Per San Tommaso d’Aquino l’omosessualità è uguale al cannibalismo e alla bestialità |
Tommaso d’Aquino, il futuro dottore angelico, nacque nel 1224 nel castello di Roccasecca, vicino Caserta, in Campania. Egli è l’erede di un nome prestigioso e di una fortuna economica, cose che non si abbandonano alla leggera. A Napoli dove si reca a studiare, conosce i frati predicatori del convento di San Domenico e rimane affascinato dal loro stile di vita religiosa. Pertanto, Tommaso ha scelto. Quando rientra a casa sua alla fine dei suoi studi, egli annuncia ai suoi genitori che vuole essere frate domenicano. L’Ordine creato da San Domenico è agli inizi ; esso non ha acquisito quella reputazione intellettuale che sarà ben presto la sua. La famiglia d’Aquino è costernata. Il loro figlio, monaco mendicante, che predica a pieno vento sulle piazze pubbliche, a piedi nudi ! Misericordia ! Quale disonore ! Non potrebbe avere degli scopi più confessabili ? Con un poco di denaro e di contatto, cosa che non manca felicemente, sarebbe così facile, se vuol essere uomo di Chiesa, ... ... nell’aiutarlo a fare carriera. La sua cara abbazia di monte Cassino, dove ha studiato, non amerebbe diventarne l’abate, in alcuni anni ? Ben lungi dal lasciarsi attrarre dalle promesse parentali, è giusto che Tommaso non urli alla simonia. Scandalizzati e furiosi, i suoi genitori osano un colpo di forza : essi rinchiudono il figlio recalcitrante a Roccasecca. Non ne uscirà finché non sarà pervenuto alla ragione. Le settimane passano, poi i mesi. Tommaso rivela una testardaggine che i suoi non avevano mai sospettato che avesse. Nulla lo fa cambiare parere. Uno dei suoi fratelli ha un’idea perversa ed ignobile. Se il giovane si attacca in tale modo alla sua pretesa vocazione di frate mendicante e di monaco scalzo, è molto semplicemente perché egli ignora del tutto i piaceri della vera vita. Basta fargliene gustare. Si va a cercare, nei bassi di Napoli, una prostituta che gli Aquino prendono la pena di scegliere giovane, bella, esperta e senza alcuna vergogna e pudore. Dopo una notte nelle braccia di questa seducente e lussuriosa peccatrice, Tommaso non sognerà più i Domenicani e la vita del convento ! E si rinchiude di nascosto la prostituta tentatrice nella camera del giovane. Ma tutti gli assalti della povera ragazza si urtano contro una resistenza eroica. Al mattino, ella, nonostante il suo fascino erotico, si arrende e se ne va sconfitta. Tommaso rimane solo. Ed ecco che gli Angeli gli appaiono. Nelle loro mani, essi hanno una cintura, simbolo di continenza e di purezza :”Nel nome di Dio, noi ti cingiamo con la cintura di castità che non potrà mai togliersi da alcuna impura tentazione”. L’Ordine di San Domenico conserva ancora questo strano cordone nella sua chiesa di Chieri. Esso è oggetto di diverse investigazioni scientifiche che non hanno potuto analizzare la composizione della stoffa, di una materia sconosciuta, né spiegare perché il nodo è impossibile a disfare... Vinti, i d’Aquino lasciarono il loro figlio seguire la sua via. Tommaso studia a Parigi e a Colonia sotto la guida del maestro domenicano fra Alberto detto in seguito Magno, docente di cultura enciclopedica. A Colonia i suoi giovani confratelli scherzano sul suo atteggiamento silenzioso e sulla sua notevole corporatura fisica, e lo chiamano il bue muto. Sant’Alberto però osserva acutamente: “ Noi lo chiamiamo bue muto , ma egli con la sua dottrina emetterà un muggito che risuonerà in tutto il mondo”. Tommaso diviene un docente assai carismatico in mezzo ai suoi studenti che riesce a coinvolgere in un modo straordinario. Si dice che dettasse tre o quattro libri in contemporanea ai suoi segretari. Il suo capolavoro è la “ Summa theologiae” nella quale raccoglie e fonde i contributi della filosofia classica, le conquiste della teologia e le inquietudini del suo tempo. Diviene il più rinomato dei teologi della sua epoca. Ma il 6 dicembre 1273 accade un fatto misterioso: mentre celebra la Messa qualcosa lo tocca profondamente e da quel giorno non scrive né detta più nulla. Si racconta che poco tempo prima, davanti al crocifisso mentre era in orazione sentì dirsi dal Signore: “ Tu hai scritto bene di me. Che ricompensa vuoi?”. E Tommaso aveva risposto: “ Niente altro che Te, Signore”. La mattina del 7 marzo 1274 muore all’età di 49 anni. Nel 1323 viene canonizzato e nel secolo XV riceve il titolo di dottore della Chiesa. E’ il patrono degli studenti delle università cattoliche, dei librai e dei filosofi. Il grande teologo domenicano proclamato dalla Chiesa “Dottore comune” della Cristianità, descrive nella sua eccelsa Summa Theologica l’omosessualità come il vizio contro natura più grave, equiparandolo al cannibalismo e alla bestialità. “L’intemperanza è sommamente riprovevole, per due ragioni. Innanzitutto perché ripugna sommamente all’umana eccellenza, trattandosi di piaceri che abbiamo in comune coi bruti. (…) Secondariamente perché ripugna sommamente alla nobiltà ed al decoro, in quanto cioè nei piaceri riguardanti l’intemperanza viene offuscata la luce della ragione, dalla quale deriva tutta la nobiltà e la bellezza della virtù. (…) I vizi della carne che riguardano l’intemperanza , benché siano meno gravi quanto la colpa, sono però più gravi quanto all’infamia. Infatti la gravità della colpa riguarda il traviamento dal fine, mentre l’infamia riguarda la turpitudine, che viene valutata soprattutto quanto all’indecenza del peccato. (…) Ma i vizi che violano la regola dell’umana natura sono ancor più riprovevoli. Essi vanno ricondotti a quel tipo di intemperanza che ne costituisce in un certo modo l’eccesso: è questo il caso di coloro che godono nel cibarsi di carne umana, o nell’accoppiamento con bestie, o in quello sodomitico”. (San Tommaso D’Aquino o.p., Summa Theologica, II-II,q.142,a.4). Insomma, se l’ordine della retta ragione viene dall’uomo, invece l’ordine della natura proviene direttamente da Dio stesso. Pertanto, “nei peccati contro natura in cui viene violato l’ordine naturale, viene offeso Dio stesso in qualità di ordinatore della natura”. (San Tommaso D’Aquino, Summa Theologica, II-II, q. 154,a.12). Don Marcello Stanzione |
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