Il demonio visto dal beato Carlo Eugenio De Mazenod |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions Carlo Eugenio de Mazenod fu vescovo di Marsiglia e fondatore degli Oblati di Maria Immacolata, congregazione nata a livello diocesano e che presto ebbe un importante influsso nel mondo missionario del tempo (soprattutto in Canada e negli Stati Uniti d’America). Un risultato tanto buono sarà sembrato improbabile a un osservatore contemporaneo. Carlo era nato a Aix-enProvence pochi anni prima della Rivoluzione francese e morì prima del concilio Vaticano I, vivendo in un periodo di crisi per la Chiesa. Fu un uomo del suo tempo e noi fatichiamo a comprenderne tutte le scelte: come molti cattolici di allora, infatti, era favorevole al potere temporale del papato, ma il suo ultramontanismo fu di genere piuttosto moderato. Da bambino dovette andare in esilio con la sua famiglia in Italia, durante gli eccessi della Rivoluzione. Da ragazzo sentì parlare della prigionia del papa Pio VII (causata da Napoleone) a Savona e a Fontainebleau. Superando molte difficoltà entrò in seminario nel 1808 ... ... e fu ordinato prete nel 1811. Ispirato da ideali missionari fondò, nel 1816, la Società dei missionari di Provenza, che nel 1826 prese il nome di congregazione degli Oblati Missionari di Maria Immacolata, che si proponeva di migliorare il livello del clero e, di conseguenza, dei laici. Gli oblati non erano un ordine separato, essendo costituito da preti diocesani al modo degli Oblati di S. Carlo (Borromeo), fondati anni dopo in Inghilterra dal cardinal Manning. Lo zelo di Carlo venne notato e approvato: fu nominato coadiutore e poi successore (1837) dello zio, vescovo di Marsiglia. L’impressione esteriore e questa nomina di stile nepotista possono richiamare uno stile di vita dei vescovi da “ancien régime”, ma il suo zelo e l’efficienza nell’affrontare i problemi di un grande centro portuale (la cui popolazione raddoppiò rapidamente di numero) devono essere sottolineati. Fondò nuove parrocchie e costruì nuove chiese per la popolazione in espansione, formata anche da emigranti. Non si limitò a riformare l’amministrazione della sua diocesi ma prese parte anche ai dibattiti d’importanza nazionale. Nel frattempo i suoi oblati conoscevano un grande sviluppo e dal 1826 iniziavano a orientarsi anche verso le missioni estere, divenendo attivi in Sud Africa, Ceylon (l’odierno Sri Lanka) e Sud America, per non parlare di paesi europei come l’Inghilterra. All’inizio operarono nelle istituzioni già esistenti, come i seminari dei quali assunsero la direzione; più tardi però, specialmente in Nord America , si occuparono anche delle parrocchie. Un’idea dell’importanza raggiunta dalla congregazione in Canada e negli Stati Uniti si può ricavare dal fatto che quasi tutti i vescovi canadesi provenissero da essa e che, proprio negli Stati Uniti, la provincia fondata nella metà del XIX secolo si sviluppò tanto da dover essere suddivisa in quattro provincie regionali, con una quinta per gli immigrati di lingua francese. Carlo morì il 21 maggio 1861 e fu beatificato nel 1975. Il vescovo nella sua lettera pastorale al clero e ai fedeli di Marsiglia in preparazione della quaresima del 1854 parla diffusamente di angeli e di demoni e riguardo agli spiriti buoni celesti afferma: “Diventato prevaricatore, il demonio fu lasciato a se stesso, e da ciò stesso, quale fu l’eccellenza della sua natura che non rivestiva più la grazia che lo elevava fino a Dio, questo grande spirito fece un’immensa caduta. E’ applicando al re di Babilonia l’esempio di questa caduta del principe dei demoni, trascinati col capo e l’autore della loro rivolta, che il profeta Isaia fa sentire quel sublime richiamo: Come sei caduto dal cielo, Lucifero, tu che il mattino ti levavi così brillante? … tu che dicevi nel tuo cuore: salirò in cielo, vi stabilirò il mio trono al di sopra degli astri di Dio, mi siederò sulla montagna dell’alleanza, a fianco dell’aquilone, mi eleverò al di sopra della vetta delle nubi, e sarò simile all’Altissimo, e nondimeno tu sei stato precipitato nell’inferno fin nel più profondo degli abissi (Isaia 14, 12-15). Secondo questo testo e molti altri dei sacri Libri, i santi Padri hanno pensato che Satana, chiamato Lucifero dal profeta, occupasse prima della sua caduta, se non il primo posto, almeno uno dei posti più elevati della gerarchia celeste. La loro opinione è anche che, in mezzo ai demoni, se ne trovano di tutti gli ordini di questa gerarchia. E’ certo che ve ne sono che appartenevano agli ordini superiori, poiché San Paolo, parlando di quelli che dobbiamo combattere quaggiù, articola i nomi fin dal momento così temibile per noi, di principati e di potenze (Efesini 6, 12). L’orgoglio, elevandosi ad un’altezza al di sopra della nostra portata intellettuale e racchiudendo, secondo San Tommaso, tutti i peccati che ne derivano, fu il crimine di questi sublimi spiriti, abbagliati, dice San Girolamo, dallo splendore della loro bellezza, e questo crimine, eternizzandosi in questi esseri immortali con una volontà sempre perseverante nel male, li fissò per sempre in un castigo meritato da una perversità, simile alla loro perfezione naturale, come ne era la ragione inversa della loro primitiva santità. Si ignora il numero, tuttavia San Giovanni Damasceno stima che essi siano una moltitudine innumerevole, ma è minore a giudizio di Sant’Agostino, di quella degli angeli del cielo. Benché condannati all’inferno, di cui persistono i supplizi, i demoni non vi saranno rinchiusi per non più uscirne che alla fine dei tempi. Fino ad allora, vi sarà un grande numero di questi spiriti maligni, che, senza smettere, dice San Tommaso, di portare con essi i tormenti delle fiamme vendicatrici alle quali essi sono stati consegnati, sono diffusi nelle arie e sulla terra. Dio lo permette, aggiunge il santo dottore, per nostra prova o nostra istruzione. Su questa presenza dei demoni sulla terra e nelle arie, i santi Padri sono unanimi; è questa una credenza che essi insegnano come una verità certa. Sant’Agostino non teme di dire che il diavolo, come un leone ruggente, gira incessantemente per cercare qualcuno da divorare (1Pietro 5, 8): San Paolo rivolgendosi agli Efesini, dichiara loro che noi dobbiamo lottare non solamente contro la carne ed il sangue, ma contro i principati e le potenze, contro gli spiriti di malizia diffusi nell’aria… (Efesini 6, 12). Egli chiama anche Satana il principe delle potenze dell’aria (Efesini 2, 2). Aggiungeremo che la credenza nella presenza dei demoni sulla terra e nelle arie, è ancora giustificata dal racconto evangelico, particolarmente da quello che è riportato dello spirito immondo che erra nel deserto, senza poter trovare riposo (Matteo 12, 43), e di quella legione di demoni, che, scacciati da Gesù Cristo, dall’infelice che essi possedevano, chiedono di non essere rinviati nell’abisso (Luca 8, 31). Il giorno, in cui il demonio introdusse il peccato e la morte sulla terra, ne prese possesso, vi regnò, fu il principe di questo mondo (Giovanni 12, 31) e delle sue tenebre (Efesini 6, 12). Così anche è scritto che la terra fu maledetta, nel mentre che la divina Misericordia risparmiò la maledizione all’uomo colpevole, ma sedotto. La terra è stata maledetta ed il demonio vi si è legato, così come a tutto quello che lo circonda, con una potenza in cui è presente l’idea nei ricordi di tutti i popoli; tuttavia, questa idea è manifesta e riceve la sua spiegazione nelle preghiere della Chiesa. Vedete soprattutto in quali termini essa si esprime negli esorcismi che precedono la benedizione dell’acqua e del sale per il battesimo, così come la consacrazione dei sacri oli per altri sacramenti. Avendo in vista di purificare spiritualmente e di santificare un essere incapace di pensiero, la Chiesa pertanto riconosceva da ciò stesso una sozzura in quest’essere, ma nello stesso tempo, essa stabilisce la vera nozione di questa sozzura spirituale che non può venire che da un’intelligenza. Questa nozione ritorna sovente in maniera espressa nelle formule prescritte dal rituale per santificare quello che era profanato, parola troppo incompresa che suppone una profanazione anteriore e permanente nel mentre che la virtù dell’Alto non è discesa. E’ così che lo spirito di preghiera, dando il significato dell’infallibile tradizione, indica perfettamente l’imperio del demonio e la sua pericolosa ed abominevole presenza sulla terra. Ma che fa, il demonio, sulla terra? Fa il male, è lo spirito del male, la sua opera è il male, egli lo vuole, lo ama, e lo produce in ogni maniera, perché egli è nemico di Dio che è il sovrano bene. Il demonio fa anche il male contro gli uomini di cui è ugualmente il nemico, poiché Dio li ama, vuole salvarli e li chiama ad andare a riempire in Cielo i posti lasciati vuoti dall’apostasia degli angeli decaduti. L’odio del demonio è tanto più fremente contro la razza umana, che in questa razza il serpente infernale ha visto, fin dal principio, quella donna benedetta tra tutte le donne, quella nuova Eva destinata a schiacciargli la testa e ad essere col frutto delle sue viscere madre spirituale di una moltitudine innumerevole di figli di Dio. In quella razza di uomini, Satana ne vede anche un davanti che il suo orgoglio non ha flesso, ma a cui sono dovute comunque tutte le adorazioni in Cielo e sulla terra, egli vede colui che l’ha vinto, che gli ha inflitto una ferita eterna guarendo le nostre piaghe, e che lo incatenerà per sempre nel dolore nell’ultimo giorno, dopo aver completato la nostra liberazione. Questa vittoria dell’Uomo-Dio dispera l’inferno, ma essa non abbatte il suo odio. E in presenza della gloria apportata all’umanità da Gesù Cristo, e che riluce ad un sì alto grado nella sua santa Madre, quest’odio s’infiamma d’un furore implacabile, ma se noi lo vogliamo impotente, poiché ne siamo stati rivestiti dalla grazia divina come di un’armatura invincibile. Così, l’angelo ribelle ed i compagni della sua ribellione, essi tutti furono così grandi, che lo sono ancora per natura, benché privi della santità e della beatitudine, ne saranno ridotti, o supplizio dell’orgoglio!, a perseguire l’uomo nella loro bassa gelosia, e a non vincere che colui che vorrà essere vinto, quest’essere così debole di cui essi lo fecero loro schiavo subito dopo la sua creazione, e che con una condizione naturale è il minore nell’ordine dell’intelligenza, perverrà oramai a resistere loro fino alla fine, strappato come è stato al loro dominio, e tutto potendo in colui che lo fortifica (Filippesi 4, 13). San Paolo chiama Satana il Tentatore (1 Tessalonicesi 3, 5),. Non gli si può contestare questa denominazione che la sua esistenza. La sacra Scrittura, gli scritti dei Padri, il linguaggio della Chiesa e quello dei teologi cattolici stabiliscono che il demonio cerca con tutti i mezzi di trascinarci nel male, ispirando anche ai suoi seguaci l’astuzia e la violenza, ed usando lui stesso nei nostri riguardi tutti i generi di perfidia e di seduzione. Ma se al di sopra di tutto il demonio vuole la nostra eterna perdita, se egli subordina a questo scopo tutti i suoi sforzi, ciò nonostante il suo odio lo porta ancora a farci temporalmente tutto il male che gli è possibile. Egli pone in azione le cause morali; eccita le passioni umane, semina la discordia, ispira lo spirito di sedizione e di rivolta, fa le sommosse, soleva i popoli gli uni contro gli altri, incendia le guerre. Egli è stato omicida fin dall’inizio del mondo (Giovanni 8, 44). Si compiace nei crimini e nel sangue, la morte degli uomini gli è dolce, soprattutto quando essa gli dona la sua vittima. Non è lui che nell’antichità, ed ancora ai giorni nostri in mezzo agli infedeli, ha chiesto ed ottenuto dei sacrifici umani? Egli ha abusato d’una idea che aveva la sua radice nelle tradizioni primitive sulla redenzione degli uomini col sacrificio di Gesù Cristo, ed è pervenuto allo stesso tempo ad usurpare il sovrano dominio di Dio sulle creature, ed a farsi immolare un nemico. Nell’epoca in cui la potenza dell’inferno aumenta sulla terra, a misura che quella della fede diminuisce, si vedono con spavento rinnovarsi incessantemente qualcosa di simile ai sacrifici umani, dei più spaventosi forse; si vedono infelici sperduti dalla loro empietà e colti da un furore che il demonio comunica loro, colpire loro stessi con l’ultimo colpo per andare a lui; tali, credetelo, sono i giochi crudeli della sua malizia; come anche quando con la mano del boia, o con quella di un assassino, o con mille mani di un popolino alterato di sangue, un uomo buono e soprattutto un uomo di Dio viene dall’essere colpito, riconoscete il nemico dal colpo che ha portato e dalla vittima che si è scelta: Credete allora, dice San Ilario, che un crimine di tal genere non abbia come primo autore colui che lo ha per ministero, l’esecuzione è il fatto dell’uomo, l’istinto, il pensiero al quale questi ha obbedito è il fatto del diavolo. Ovunque egli regni, il demonio ispira i pensieri più crudeli. In mezzo alle orde selvagge come in seno alle nazioni più civilizzate dal paganesimo, ovunque lo spirito di crudeltà è lo stesso. Presso gli uni come presso gli altri, l’uomo ama rallegrarsi del supplizio dell’uomo. La sofferenza di un nemico soprattutto gli è preziosa. Solamente, là dove la cultura letteraria ed artistica è molto avanzata, e dove la mollezza dei costumi eguaglia la loro eleganza, si sa variare ed aumentare i dolori, si inventano incessantemente nuovi supplizi aggiungendovi raffinatezze di barbarie la cui solo idea fa fremere. Quello che per trecento anni di persecuzione, Roma ha fatto soffrire ai martiri, non è umanamente spiegabile. Bisogna per rendersene conto ammettere ai lati dei boia una rabbia infernale, come ai fianchi delle vittime una forza divina. E, ciò nonostante, i Romani non erano estranei a tutti i pensieri della natura. Essi elevavano anche degli altari alla pietà, ed il più grande dei loro poeti aveva una espressione toccante per rendere il pensiero che apprende a soccorrere gli infelici. Ma la compassione in mezzo ad essi non era sovente che una parola vana come la virtù. Affinché l’opera di misericordia nascesse, occorreva che il cristianesimo affrancasse l’uomo dall’imperio di una potenza nemica, sempre avida di sangue, da ciò pertanto doveva giungergli la sua rovina. Il demonio pone in azione, non solamente le cause morali, ma anche le cause fisiche, con l’effetto della potenza che egli ha sulla materia. Le tempeste, le malattie, gli incidenti disgraziati, le calamità pubbliche e private, sono, non sempre, ma talvolta opera sua. L’invisibile autore del male si impadronisce delle cause seconde e ne fa uscire degli effetti che servono i suoi odiosi pensieri di distruzione e di disgrazia. Quante catastrofi ha portate! Quante rovine ha accumulate! Quanti dolori ha prodotto! Q quante lacrime ha fatto versare in mezzo ai figli degli uomini! La storia di Giobbe ci offre un esempio colpente di questa potenza malefica. Le case che crollano, le famiglie che periscono, le fortune che scompaiono e le malattie che accompagnano la miseria, nel mentre che il mondo insulta l’infelice ed il maledetto, nel mentre che alle sofferenze che strappano il corpo si uniscono le pene crudeli che strappano l’anima, ecco i colpi coi quali Satana si segnala in quella pregnante storia della virtù alle prese con l’avversità. Noi dobbiamo comunque dirvi, carissimi fratelli, che le malattie, e le altre disgrazie, anche nelle circostanze in cui le si imputerebbe da una parte qualsiasi all’inferno, non richiamano da noi altra cosa che la preghiera a Dio da una parte, e gli aiuti o rimedi naturali dall’altro. Voi cadreste completamente nelle superstizioni criminali del paganesimo, se volendo disarmare il vostro nemico, cerchereste con delle pratiche illecite e pericolose a scongiurare il suo odio e ad ottenere il suo favore; se cerchereste la luce nelle tenebre od il bene nel male. Non trovereste allora in definitiva che le tenebre ed il male. Non bisogna mai avere nulla in comune con un essere così perfido e così malefico come il demonio, non bisogna mai scommettere con lui, se non è per combatterlo con le armi spirituali della fede. Interessa, d’altronde, che sappiate, carissimi fratelli, che malgrado la grande potenza inerente alla loro natura angelica, i demoni sono lontani dal poter esercitare contro di noi tutta la loro malizia. La loro potenza originale non è stata annientata, è vero, ma essa è come incatenata sotto la volontà sovrana di Dio, alla quale essa è forzatamente subordinata. Così l’inferno non può fare nulla nei nostri riguardi finché Dio non gliene lascia la libertà, come lo vediamo nella storia di Giobbe, che non può essere provato dalla tribolazione che col permesso divino. Se fosse diversamente, dice Sant’Agostino, non rimarrebbe un solo giusto sulla terra. L’ordine fisico non vi sarebbe meno turbato dell’ordine morale, poiché dove regna Satana, non vi è nessun ordine, ma vi abita un perpetuo orrore (Giobbe 10, 22), come nell’inferno. Ma se per l’infrangibile limite nel quale la potenza dei demoni è stata imprigionata al momento della loro caduta, la loro sfera d’azione è stata considerevolmente ristretta per la conservazione del mondo, dei limiti più ristretti ancora sono stati imposti al loro imperio dalla incarnazione del Figlio di Dio. San Gregorio Magno fa questa nota riguardo agli spiriti immondi che, cacciati dal divino Maestro dal corpo di un posseduto, non possono trovare rifugio, anche nel più vile degli animali, che col permesso espresso. La Chiesa, ammettendo la realtà delle possessioni e delle ossessioni esercitate dal demonio su degli individui sottomessi da ciò stesso alle più spaventose vessazioni, non ci insegna nient’altro di quanto il Vangelo non ci abbia mostrato. I santi Padri ci hanno intrattenuti con un grande numero di fatti di questa natura rintracciandoceli come giunti ai loro tempi. Essi erano nondimeno più frequenti nell’antichità pagana, di quanto non se ne credevano; essa credeva alla presenza di una potenza estranea in questi sfortunati i cui sensi erano profondamente turbati; essa li diceva tormentati da un fatale genio e vedeva in essi qualcosa di soprannaturale e di divino. Vi era là, in effetti, il divino del paganesimo, che, secondo il salmista, adorava come degli dei i demoni stessi. Essi erano là come sul treppiedi di Delfi, come nell’antro di Cuma, benché con delle differenze accidentali. Del resto, noi non vogliamo dire che allora, non più di oggi, ogni malattia mentale avesse per causa un agente uscito dall’inferno. Noi non ne contestiamo gli effetti d’un disordine fisico in un organo che, senza produrre il pensiero, corrisponde con essa. Questo disordine, ne conveniamo, ha normalmente un’origine materiale, ma diciamo che questa origine può essere anche spirituale, e che come spirituale essa era più comune e più evidente prima di Gesù Cristo. Che se i racconti degli autori ecclesiastici, così come gli scritti degli apostoli stessi ci insegnano che essa si è ancora manifestata frequentemente nei primi tempi del cristianesimo, è che allora, in mezzo ai flotti di sangue versati dai martiri, l’inferno non ancora detronizzato sulla terra faceva degli sforzi disperati contro la Chiesa, in quella grande e terribile lotta nella quale il possesso del mondo era il premio della vittoria. Ma dopo che l’inferno, vinto dalla fede, dovette cedere il posto a Gesù Cristo, il potere di Satana non si mostrò più che sempre più lontano, eccetto comunque nei paesi infedeli, dove i predicatori del vangelo hanno abbastanza sovente incontrato degli infelici sui quali il demonio esercitava, come negli antichi tempi, la sua tirannia con un vero possesso. Quest’azione detestabile del nemico di Dio e degli uomini si riproduce, più di quanto non si creda, nelle epoche in cui la vera fede abbandona, così come nei paesi dove vivono molte persone che le cose sacre e soprattutto il battesimo validamente conferito non proteggono più. Il battesimo pone al riparo, secondo San Cipriano, dalla malizia del demonio, questa malizia conserva, egli aggiunge, tutta la sua forza fino a che si riceve l’acqua salutare, ma è impotente dopo questo sacramento. Questa parola del grande vescovo di Cartagine, che ne vedeva la verifica al suo tempo, può essere intesa non solamente per le possessioni e le ossessioni diaboliche, ma anche dalle frodi e dei tranelli così varii del demonio. Questo spirito di menzogna e di tenebre perviene con un temibile successo a farsi passare per uno spirito di verità e di luce fino a farsi adorare, come presso i pagani, da quelli che la rigenerazione non ha affrancati. Aggiungeremo che questi sono anche più esposti nel soccombere agli attacchi ed alle sorprese dell’inferno, di quanto i sacramenti, indipendentemente dal battesimo, non stanno abitualmente in comunicazione col Cielo, di quanto la virtù sempre così efficace della Croce non circonda e che soprattutto non possiedono Gesù Cristo realmente presente con essi, immolandosi sull’altare e risiedendo nel doppio stato di vittima di salvezza e di pontefice sempre vivente per intercedere in favore degli uomini. Ma questi resistono vittoriosamente al demonio, che forti nella fede, come dice l’apostolo (1 Pietro 5, 9), vivono in unione con lo spirito della Chiesa, ossia, con Gesù Cristo attraverso una vita cristiana. Fedeli, dice ancora Bossuet, non temete il demonio. Questo nemico temibile, teme lui stesso i cristiani. Egli trema al solo nome di Gesù e malgrado il suo orgoglio e la sua arroganza, è forzato da una segreta virtù nel rispettare quelli che recano la sua nota. E’ quello che stiamo per vedere in un bel passo del grande Tertulliano, da cui trarrò un’istruzione importante. In questo meraviglioso apologeta che ha fatto per la religione, egli avanza una proposta ben ardita ai giudici dell’impero romano che procedevano contro i cristiani con una tale inumanità. Dopo aver loro rimproverato che tutti i loro dei erano dei demoni, egli da loro il mezzo di illuminarsi con un’esperienza ben convincente. “Che si conduca”, egli dice, “davanti ai vostri tribunali, io voglio che sia una cosa nascosta, davanti ai vostri tribunali e di fronte a tutti, che si conduca un uomo notoriamente posseduto dal diavolo; dopo di che si faccia venire qualche fedele (avente missione da parte della Chiesa); che si comandi a questo spirito di parlare, se non vi dice apertamente quello che egli è, se non confessa pubblicamente che lui ed i suoi compagni sono i falsi dei che voi adorate; se, io dico, egli non confessa le cose osando mentire ad un cristiano, là stesso senza differire, senza nessuna nuova procedura, fate morire questo cristiano impudente, che non avrà saputo sostenere con l’effetto una promessa così straordinaria”. Ah, fratelli miei, quale gioia per dei cristiani sentire una tale proposta fatta così altamente e con una tale energia da un uomo così posato e così serio e verisimilmente del parere di tutta la Chiesa, di cui sosteneva l’innocenza… Non mi meraviglia se il diavolo ci è dipinto nelle Scritture sia forte, che debole. E’ “un leone ruggente”, dice San Pietro (1 Pietro 5, 8); non vi è nulla di più terribile? Ma, dice San Giacomo, “resistetegli ed egli fuggirà” (Giacomo 4, 7); si può una più grande debolezza?” Don Marcello Stanzione |
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