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Il Natale visto da San Giuseppe Moscati PDF Stampa E-mail

Il Natale visto da San Giuseppe MoscatiGiuseppe Moscati nasce a Benevento il 25 luglio 1880, settimo di nove figli del giudice Francesco  e dalla marchesa Rosa del Roseto. A Napoli, sua patria di adozione, nel 1887 si iscrive alla facoltà di medicina e si laurea nel 1903. Nel 1908 diventa assistente ordinario nell’istituto di chimica fisiologica . E agli ammalati che, sempre più numerosi si rivolgono a lui, spesso non chiederà mai di essere pagato. “ Il dolore – egli diceva – va trattato non come un guizzo o una contrazione muscolare, ma come il grido di un’anima a cui un altro fratello, il medico, accorre con l’ardenza dell’amore”. In un momento di sofferenza e di opposizione di qualche collega da lui beneficiato scrive per se stesso: “ Ama la verità; mostrati quale sei e senza infingimenti, senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, tu accettala; e se il tormento tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, tu sii forte nel sacrificio”. Muore il 12 aprile 1927 a Napoli, a soli 47 ... 

...   anni mentre sta visitando gli ammalati. Ci sono alcuni scritti di Giuseppe Moscati dedicate al Natale. Sono lettere indirizzate ai suoi genitori. Moscati aveva soltanto otto anni nel 1888, la prima lettera, mentre la seconda è dell’anno successivo.  Le due lettere sul Natale hanno una tenerezza fortemente espressiva e si manifesta con delle parole delicate come possono essere le parole di un preadolescente rivolte ai genitori. Ma c’è  una commozione che si esprime in una semplicità che è fatta di cose naturali e di un senso di carità cristiana che non abbandonerà mai il pensiero di Peppino. Infatti egli si firmava proprio con il nome di Peppino. Nella prima datata “Natale 1888” tra le righe si legge: “Io prego Gesù Bambino, affinché vi conceda quella pace, che egli promise agli uomini di buona volontà ed ogni altro bene in questa vita e nell’altra”.

E’ soltanto un passaggio che comunque, pur nella sua genuinità espressiva, fa riflettere. Otto anni e Peppino imposta il suo pensiero in un passaggio che è quello che riguarda la vita terra e la vita che va oltre nell’eternità. Infatti scrive sottolineando “questa vita e nell’altra”. Una maturità cristiana che lo condurrà ad una vita nella misericordia e nell’accettazione dell’altro sempre all’insegna del Cristo che costituirà la centralità della sua vita. Il Natale di Moscati è all’insegna del bene e della pace. Due aspetti complementari che si troveranno intatti in tutta la sua problematica esistenziale e professionale. Nella sua professione di medico il bene e la pace interiore costituiscono la chiave di lettura di un confronto quotidiano con l’altro sofferente. Nei suoi “Pensieri”, che sono il ritaglio di annotazioni, di spaccati di lettere, di appunti sparsi il valore della pace e l’affermazione sempre del bene che vice sono incastri che provengono da quel messaggio paolino che guiderà sino alla fine il suo cammino. Nella seconda lettera datata “Natale 1889”.

Annota subito : “Genitori diletti, è questo certamente il più bello, il più puro, il più santo giorno del calendario, giacché esso ricorda la nascita del Divin Redentore”. Siamo a Natale e Moscati, tra gli intagli delle sue parole, annuncia una grande chiarezza religiosa che sarà alla base della sua vita:. la Redenzione. Il redimersi nel segno della divinità.  Ad appena nove anni Peppino ha già inquadrato non solo un percorso teologico ma pare che sia penetrato in Gesù Bambino che rappresenta il Divino Amore per tutta l’umanità peccatrice. Proseguendo nella sua lettera tocca tre elementi: nuovamente la pace, l’amore e la felicità. Come per dire che non può esserci felicità senza la pace e senza l’amore. Tre enunciati di un bambino che resteranno fondamentali in una vita vissuta come preghiera e servizio agli ammalati poveri. Siamo uomini oranti che aspettano ponendosi in ascolto. Sempre in ascolto.

E’ questo uno dei messaggi chiave del fanciullo Giuseppe Moscati. Quando afferma semplicemente: “Babbo mio carissimo, dolcissima mamma mia, vi amo, vi amo, tanto, tanto!...”, immediatamente commenta: “Del resto questa espressione così breve e così semplice, è piena di sublime eloquenza, giacché vi vien detta dal vostro piccolo Peppino, il cui rispettoso e fervido affetto vi è troppo noto”. Basterebbe quel “sublime eloquenza” per dare un senso alla priorità dell’umanesimo che ha il cuore di Moscati. Cosa è il sublime a nove anni? E cosa può rappresentare il concetto di eloquenza?

In conclusione tutta l’esistenza terrena di San Giuseppe Moscati si è basata su questi termini che sono dei comportamenti che si esplicitano soltanto nella fede e il Natale delle lettere ai genitori di Giuseppe  Moscati richiama la nostra sensibilità al vero senso del Natale che non bisognerebbe mai dimenticare specialmente in una società secolarizzata come quella del ventunesimo secolo.

Don Marcello Stanzione

 
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