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Il Beato Pietro Favre, un grande amico degli Angeli PDF Stampa E-mail

Il Beato Pietro Favre, un grande amico degli AngeliLa Chiesa festeggia il beato Pietro Favre il primo agosto, egli è uno dei primi compagni di Sant’Ignazio di Loyola. Nacque a Villaret, nella Savoia, il 6 aprile 1506 da povera famiglia, ma volle studiare e dopo alcuni anni andò in un collegio alla Sorbona di Parigi, assegnato nella stessa stanza degli studenti Ignazio e Francesco Saverio. Come Francesco fece gli esercizi spirituali e fu ordinato sacerdote il 30 maggio 1534. Il 15 agosto dello stesso anno celebrò la Messa nella cappella di Montmartre, durante la quale i primi sette compagni di Sant’Ignazio pronunciarono i voti. A Roma insegnò alla sapienza Sacra Scrittura e in seguito dovette confutare le dottrine luterane, predicate dall’agostiniano Agostino Mainardi. Nel 1541, in Germania assistette ai colloqui di Worms e partecipò alla Dieta di Ratisbona, presente Carlo V. Andò poi in Spagna, dove predicò in diverse città, in Belgio, in Portogallo. Da qui fu richiamato per recarsi come teologo al Concilio di Trento, ma giunto a Roma  ...

...   gravemente ammalato, morì il primo agosto 1546. Fu beatificato da Pio IX nel 1872.   Ecco quanto ci riporta di lui  S.Francesco di Sales, che lesse con attenzione ed ammirazione la sua vita, in Filotea  I I,16: Il grande Pietro Favre, primo sacerdote, primo predicatore, primo lettore di Teologia della  santa Compagnia di  Gesù  ( i Gesuiti)  e primo compagno del b. Ignazio di Loyola  fondatore della stessa Compagnia , tornando un giorno dalla Germania dove aveva reso grandi servizi in onore di Nostro Signore sostando nella nostra Diocesi, sua patria d’origine, raccontava che attraversando molti paesi eretici aveva ricevuto infinite consolazioni nel salutare gli angeli protettori delle parrocchie e diceva di averne sperimentato sensibilmente l’assistenza.

Lo avevano  protetto dalle imboscate degli eretici ed avevano reso molte anime aperte e docili nel ricevere la dottrina della salvezza. Lo esponeva con tanto calore che una donna allora giovane avendolo udito direttamente dalla sua bocca lo ripeteva agli uditori ancora con profonda commozione quattro anni fa ossia sessantanni dopo! (  la donna di cui parla Francesco di Sales aveva udito padre Pierre Favre nel 1544. Se si considera che la Filotea è stata pubblicata nel 1608, il “quattro anni fa”  corrisponde al 1604, cioè sessant’anni dopo il 1544).

L'iconografia che riguarda Pietro Favre sottolinea spesso la sua devozione e familiarità con gli Angeli nel suo peregrinare missionario, dalla Spagna  all'Italia e alla  Germania. Un’ immaginetta francese del secolo scorso ce lo presenta con un biondo giovanissimo  angelo dalle ali candidissime in volo sopra la sua testa che gli dà suggerimenti, un’ altra stampa ottocentesca di cui non conosciamo autore ce lo presenta accompagnato e consigliato da un angelo che somiglia, per il sanrocchino e il petaso che porta, all’arcangelo Raffaele, mentre entra in una città della Germania per predicarvi.

Dal cielo angeli lo benedicono, in lontananza un angelo di una parrocchia cattolica, abbandonata dai fedeli datisi al luteranesimo,  esulta  sopra la chiesa stessa per il suo arrivo.  La devozione agli Angeli entrò nella spiritualità occidentale tramite la traduzione latina di “La Gerarchia Celeste” dello Pseudo Dionigi e nell’alto medioevo fu molto diffusa da San Bernardo.

Tra i numerosi santi che assunsero e svilupparono questa tradizione vi furono Santa Matilde di Magdeburgo, Santa Gertudre la Grande, Giovanni Tauler e Ludolfo di Sassonia. In Spagna soprattutto i francescani, in particolare fra Francesco Eiximenis (m. nel 1409), il quale scrisse un trattato popolare sugli Angeli e fu uno strumento di divulgazione della devozione in quel paese. Un po’ più tardi, Denis il Certosino (morto nel 1471) fece una raccolta di consigli pratici di mistici riguardanti questi spiriti. Uno dei segni di questa devozione nei secoli quindicesimo e sedicesimo fu la crescita notevole di associazioni e confraternite in loro onore. Non sorprende, quindi, che anche nella spiritualità di Ignazio e più ancora in quella di Favre la devozione agli Angeli avesse una parte importante e significativa. Ciò che questi due gesuiti credevano sugli Angeli era di una fedeltà assoluta alla dottrina cattolica: essi formano la corte di Dio, sono gli ambasciatori di Dio e sono collaboratori della divina Provvidenza. Gli Angeli trasmettono gli ordini di Dio, comunicano le sue luci e le sue grazie e a volte eseguono i suoi giudizi. Entrambi, sant’Ignazio ee il beato Favre li consideravano dei perfetti contemplativi e dei perfetti attivi, perciò dei modelli ideali per tutti i membri della Compagnia di Gesù .

Contemplativi in azione, i Gesuiti dovevano imitare il servizio degli Angeli per il Padre e la loro missione nel mondo. Non c’era alcuna artificialità nel rappresentare gli Angeli come presenti e partecipanti al servizio liturgico e collaboratori al progresso dell’apostolato della Compagnia. Infatti, era l’uomo che faceva da aiutante agli Angeli nel loro continuo combattimento contro il potere delle tenebre.

Del beato Favre abbiamo un epistolario ed il suo diario chiamato “ Memoriale” ed in questa devozione cattolica generale agli Angeli, l’aspetto che colpisce di più nel “Memoriale” è la particolare devozione del Favre per gli Angeli Custodi. Per lui, come per molti padri della Chiesa, non solo gli individui avevano l’Angelo Custode, ma anche le nazioni , le città e le comunità cristiane. A parte l’intima relazione del Favre con il suo Angelo, troviamo che egli invoca quello di Dean di Speyer, quello di Esteban Carolo, uno dei suoi novizi, quello di San Gerolamo e “tutti gli Angeli dei santi nominati nel calendario romano o qualsiasi altro calendario”. Egli annota di aver scoperto molti nuovi modi di pregare durante un viaggio, “come quando nell’avvicinarsi, nello scorgere o nel sentire di qualche particolare località, chiedere a Dio che gli Arcangeli Custodi di quella regione e gli Angeli Custodi degli abitanti della stessa ci siano propizi”.

Favre era così convinto del valore di questa pratica, che la incluse in una lista di suggerimenti per chi stava per intraprendere un viaggio. Questa lista fu più tardi inclusa da Gerolamo della Compagnia. Era una pratica che anche l’ammiratore e discepolo del Favre,  san Pietro Canisio, avrebbe seguito. Padre Favre decide di richiamare alla propria coscienza la loro esistenza ogni lunedì che cos’ diviene il giorno fisso nel quale egli ricorda gli Angeli buoni. Nel trasferirsi in una nuova abitazione a Mainz nell’aprile 1543, egli invoca gli Angeli Custodi dei suoi vicini.

Poi egli continua. “ In preghiera desiderai che gli spiriti cattivi dei miei vicini non avessero alcun potere sopra di me o su coloro che stavano per venire a vivere con me, specialmente lo spirito di fornicazione che deve certamente trovarsi tra le prostitute, i fornicatori e altra gente pervertita che, come ho sentito, sono in questa zona”. Questi spiriti non solo si aggirano al di fuori dell’uomo, ma essi entrano realmente nel suo corpo.

Favre prega di poter diventare sede dello Spirito Santo e “che gli spiriti cattivi non possano vivere negli spiriti vitali o animali del mio corpo”. Altri aspetti di questa sua fede emergono durante le sue riflessioni nella festa dell’Apparizione di San Michele nel maggio 1543, quando scrive: “ In quanto a me, per quanto io sia incline al male e circondato da tante influenze corrotte della carne e del mondo degli spiriti cattivi, io gioisco grandemente che la mia natura non sia ancora semplice. Perché se essa fosse semplice, l’intera mia anima sarebbe così completamente infettata.

Tuttavia, sebbene ora qualche spirito cattivo possa penetrare, per esempio, la mia carne o il mio intelletto o miei affetti, ecc., non succede che io diventi immediatamente e completamente diavolo, perché ho bisogno di non volere come i diavoli, ma io posso dissociarmi da loro e con la mia volontà rifiutarli”. Favre appare qui molto lontano dalla credenza superstiziosa secondo la quale noi siamo in balia dei demoni e siamo impotenti contro di loro. Una solida teologia del peccato e del libero arbitrio lo preserva da simili deviazioni. E’ evidente che questa robusta fede nell’esistenza di spiriti buoni e cattivi fu per Favre un grande incentivo a praticare il “discernimento degli spiriti”.

Questo non fu per lui un esercizio puramente individualistico, al fine di essere preservato dagli inganni delle tentazioni e dalle cadute nel peccato o di essere aperto al flusso di esperienze spirituali che gli avrebbero rivelato la volontà di Dio per sua perfezione. C’era nel suo discernimento una prospettiva molto più ampia, quella di scoprire come collocarsi all’interno del conflitto cosmico tra le forze contrapposte del bene e del male. Era in gioco qui la salvezza delle anime umane e Favre sentiva profondamente le sue responsabilità. Gli Angeli buoni erano arruolati sotto la bandiera di Cristo, mentre i cattivi servivano i loro padroni.

Il discernimento aveva una rivelante dimensione apostolica, perché il Favre tentava continuamente di collocare se stesso nel campo degli Angeli insieme ai ministri di Dio, particolarmente i suoi confratelli gesuiti, che specie durante la riforma cattolica e contro l’eresia protestante, stavano proteggendo, appoggiando, fortificando e guidando gli uomini della Chiesa nel loro viaggio attraverso la vita e nelle loro battaglie con le potenze del male.

Don Marcello Stanzione

 
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