E’ nelle librerie il libro su Giovanni Paolo II e la Sua devozione agli Angeli, di Don Stanzione |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions L’editrice Segno di Udine in occasione della beatificazione di Giovanni Paolo II ha stampato il libro di don Marcello Stanzione su Giovanni Paolo II amico degli angeli. Il ricordo del beato Giovanni Paolo II è ancora vivissimo in tutti noi. Durante il suo pontificato, il più lungo nella storia della Chiesa dopo quello del beato Pio IX e di San Pietro, egli ha avuto la possibilità di parlare praticamente di ogni argomento di attualità, di realizzare viaggi pastorali in ogni continente incontrando centinaia di milioni di persone e di compiere gesti che non hanno lasciato indifferente neppure lo spettatore più distratto verso le tematiche religiose. Nel 1978 il nome di mons. Karol Wojtyla, cardinale - arcivescovo di Cracovia, era poco conosciuto al grande pubblico dei cattolici e furono prevalentemente i porporati tedeschi a sostenere la sua candidatura, alla quale non mancò però, sembra, anche l’appoggio influente dell’Opus Dei di cui il cardinale polacco era un grande estimatore del suo fondatore mons. Escrivà, ... ... grande devoto degli angeli. Il 16 ottobre 1978, dopo appena tre giorni di conclave e otto scrutini, la fumata bianca avvertì il mondo cattolico che il nuovo papa era stato scelto. Quando il cardinale Pericle Felici, all’ “Habemus Papam”, annunciò il nome di Karol Wojtyla, molti in Piazza san Pietro non riuscivano a capire chi fosse stato eletto. Quando si affacciò alla loggia, il neoeletto papa non impartì solo la sua prima benedizione da pontefice ma, infrangendo il rigido cerimoniale, rivolse anche qualche parola ai fedeli dicendo: “ Carissimi fratelli e sorelle, siamo ancora tutti addolorati dopo la morte del nostro amatissimo papa Giovanni Paolo I. Ed ecco che gli Eminentissimi Cardinali hanno chiamato un nuovo vescovo di Roma. Lo hanno chiamato da un paese lontano… lontano, ma sempre così vicino per la comunione nella fede e nella tradizione cristiana. Ho avuto paura nel ricevere questa nomina, ma l’ho fatto nello spirito dell’ubbidienza verso Nostro Signore Gesù Cristo e nella fiducia totale verso la sua Madre, la Madonna Santissima”. Il nuovo papa con queste sue brevi parole riassunse con estrema semplicità quelle che poi divennero le linee guida del suo lungo pontificato durato quasi 27 anni: l’indubbio stretto legame con la Tradizione della Chiesa Cattolica, il chiaro richiamo alle sue origini polacche, che non tradirà mai e mai dimenticherà e nello stesso tempo la missione più importante e più grande ovvero la comunicazione della fede cattolica. Infine, la chiara indicazione dello spirito nel quale riuscì a vincere i suoi timori: l’ubbidienza verso Gesù Cristo e la fiducia nella Madonna, un aspetto fondamentale della spiritualità di Giovanni Paolo II che è rimasto presente fino ai suoi ultimi giorni di vita. Il suo pontificato iniziò in modo solenne il 22 ottobre e nella sua omelia il papa polacco spiegò la frase: “ Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente” riportata dal vangelo di san Matteo come professione di fede di Pietro. Ed il papa commentò: “ Quest’oggi e in questo luogo bisogna che di nuovo siano pronunciate ed ascoltate le stesse parole”. Il pontefice va oltre nella sua spiegazione e disse: “ Nella nostra conoscenza di Dio, nel nostro cammino verso Dio siamo totalmente legati alla potenza di queste parole “ Chi vede me, vede pure il Padre”. Qual è la missione del successore di Pietro se non quella di professare Cristo non solo a parole ma anche con la vita’ E il papa proseguì ricordando che san Pietro voleva sfuggire al suo arduo compito, citando la tradizione secondo cui “ durante la persecuzione di Nerone, Pietro voleva abbandonare Roma. Ma il Signore è intervenuto: gli è andato incontro. Pietro si rivolse a lui chiedendo: “ Quo vadis Domine?” ( Dove vai Signore?). E il Signore gli rispose subito: “ Vado a Roma per essere crocifisso la seconda volta”. Pietro tornò a Roma e vi rimase fino alla sua crocifissione”. E’ evidente che Giovanni Paolo II voleva fin da subito testimoniare Cristo non solo a parole ma anche, se necessario con l’offerta della propria vita. Come papa era giovane d’età, aveva solo 58 anni, ed era il primo papa della storia a giungere dall’Europa dell’Est. Dopo quasi cinquecento anni il successore di Pietro non era più un italiano: anche questo era un avvenimento che ebbe il suo impatto sui fedeli, in particolare sui romani, che ormai avevano perso l’abitudine a papi stranieri. Scelse di chiamarsi Giovanni Paolo II, facendo proprio il desiderio del predecessore Giovanni Paolo I morto dopo appena 33 giorni di pontificato, che aveva unito nel suo nome il ricordo di due grandi pontefici: Giovanni XXIII e Paolo VI. Carol era nato a Wadowice, una città della Polonia non lontana da Cracovia, il 18 maggio 1920. Secondogenito dei due figli di Karol Woojtyla e di Emilia Kaczorowska. La sua infanzia e la sua adolescenza furono segnate dalla morte di tutti i membri della sua famiglia. La sorella morì ancora bambina prima della sua nascita; la madre morì quando lui aveva nove anni; il fratello medico quando Karol ne aveva dodici. Infine, rimase solo quando non aveva ancora ventun’anni a causa della morte del padre che si era trasferito da lui per occuparsi delle faccende domestiche. Dopo aver terminato gli studi nella scuola superiore Marcin Wadowita di Wadowicwe, nel 1938 si iscrisse all’Università jagellonica di Cracovia. Quando, nel 1939, le forze di occupazione naziste chiusero l’università, il giovane Karol andò a lavorare, dal 1940 al 1944, in una cava e, in seguito, nella fabbrica chimica Solvay di Boerck Faleck. In quel periodo, quando era libero dagli impegni lavorativi, seguì i corsi di formazione del seminario clandestino di Cracovia, diretto dall’arcivescovo della città, il cardinale Adam Stefan Sapieha. Dedicò anche del tempo all’organizzazione e alla promozione del Teatro Rapsodico, che operava nella clandestinità e lo vedeva spesso come attore. Amò la letteratura e scrisse numerose poesie(Pietra di luce e Il sapore del pane) e un dramma (La bottega dell’orefice). Non trascurò lo sport e praticò il nuoto, lo sci e l’alpinismo. Alla fine della guerra continuò gli studi presso il seminario maggiore di Cracovia e la facoltà di teologia dell’Università Jagellonica, fino alla sua ordinazione sacerdotale a Cracovia nel novembre 1946. Vista la sua preparazione e la predisposizione agli studi, il cardinale Sapieha lo inviò a Roma presso l’universita retta dai domenicani: l’Angelicum, dove seguì il dottorato in teologia (1948), con una tesi sul tema della fede nelle opere di san Giovanni della Croce. Quando rientrò in Polonia si impegnò come vicario coadiutore presso la parrocchia di Niegowic, nei pressi di Cracovia, quindi in quella di San Floriano, in città. Fino al 1951 fu cappellano degli universitari cattolici: in quell’anno decise di continuare gli studi filosofici e teologici presentando, nel 1953, presso l’università cattolica di Lublino una tesi sulla possibilità di fondare un’etica cristiana a partire dal sistema etico di Max Scheler. Successivamente assunse l’incarico di docente di teologia morale ed etica nel seminario maggiore di Cracovia e nella facoltà di teologia di Lublino. Nel luglio 1958 Pio XII lo consacrò vescovo titolare di Ombi e ausiliare di Cracovia. Sei anni dopo Paolo VI gli affidò la diocesi di Cracovia e lo creò cardinale il 26 giugno 1967. Fu presente al concilio Vaticano II, a cui diede il suo contributo nell’elaborazione della costituzione “Gaudium et pses”. L’opera di papa Wojtyla è così articolata e complessa, che può essere schematizzata, in un capitoletto come questo, solo nelle linee guida fondamentali del suo pontificato. Un aspetto molto importante che ha caratterizzato l’impegno di Giovanni Paolo II può essere individuato nel farsi vicino alle grandi masse dei fedeli cattolici: le grandi udienze pubbliche in piazza San Pietro sono state una prerogativa dei suoi primissimi anni di pontificato, anche se dal 1981, quando fu vittima di un grave attentato da parte del terrorista turco Alì Agca, i passaggi tra la folla sono stati effettuati con l’ausilio di un’automobile protetta detta papamobile. Nell’ambito di questa sua volontà di comunicare direttamente il Vangelo a quante più persone gli fosse possibile anche fisicamente si colloca la sua attività di “pellegrino di fede”, che lo condusse a intraprendere molti faticosi viaggi in ogni parte del mondo, riprendendo e radicalizzando lo stile di Paolo VI. Oltre 250 sono stati i viaggi sostenuti dal papa, di cui 102 internazionali, che l’hanno portato a visitare 130 nazioni, per un totale di quasi 1.200.000 chilometri percorsi. Gli ultimi viaggi del Santo Padre Giovanni Paolo II risalgono al 2004: si tratta di tre soggiorni brevi (Berna, Lourdes, Loreto) e certamente non lontani dalla sua residenza. La scelta di limitare le percorrenze è stata determinata soprattutto dal precario stato di salute di Giovanni Paolo II che, nel corso dei suoi ultimi due anni di pontificato, è andato rapidamente peggiorando a causa del morbo di Parkinson. Papa Wojtyla è stato il pontefice che ha incontrato il maggior numero di persone: alle udienze generali del mercoledì hanno partecipato più di 17 milioni di pellegrini, a queste bisogna aggiungere le udienze speciali e le cerimonie religiose; vanno ancora considerati gli oltre 8 milioni di pellegrini che hanno partecipato al giubileo del 2000, oltre ai milioni di fedeli incontrati nel corso delle visite pastorali in Italia e nel mondo. Questo stile è dovuto a una precisa scelta pastorale improntata a far valere direttamente le sue prerogative di vicario di Cristo, saltando le mediazioni locali che, in tempi di crisi, si espongono al rischio di distorcere il messaggio autentico che il papa volle far giungere ai fedeli. Un altro segno profondo della sua missione è costituito dell’altissimo numero di cerimonie di beatificazione e canonizzazione fatti quasi tutte a Roma: basti ricordare che nel corso del suo pontificato il numero dei beatificati e canonizzati è stato pari a circa la metà negli ultimi quattrocento anni di storia della Chiesa. Giovanni Paolo II impresse un notevole impulso al culto della Vergine Maria, alla quale fin da giovane rivolse grande devozione sotto l’influenza di san Luigi Gringnon de Montfort: ne sono conferma i suoi viaggi a Fatima (tra l’altro è stato il papa che ha portato alla conoscenza generale il famoso terzo segreto) e l’impegno per la diffusione del culto della Madonna nera di Czestochowa. I santi e la Madonna sono infatti per il papa gli autentici mediatori della salvezza, esempi proposti al popolo di Dio e a una società tendenzialmente indifferente alla religione, ma non radicalmente anticristiana nella pratica, perché sia chiaro che la santità non è impossibile e che la vita secondo il Vangelo di cristo è la sola fonte della felicità e della virtù. Nel corso del pontificato di Giovanni Paolo II è stato intensificato il progetto ecumenico che coinvolge le altre confessioni cristiane e anche verso le altre religioni il papa mantenne un atteggiamento di grande apertura. Emblematici sono a questo proposito la visita effettuata al patriarca della Chiesa orientale nel 1979 e ricambiata dallo stesso a Roma nel 1987; gli incontri con il primate anglicano Robert Runcie; i contatti con i rappresentanti delle chiese protestanti (in occasione del viaggio in Islanda e in Scandinavia e delle celebrazioni per il cinquecentesimo anniversario della nascita di Lutero). Un particolare significato assunse la visita alla sinagoga centrale di Roma del 1986, durante la quale definì gli ebrei “i nostri fratelli maggiori nella fede” e ha sottolineato la permanente e ineliminabile ebraicità di Gesù. Importante è stata anche, in un clima imperante di polemica antislamica, la sua preghiera in una moschea di Damasco durante la visita in Siria del 2001. Di fondamentale importanza nella pratica pastorale di papa Giovanni Paolo II è stata la tematica del perdono. Perdono da accordare, per esempio, al suo attentatore. Ma anche da chiedere: ai popoli dei paesi extraeuropei evangelizzati con la forza e la violenza; ai fratelli cristiani per la mancanza di carità che ha caratterizzato i rapporti tra le confessioni cristiane, fino a sfociare nella guerra e nella violenza dell’Inquisizione; agli ebrei per la pratica del disprezzo e le indicibili sofferenze inflitte loro dai cristiani. Hanno lasciato un segno profondo, anche tra i non credenti, le sue coerenti posizioni per la difesa della vita e della famiglia, per la quale in particolare va ricordata l’enciclica “Familiaris consortio” (1981), in cui la famiglia è vista come nucleo fondamentale della società e, in quanto tale, degna di ogni sostegno da parte della legislazione civile. Da papa non ha inoltre smesso di scrivere libri: Varcare la soglia della speranza (1994); Dono e mistero: nel cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio (1996); Trittico romano (2003), Alzatevi, andiamo! (2004); Cinquanta parole per il nuovo millennio (2004); Memoria e identità (2005). Negli anni del suo pontificato infine Giovanni Paolo II ha mostrato una grande attenzione all’Europa e alla necessità di rifondare l’unità sulla base della tradizione cristiana e del rispetto dei diritti umani. In tal senso vanno lette le sue prese di posizione contro il comunismo, che hanno certamente contribuito alla caduta dei regimi comunisti dell’Est europeo nel 1989. Egualmente forte è stata la critica condotta verso i modelli di sfrenato liberalismo dell’Occidente, che favoriscono lo sviluppo di un comunismo degradante per l’uomo e la sua dignità. Va inoltre ricordata la strenua lotta contro la guerra di questo sofferente e indomabile pontefice: negli anni difficili tra la fine del Novecento e l’inizio del nuovo millennio la sua voce si è levata instancabile, senza guardare in faccia nessuna “opportunità” diplomatica o pressione dei mass media, contro le guerre che hanno segnato gli ultimi quattordici anni, proclamando con appassionata speranza che la pace deve regnare tra gli uomini. L’impegno sociale e religioso di Karol Wojtyla all’inizio del suo pontificato è stato da alcuni considerato eccessivamente “oscurantista”; in realtà il suo rigore ha determinato effettive aperture orientando la Chiesa romana in direzione del nuovo ecumenismo. Attraverso le scelte operate negli anni, il pontefice ha basato il suo lavoro soprattutto sul dialogo, operando per i deboli e i poveri, il tutto nel rispetto dei diritti umani. Fondamentale la sua attenzione per la comunicazione, che ha costituito il leitmotiv negli anni del suo pontificato e ne ha sorretto l’opera in particolare nel corso dei viaggi attraverso il mondo. Giovanni Paolo II verrà anche ricordato come il papa del perdono, infatti ha voluto chiedere scusa, in più occasioni, per gli errori della Chiesa e di quanti hanno fatto del male nel nome di Cristo. Nel corso dell’ultima fase della sua esistenza terrena, nelle sinagoghe e nelle mosche si è pregato per la sua salute: un esempio emblematico degli effetti determinati dalla sua opera di apertura verso altre religioni condotta con grande carisma nel corso degli anni. Di fatto è stato il primo papa a entrare nei templi musulmani ed ebrei con l’intenzione di diffondere un messaggio di pace universale. Rammarico invece per il mancato viaggio a Mosca, nel tentativo di ricostruire i rapporti con la Chiesa ortodossa russa, e per l’impossibilità di aver effettuato un intervento concreto a favore della difficile situazione dei cattolici cinesi. Gli ultimi tre mesi della sua vita sono stati contrassegnati dalla sofferenza fisica; ma è nelle ultime tre settimane che il Pontefice ha dovuto fare i conti con una malattia che non gli ha dato tregua e che è stata resa di pubblico dominio momento per momento. Giovanni Paolo II ha comunque cercato di andare avanti fino in fondo, mostrandosi ai fedeli non appena le sue condizioni glielo consentivano, cosa che ha fatto anche il giorno di Pasqua, in occasione della benedizione “Urbi et Orbi”, quando ha rivelato al mondo intero la sua sofferenza di uomo. La sua ultima apparizione risale al 30 marzo 2005, poco prima della sua morte avvenuta il 2 aprile, quando si è affacciato alla finestra del suo appartamento pontificio per benedire la folla che gremiva piazza San Pietro. Folla che ha raggiunto dimensioni oceaniche (circa 3 milioni di persone) nei giorni dell’esposizione della sua salma e dei funerali, celebrati l’8 aprile del 2005 e pure il primo maggio 2011 giorno della sua beatificazione in Piazza san Pietro da parte del suo successore Benedetto XVI. Giovanni Paolo II con la sua testimonianza di vita ha mostrato al mondo che la chiesa non è necessariamente fatta di trionfi, gratificazioni e successi ma che la sua forza sta nel messaggio di Cristo, nella speranza, nella fede e nell’amore che quell’uomo vestito di bianco, anche senza più voce e con il morbo di Parkinson e senza possibilità di muoversi, completamente dipendente dagli altri per ogni sua necessità, ha potuto annunciare al mondo. Possiamo immaginare che, come disse nella sua prima omelia da pontefice del 22 ottobre 1978 parlando di Pietro, anche Giovanni Paolo II sia stato tentato più volte di lasciare “ Roma”. Ma, sempre come a Pietro, l’incontro con il Signore Gesù fece cambiare idea, spingendolo a continuare la missione alla quale quel 16 ottobre 1978 Dio lo aveva chiamato. Papa Giovanni Paolo II ha mostrato la sua forza anche nella sua debolezza di vecchio ammalato. Nessuno avrebbe mai osato pensare a un papa infermo, che non potesse più disporre liberamente nemmeno del proprio corpo. C’era chi pensava che una persona anziana e tanto ammalata non potesse più governare efficacemente la Chiesa Cattolica. Ma l’obbedienza a Dio non è solamente prerogativa dei giovani e dei forti… Certamente san Michele, l’angelo protettore del papato, e le schiere angeliche lo custodirono amorosamente nei quasi suoi 27 anni di pontificato. Ringraziamo don Marcello Stanzione per questo suo meraviglioso libro su Karol il grande. Massimo Sorrentino |
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