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Gli angeli di Santa Teresa d’Avila PDF Stampa E-mail

Gli angeli di Santa Teresa d’AvilaSanta Teresa d’Avila è una grandissima mistica. Nasce il 28 marzo 1515 ad Avila, era la terza di nove figli, a cui se ne aggiungevano altri tre nati da un precedente matrimonio del padre. Da bambina Teresa, di carattere già forte e autonomo, manifestò subito quelle istanze di trascendenza che la spingeranno in seguito a cercare nell’unione mistica il senso profondo dell’amore per Cristo. Di lei, il padre Carlo Cremona scrisse: “ Ci sono nel mondo secolare donne di carattere mascolino che hanno filare le nazioni. Permettetemi di nominare una Golda Meir, una Thatcher… Ma, quando una donna esprime tale forza, rischia di perdere la sua caratteristica e preziosa femminilità. Le grandi donne del cristianesimo sono mille volte più forti e mille volte più femminili: Caterina da Siena e Teresa d’Avila…Questa ultima ebbe una potenza spirituale da intimidire papi e cardinali, principi regnanti, da imporsi con la sua saggezza e il suo coraggio; con le sue riforme religiose, con i suoi scritti ... 

...   teologici e mistici, con i suoi straordinari carismi ed esperienze. Morì ad Alba de Tormes il 4 ottobre 1582 e Paolo VI la proclamò dottore della Chiesa”.

  Riguardo agli angeli vi è la famosa visione del Trono divino. Essa avvenne assai  probabilmente durante la permanenza di S.Teresa a Toledo nel 1562. Ascoltiamo il racconto di questo episodio, come narra la Santa nell’autobiografia : “ Mi sembra di vedere aprirsi il cielo… mi fu mostrato il Trono… mi sembrava che fosse sorretto da certi animali… pensai che essi fossero il simbolo degli evangelisti (Ap 4,6-8). Non vidi né come fosse il Trono, né chi sedesse sopra, ma solo una moltitudine di Angeli che mi parvero di una bellezza senza confronto, superiore a quella degli angeli fino allora visti in cielo. Pensai che fossero serafini o cherubini, perché la loro gloria è assai diversa da quella degli altri, e mi apparivano infiammanti d’amore di Dio. La differenza, come ho detto, è grande e così grande anche il gaudio che allora sentivo in me, da non potersi descrivere né dire, né poter essere immaginato da chi non ne abbia fatto esperienza”. Dopo una tale esperienza celestiale che riecheggia quella di S.Paolo rapito al terzo cielo, S,Teresa “ si vergognava al pensiero di potersi soffermare in qualsiasi cosa terrena, tanto più, poi, di legarsi ad essa, perché l’universo intero mi sembrava, ormai, un formicaio” – conclude.

E’ evidente che questi doni mistici non sono fini a se stessi, ma sono dati da Dio per distaccare l’anima dalle caducità e farla progredire nel cammino delle virtù. Vi è pure la visione della Madonna accompagnata dagli Angeli, eccola:  “ La vigilia di S. Sebastiano – ricorda S. Teresa – il primo anno del mio priorato all’Incarnazione, nel momento in cui cominciammo la Salve Regina, vidi la Madre di Dio, accompagnata da una grande moltitudine di angeli, scendere verso il seggio della priora, dov’è la statua di nostra Signora e collocarsi lì. Mi sembrava di vedere Angeli sopra la cornice dei gessi e sopra gli appoggiatoi degli stalli; non però in forma corporea, perché la visione era intellettuale”. Questa visione evidenzia bene l’unione della liturgia terrestre con quella celeste; la partecipazione degli Angeli, i liturghi del Cielo, alla preghiera corale che si eleva a Dio dai monasteri: Il loro attorniare la Madre di Dio come cortigiani regali dimostra il sevizio a cui Dio ha deputato gli Angeli, quali mediatori presso la Regina del cielo, obbedienti agli ordini della loro Sovrana, che se ne serve in favore dei suoi devoti.

Abbiamo anche la visione di una lotta tra Angeli e demoni, la santa scrive: “Il giorno della SS.ma Trinità, mentre ero in estasi… vidi una gran lotta tra Angeli e demoni e non riuscivo a capire il significato di quella visione… lo sì capì (poi) bene per una certa contesa sorta tra persone di orazione e altre che non lo erano, da cui venne un gran danno alla casa in cui era sorta; fu una lotta che durò lungo tempo e causò molta sofferenza. Altre volte mi vedevo intorno una gran turba di essi (demoni) e mi sembrava di essere circonfusa di una luce chiarissima che non permetteva loro di avvicinarsi. Capivo allora che Dio vegliava su di me perché non si accostassero in modo da farmi recare offesa a Dio”. E’ una visione che simboleggia la missione degli Angeli quali custodi, inviati da Dio a proteggere i fedeli nel momento di grave pericolo, sventando le insidie e le tentazioni del diavolo. Famosa è pure la trasverberazione del cuore di santa Teresa d’Avila ad opera di un Serafino, essa infatti ha ispirato diverse opere d’arte.

Certamente una particolare considerazione merita l’episodio della trasverberazione del cuore, narrato da S.Teresa nell’autobiografia e immortalato nel marmo del Bernini che, pur ispirandosi al Quietismo più che alla mistica cattolica, ci ha offerto (nel 1646) un intramontabile capolavoro. L’opera si trova nella chiesa di S.Maria della Vittoria in Roma. La grazia straordinaria della trasverberazione del cuore di S.Teresa è commemorata, nell’Ordine Carmelitano, il 26 agosto. Il cuore trasverberato della Santa, conservato in un prezioso reliquiario, è esposto alla venerazione dei fedeli nella chiesa del Monastero di Alba de Tormes ed appare ferito in più punti. Ecco come S.Teresa narra l’eccezionale dono divino, ripetutosi più volte nella sua vita: “In questa visione piacque al Signore che lo (l’Angelo) vedessi così: non era grande, ma piccolo e molto bello, con il volto così acceso da sembrare uno degli Angeli molto elevati in gerarchia che pare brucino tutti in ardore divino: credo che siano quelli chiamati cherubini (Serafini). Gli vedevo nelle mani un lungo dardo d’oro, che sulla punta di ferro mi sembrava avesse un po’ di fuoco. Pareva che me lo configgesse a più riprese nel cuore, così profondamente che mi giungeva fino alle viscere, e quando lo estraeva sembrava portarselo via, lasciandomi tutta infiammata di grande amore di Dio.

Il dolore della ferita era così vivo che mi faceva emettere gemiti, ma era così grande la dolcezza che mi infondeva questo enorme dolore, che non c’era da desiderare la fine, né l’anima poteva appagarsi d’altro che di Dio. Non è un dolore fisico, ma spirituale, anche se il corpo non tralascia di parteciparvi un po’, anzi molto. E’ un idillio così soave quello che si svolge tra l’anima e Dio, che supplico la divina bontà di farlo provare a chi pensasse che mento”. Anche S.Giovanni della Croce, il Dottore mistico del Carmelo nella “Fiamma via d’amore” parla in termini simili di questa altissima esperienza divina, precisando: “Poche sono le anime che arrivano a questi vertici. Ve ne sono alcune, tuttavia, che li hanno raggiunti: sono soprattutto persone la cui virtù e il cui spirito si dovevano trasmettere successivamente ai loro figli” come è appunto per la Riformatrice del Carmelo. Dio si serve dell’opera dei Serafini (=Coloro che ardono e riscaldano), gli Spiriti più vicini a Lui, che hanno con Lui la più eccelsa somiglianza d’amore, per produrre un’esperienza d’amore divino così forte che si manifesta come fuoco che brucia e penetra profondamente il cuore umano.

E infine nel rapporto tra santa Teresa la grande e gli spiriti celesti c’è qualche particolarità che può interessare .

Nell’autobiografia S.Teresa riferisce di aver udito, dopo la sua conversione a Dio, queste parole interiori: “Non voglio più che tu abbia conversazioni con gli uomini, ma con gli Angeli”. Ella comprese che con questo termine il Signore intendeva alludere a persone amanti di Lui e dei divini colloqui. Di tali amicizie la Santa ne coltivò molte, incontrando anche vari Santi come S.Pietro d’Alcantara ed altri. Le sue stesse figlie, le monache dei suoi primi monasteri, S.Teresa le definiva “Angeli”, “anime angeliche”. Una curiosità per concludere: Nelle lettere di S.Teresa indirizzate a Padre Gerolamo Graciàn,Visitatore dei Carmelitani di Andalusia, si incontra più volte il nome Angela e Angeli come pseudomini per indicare col primo se stessa e con il secondo gli Inquisitori: un prudente accorgimento, una trovata della Santa, per nascondere la vera identità e non creare ulteriori guai in quel difficile periodo di lotta per la Riforma carmelitana.

Don Marcello Stanzione

 
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