto di tre: San Michele, San Gabriele e San Raffaele. Il primo significa “Chi è come Dio?”; il secondo “Dio si è mostrato forte”, il terzo “Dio guarisce”. Ognuno di questi nomi cela un significato mistico e sempre benefico nei riguardi dell’uomo. San Michele arcangelo difende i diritti di Dio e s’oppone a Satana, l’avversario per eccellenza; san Gabriele manifesta la grandezza dei decreti divini e perciò è deputato a recare i messaggi più sublimi, come quello a Maria Vergine; san Raffaele è l’angelo guaritore per eccellenza. Allora, poiché ben sappiamo quante sono le piaghe dell’anima nostra, supplichiamo l’arcangelo Raffaele affinché, per mezzo della sua angelica illuminazione, il Signore ci guarisca, ci purifichi, ci santifichi e ci faccia interamente suoi, in attesa di partecipare un giorno alla gioia degli Angeli e dei Santi in cielo. Così sia”. Don Marcello Stanzione |
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