Irene Pivetti e gli Angeli |
Irene Pivetti è nata a Milano il 4 aprile 1963 ed attualmente è giornalista e conduttrice televisiva ma dal 16 aprile 1994 fino all’8 maggio 1996 è stata presidente della Camera dei deputati, avendo come suo predecessore Giorgio Napolitano e come suo successore Luciano Violante e durante quel periodo dichiarò in diverse interviste la sua devozione personale agli angeli, infatti in una sua intervista al Corriera della Sera del 26 marzo 1995 dichiarò: “ Ogni giorno mi rivolgo all’angelo custode e parlo con lui. Prego il mio angelo e saluto quello degli altri 630 deputati di Montecitorio. Se si litiga in Parlamento so che gli angeli custodi operano per il bene di tutti. Mi affido a loro e resto tranquilla. Sono certa che ci pensano loro a placare gli animi. Anche per questo riesco a presiedere certe infuocate assemblee”. La Pivetti presenziò alla mostra sugli angeli tenuta al Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo a Roma dal 13 settembre al 15 ottobre 1995 e pronunciò questo discorso: “Angelo di Dio, ... ... che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me, che tu fui affidato dalla Pietà celeste. Così sia. E il bambino si rimbocca le coperte, con il bacio della buona notte. Fino a qui, l’oleografia. Perché l’angelo di Dio è soprattutto una cosa per adulti, è capace di accompagnarti a prendere una birra, la sera, con un paio di amici, e magari dà un occhio alla strada mentre guidi. E’ l’angelo custode che quando con quello lì non so chi mi tenga, alla fine uno straccio di accordo l’avete trovato, ed è sempre lui persino col padrone di casa, che ogni volta ne ha una, e con gli amici di tuo figlio che me lo rovinano questo ragazzo – l’angelo custode si occupa anche di tuo figlio, quando non ci puoi essere tu. E l’avvocato con lo studio e con le segretarie, e il commerciante con il suo negozio, l’impiegato alla scrivania, e il postino, il vigile urbano, tutti quando lavorano hanno accanto il loro angelo di Dio – un bell’angelo che sa stare zitto, e che si rende utile. Persino quello che un giorno o l’altro farà un lavoro serio, ha il suo angelo che gli dà una mano. Nel bar, caffè e l’angelo di Dio, che ti legge il giornale fra le mani ma non dà fastidio perché non te ne accorgi – e meno male che non si vedono, perché con tutti questi angeli qui in torno. E loro discreti affacciati ai balconi a guardare la strada, e stanno attenti per tutti, anche se qualche volta l’incomprensibile Dio padre permette che accadano fatti di dolore, anche per strada, anche sotto gli occhi degli angeli. E dove si muore di fame e di botte, dove fa un caldo che non si respira, dove la gente se ne sta in prigione magari per qualche delitto tremendo o magari per niente, anche lì siedono e pregano gli angeli di Dio, e fanno quello che possono, e a volte non è molto, per volerci bene e farci stare in pace. Non sono solo angeli custodi, anche se sorvegliano i nostri passi e le nostre spalle – ma lasciamo perdere con questa storia che con la vita che faccio – immagina cosa sarebbe senza nemmeno l’angelo di Dio. Perché non è soltanto il loro viso che non riusciamo a vedere, è anche tutto il male da cui ci difendono, che non vedremo mai, se non qualche volta nella nostra vita, quando l’onda è talmente alta di fronte che solo un miracolo. Ecco, allora, se siamo onesti lo dobbiamo riconoscere che è stato l’angelo di Dio a spiegare le ali dove non c’era altro a fare da riparo. Ma, per il resto, non siamo nemmeno obbligati a ringraziare. Loro, gli angeli, stanno lì. Parlano con Dio continuamente, da dentro, e guardano continuamente noi, che gli siamo stati affidati per amore di Dio. Non siamo obbligati a saperlo. Non siamo obbligati a tenere conto. Non siamo obbligati nemmeno a pensare a loro, nemmeno una volta nella vita. Gli angeli sono lì per volerci bene lo stesso. Ma se li salutiamo, se pensiamo che ci sono, è una bella cosa che ci farà del bene. A dir la verità, non sappiamo nemmeno quanti sono, questi angeli. Non sappiamo come sono fatti. Non conosciamo i nomi e che cosa faranno, da qui alla fine del mondo, accanto a noi. Soltanto di qualcuno ci hanno detto il nome, lo abbiamo visto davanti, abbiamo provato quanto sia forte. Ma, alla fin fine, non è affar nostro fare i conti in tasca alla bontà di Dio. E se un arcangelo è stato scomodato, una volta, solo per insegnare a un ragazzino a pescare – e da allora Tobia lo si dipinge sempre accanto a Tobia lo si dipinge sempre accanto a san Raffaele – san Michele, anche san Michele, anche questo un arcangelo, è terribile e giusto di fronte alla porta del paradiso terrestre, la spada sguainata per impedire l’ingresso, e combatte ogni giorno la sua battaglia già vinta, alla testa degli angeli fedeli, contro Lucifero e gli angeli ribelli, ed ancora combatterà finché a Dio piacendo tutto sarà finito – la sua corazza dura, la spada, la bilancia nella mano sinistra per pesare le anime che tornano a Dio. Michele, arcangelo bellissimo e forte, arcangelo muto dopo aver detto, all’inizio dei tempi, “Chi come Dio?”. E san Gabriele, il più delicato e veloce degli arcangeli, amico di Maria Santissima per quel compito tanto speciale di parlare d’amore per conto di Dio, anche di lui sappiamo il nome e i tratti del volto. Per tutti gli altri (per quasi tutti gli altri) possiamo solo salutare l’ombra che passa. Ma non si allontana”. Don Marcello Stanzione |
< Prec. | Pros. > |
---|