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Il Natale visto da Sant’Efrem il Siro PDF Stampa E-mail

Il Natale visto da Sant’Efrem il SiroNato intorno al 306 nella Mesopotamia settentrionale  a Nisibi, il piccolo Efrem visse in famiglia una sorta di guerra di religione. Il padre infatti, sacerdote pagano, non gradiva molto l’educazione cristiana che la madre di Efrem, fervida cattolica, impartiva al figlioletto. Fatto è che, a un certo punto, il figlio cristiano venne letteralmente cacciato di casa. Trasferitosi in cerca di fortuna ad Edessa, dove si mantenne lavorando, venne poi a conoscenza che la sua città natale era stata attaccata dai Persiani, Efrem decise così di tornare per combattere l’esercito invasore. Per quanto generoso però, il suo modesto contributo alla causa non diede gli sperati frutti e Nisibi finì per dover accettare il dominio Persiano. Questo non impedì però ad Efrem di continuare a praticare la religione cristiana anzi, nel 365 fu ordinato diacono. Decise quindi di tornare ad Edessa dove, poco tempo dopo, venne chiamato a dirigere una scuola. Efrem era una persona buona e di un’umiltà imbarazzante. Le sue ... 

...   vicissitudini, per quanto non drammatiche, condizionarono comunque la sua formazione culturale. Per quanto portato all’apprendimento, egli era totalmente a digiuno della lingua greca (non ve ne è traccia d’influenza nei suoi scritti), allora tra le materie base per poter aspirare a posti di prestigio. Eppure, in virtù di una Fede incrollabile, le sue prediche riscuotevano ugualmente degli incredibili successi. Efrem capì che il modo migliore per “comunicare” con la gente, non avendo una grande credibilità intellettuale, era sicuramente attraverso la voce del cuore. Chi meglio di lui, introspettivo e sensibile come era, sarebbe stato capace di arrivare nella coscienza collettiva usando un linguaggio semplice, dolce e musicale? Efrem decise allora di comunicare attraverso il canto e la poesia. Per questo motivo venne definito il Poeta dello Spirito Santo.

L’orecchiabilità delle sue parole fece a conquistare l’intera area orientale del bacino mediterraneo. Sia ben chiaro: Efrem non si compiacque mai di questo suo, possiamo chiamarlo, successo. Egli continuò ad usare questa sorta di espediente pastorale anche nei pubblici sermoni. Al centro della grande religiosità di Efrem, e delle sue poesie, un posto di rilievo fu per la Madonna, madre dei Cieli e degli uomini in Terra, alla quale il devoto dedicò almeno sette inni. Efrem si spense anziano e rispettato da tutti gli abitanti di Edessa, lasciando a vita eterna la eco di straordinari e profondi scritti a carattere religioso. Egli morì, in una bellissima condizione di pace e serenità, nel giugno del373. Riguardo al grande giorno della Nascita del Salvatore: giorno atteso dal genere umano per migliaia di anni, il grande Dottore della Chiesa Sira, sant’Efrem, celebra con entusiasmo la bellezza e la fecondità di questo giorno misterioso; prendiamo qualche brano dalla sua divina poesia, e ascoltiamolo: “Degnati, o Signore, di permettere che celebriamo oggi il giorno stesso della tua nascita, che la presente solennità ci ricorda. Quel giorno è simile a te; è amico degli uomini. Esso ritorna ogni anno attraverso i tempi; invecchia con i vecchi, e si rinnova con il bambino che è nato.

Ogni anno, ci visita e passa; quindi ritorna pieno di attrattive. Sa che la natura umana non potrebbe fare a meno di lui; come te, esso viene in aiuto alla nostra razza in pericolo. Il mondo intero, o Signore, ha sete del giorno della tua nascita; questo giorno beato racchiude in sé i secoli futuri; esso è uno e molteplice. Sia dunque anche quest’anno simile a te, e porti la pace fra il cielo e la terra. Se tutti i giorni sono segnati della tua liberalità, non è giusto forse che essa trabocchi in questo? Gli altri giorni dell’anno traggono la loro bellezza da questo, e le solennità che seguiranno debbono ad esso la dignità e lo splendore di cui brillano. Il giorno della tua nascita è un tesoro, o Signore, un tesoro destinato a soddisfare il debito comune.

Benedetto il giorno che ci ha ridato il sole, a noi erranti nella notte oscura; che ci ha recato il divino manipolo dal quale è stata diffusa l’abbondanza; che ci ha dato la vite che contiene il vino della salvezza che deve dare a suo tempo. Nel cuore dell’inverno che priva gli alberi dei loro frutti la vigna si è rivestita d’una divina vegetazione; nella stagione glaciale, un pollone è spuntato dal ceppo di Jesse. E’ un dicembre, in questo mese che trattiene nel grembo della terra il seme che le fu affidato, che la spiga della nostra salvezza, spunta dal seno della Vergine dove era disceso nei giorni di primavera, quando gli agnelli vanno belando nei prati”.

Don Marcello Stanzione

 
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