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L'8 Maggio: apparizione di San Michele al Gargano. Bugnini inspiegabilmente l’ha declassata! PDF Imprimir E-Mail
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L'8 Maggio: apparizione di San Michele al Gargano. Bugnini inspiegabilmente l’ha declassata!In moltissimi paesi specie dell’Italia meridionale l’8 maggio si festeggia ancora con grande partecipazione di popolo la festa dell’Apparizione di san Michele al monte Gargano in Puglia. Dopo la riforma liturgica del Vaticano II che ha scontentato tutti, purtroppo la festa dell’8 maggio che per secoli aveva avuto un carattere universale è stata ridotta per colpa di Mons. Annibale Bugnini e del suo staff di pseudoliturgisti a semplice memoria locale della Chiesa Sipontina “Gelasio autem primo Pontefice Maximo, in Apulia, in vertice Gargani montis, ad cujus radices incolunt Sipontini, Arcangeli Michaèlis fuit illustris apparitio” (Sotto il pontificato di Gelasio I, in Puglia, sulla vetta del Monte Gargano, alle cui radici abitano i Sipontini, avvenne la celebre apparizione di S. Michele Arcangelo). Così il Breviario Romano dell’Ufficio Divino dell’8 Maggio  iniziava con tono solenne il racconto dell’apparizione sul Gargano dell’Arcangelo Michele. In verità il 490, anno in cui si suole comunemente ... 

...  riportare la data della prima apparizione di S. Michele sul Gargano, il Papa regnante era Felice III, ma questa trascurabile confusione tra il Papa della I° Apparizione e quella della 2°, cioè della vittoria dei Sipontini sui Goti, nulla toglie al significato di queste parole che sottolineano la grandezza di questa festa che, prima dell’avvento della nuova riforma del calendario ecclesiastico postconciliare, era ricordata nella liturgia del giorno da tutti i cattolici del mondo.

Data memorabile che ogni anno ritorna  con il suo fascino misterioso: il toro che si smarrisce e viene ritrovato miracolosamente inginocchiato su di un burrone inaccessibile della grotta, la freccia che si gira e ferisce l’adirato padrone dell’animale, l’Apparizione dell’Arcangelo al Vescovo Lorenzo Maiorano e la nascita di un santuario incomparabilmente grande nella storia della cristianità sono tutti postulati di una sola e certa conclusione: il Santuario Garganico e la Città sorta per lui e alla sua ombra traggono le loro origini da un passato leggendario ma illustre che in questa data, 8 Maggio, trova il primo valido e sicuro riferimento storico.

Santuario e Città di Monte Sant’Angelo conobbero l’alternarsi nel tempo delle vicende umane, ma ancora oggi, sia pure in forma diversa, la commemorazione dell’Apparizione dell’Arcangelo, che si celebra con la fede e l’entusiasmo di sempre, è simbolo di speranza e di certezza. Così si esprime il Gregorovius : L’idea che il culto di un essere celeste fosse celebrato da oltre tredici secoli nella stessa grotta, che la sua origine semitica si perdesse nei millenni più importanti dell’era cristiana, fece in me una grande impressione.

E questo culto che è ben vivo ancora oggi sa dello stupefacente, del miracoloso; l’usura del tempo e degli eventi non l’hanno profanato, né turbato. Il tempo si ferma nella Sacra Grotta dell’Arcangelo, su quei volti di pellegrini in fidente e speranzosa attesa. La speranza, così, ci spinge a guardare nel futuro del Santuario e di Monte S. Angelo, sempre costituenti nel tempo e negli eventi un tutt’uno inscindibile, sicuri di un avvenire migliore per le generazioni che vivranno la loro avventura umana sotto le ali dell’Arcangelo del Gargano.

L’Ufficio Divino, che una volta riecheggiava da mane a sera tra le pareti della Sacra Grotta e la riempiva del lento salmodiare che saliva dal coro, come incenso verso l’ara angelica, terminava così: “Non ti brucerà il sole di giorno, né la luna di notte, il Signore ti custodisce da ogni male, all’entrare ed all’uscire, da ora e per sempre”. “Per sempre” sibila il vento che spira quassù, signore assoluto nella fredda stagione e penetra invadente dovunque. “Per sempre” ripete il suono della grande campana che manda i rintocchi dell’Angelus. E l’animo si lascia andare dolcemente alla certezza! Giovanni Tancredi nel suo “Folklore Garganico” scive: “La vigilia della festa di S. Michele si accendevano le colossali “Fanoie”. Quando le fiamme divampavano e le faville erano portate su, in alto, ed i balconi e le finestre avevano sui vetri i loro riflessi dorati e il fumo riempiva le strade, allora la gioia erompeva dai cuori e tutti si raccoglievano intorno alla “fanoia” gridando: “Evviva S. Michele, S. Michele evviva!”. Nell’alto silenzio della notte, su per i monti e per le valli, l’eco ripete ancor oggi: “Evviva S. Michele, S. Michele evviva!”. “Sette Maggio!Sparate l’ati botte – li frusceli, li scuppitte e li rutelle – pegghiete li catarre pe stanotte – ca ‘mparaviso sciocheno le stelle”. (Sette maggio, sparate altri botti, castagnole e rotelle, prendete le chitarre per questa notte, perché in paradiso giocano le stelle).

La grotta è quella stessa dove Enrico II una notte di tanti secoli fa vide e ascoltò: “Gesù Cristo, assistito da S. Giovanni Evangelista e da S. Giovanni Battista, celebra la messa, il diacono celeste porta ad Enrico il Vangelo da baciare e gli dice: “ Non temere, prendi il segno che ti manda Iddio” e gli tocca il fianco. Enrico cade a terra e per tutta la vita zoppicherà”.

Leggenda o realtà? Una cosa è certa:“locus enim in quo stas, terra sancta est” (infatti il luogo in cui ti trovi è terra santa).

Don Marcello Stanzione

 
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