Educare alla preghiera con la Bibbia |
1. La Bibbia per evangelizzare la preghiera La parola Bibbia, derivante dalla lingua greca, vuol dire libri: comprende un insieme di narrazioni e di composizioni letterarie che sono state trasmesse dalla tradizione ebraico-cristiana, prima oralmente e poi con la scrittura. Il termine Bibbia è di origine cristiana, come lo sono i vocaboli Antico e Nuovo Testamento. Nell’antichità, i primi sistemi di scrittura si svilupparono attraverso l’uso di simboli, incisi nell’argilla e sulla pietra. Gli Egizi incominciarono a scrivere su fogli ricavati dal papiro, pianta che cresce nella acque del Nilo. In seguito utilizzate anche pelli di animali, chiamate pergamene. I manoscritti della Bibbia su papiro e pergamena sono scritti in ebraico e in greco. Sin dal primo secolo la Chiesa avvertì la necessità di traduzioni della Bibbia in latino: la più nota è detta Vetus Latina (cioè l’Antica Latina). San Gerolamo nel 382 fu incaricato da Papa Damaso di fare poi Vulgata (cioè divulgata tra il popolo) , che, ritoccata successivamente ... ... da altri, fu prescritta come autenticata nel 1546 dal Concilio di Trento. La prima stampa – denominata “Bibbia a 42 linee” – fu eseguita da Johann Gutenberg il 23 febbraio 1455, a Magonza. L’Italia fu la prima nazione a possedere una versione della Bibbia nelle propria lingua: venne stampata a Venezia (1471) da Nicolaus Jenson, in 2 volumi. I cristiani attribuirono alla Bibbia denominazioni diverse, e precisamente: Parola di Dio, Sacra Scrittura, Antico e Nuovo Testamento, Antica e Nuova Alleanza, Prima e Seconda Alleanza, Scritture, Sacre Lettere, La Scrittura, Libro dei Libri, Libri Sacri, Sacra Pagina… Per la Bibbia intendiamo sia il contenuto di Rivelazione, sia il linguaggio che l’esprime. Nella Chiesa del dopo Concilio la Bibbia ha acquistato sempre più uno spazio notevole: ad esempio, letture e omelia nella Eucaristia domenicale, contesto catechistico-scolastico, liturgia delle ore per i laici, ecc. Bisogna però domandarsi se a questa maggiore presenza materiale abbia corrisposto una effettiva incidenza formativa. Su questo aspetto educativo sarei un po’ scettico perché ho l’impressione che in molte comunità ecclesiali si offra ancora la Bibbia in modo “grezzo”, senza le opportune mediazioni educative e culturali, per cui la vita spirituale del credente medio risulta insufficientemente illuminata dalla Bibbia. Per quanto riguarda il rapporto tra Bibbia e preghiera, la Bibbia ha sul piano teologico il compito di “illuminazione dogmatica” su ciò che è la preghiera cristiana e non accontentarsi che i ragazzi e i giovani preghino in modo generico: “ tanto basta che preghino!”. Con la Bibbia si deve evangelizzare la loro psicologia in evoluzione per favorire il passaggio da una religiosità naturale ed infantile ad una fede personale e matura, pur secondo l’età, in Gesù il Signore. La Bibbia può aiutare il ragazzo (11-14 anni) a superare il soggettivismo ed il narcisismo per cui il preadolescente rischia di “pregarsi addosso” come uno sfogo emotivo gratificante, concentrandosi solo sulla preghiera di domanda. La Bibbia può aiutare i gruppi di giovanili (dai 14-15 anni in su ) a fare, contro ogni tendenza a ghettizzarsi, esperienza dell’unità di un popolo che prega e con ciò la preghiera può divenire elemento della comunità ecclesiale più ampia. Prima però di offrire alcune mete educative generali per una qualità biblica della preghiera dei ragazzi e dei giovani, è opportuno considerare brevemente i fondamentali biblici della preghiera cristiana autentica. 2. La preghiera nella Bibbia Tutta la Bibbia, Antico e Nuovo Testamento, è per eccellenza il libro della preghiera. Dal primo atto creatore di Dio nella Genesi fino all’ultimo grido orante della sposa nell’Apocalisse, si snoda nella Bibbia un dialogo costituito, da una parte, di parole e di opere di Dio e, dall’altra, di risposte dell’uomo. In questo tessuto dialogico emergono i grandi oranti ed amici di Dio e le forme originali di rapporto con lui, sia individuali che collettive, che sono le grandi preghiere. In tutto l’Antico Testamento il libro dei Salmi, sintesi della preghiera di Israele, microcosmo di sentimenti umani e religiosi aperti verso Dio, offre al riguardo un esempio emblematico. Nel Nuovo Testamento emerge la figura di Gesù, modello e maestro, che insegna ai suoi discepoli a pregare con l’orazione del Padre Nostro la quale sprigiona i sentimenti più nobili di un uomo nel suo rapporto orante con Dio. La comunità dei discepoli segue le sue orme e sotto l’impulso dello Spirito arricchisce l’esperienza di preghiera di Israele con nuovi sentimenti e nuove formule. Perciò la preghiera nella Bibbia è un fatto permanente, l’incontro con la storia biblica è inseparabile dall’incontro con un popolo che prega nella storia, anzi che prega la storia che vive. L’uomo biblico prega perché Dio è entrato come salvezza nella storia dell’orante e del popolo cui appartiene; la preghiera della Bibbia è perciò comprensibile solo nel contesto dell’alleanza e in essa emergono quattro qualità essenziali: 1) preghiera come esercizio di fede: la fede fa la preghiera e la preghiera nutre la fede; 2) preghiera come incontro con Dio, il cui piano di salvezza presiede al mondo e alla storia; 3) preghiera come risposta in seguito all’”auditus Dei”; 4) infine, preghiera nel nome di Gesù al Padre nello Spirito Santo. Nella Bibbia, pregare in “situazioni di grazia” significa convergere sulla storia perché è qui che l’uomo biblico vede per la prima epifania di tale grazia, cioè la salvezza come liberazione dal male e manifestazione definitiva del Regno di Dio. L’Orante biblico considerando la salvezza vista nel passato (=memoria) la invoca per il presente e per il futuro (=attualizzazione). 3. La Bibbia nella preghiera Da queste considerazioni sulla preghiera nella Bibbia ricaviamo alcune mete generali sull’apporto educativo della Bibbia alla preghiera dei ragazzi e dei giovani. Premesso che la preghiera di oggi non deve bloccarsi alla ripetizione delle formule bibliche, dal testo sacro prendiamo lo spirito, cioè l’esigenza di pregare nella traettoria delle sue motivazioni e condizioni. Infatti, pregare secondo la Bibbia non significa assolutamente soffocare la creatività personale tanto sentita dai ragazzi e dai giovani. E’ necessario, pertanto, educarli a pregare secondo alcune mete bibliche. 1. Presentare la preghiera come incontro con Dio che ha grandi progetti su di loro: pregare suppone la fede ed è al servizio della fede, è riconoscere una situazione di alleanza. La preghiera suppone un interlocutore non anonimo, non nel preadolescente un senso filiale di fiducia per cui realmente sente Dio come Padre e Gesù come Fratello. In una società secolarizzata che tende ad emarginare il “religioso”, l’educazione alla preghiera è indispensabile perché il giovane possa dimostrarsi disponibile a creare spazio per Dio. 2. Avviare, anche tramite la preghiera comunitaria e liturgica, ad un inseri- mento pieno nella vita ecclesiale affinché i ragazzi e i giovani abbiano un senso vivo dell’appartenenza al popolo di Dio. 3. E’ molto importante educare i ragazzi e i giovani a pregare secondo tutti I tasti della espressività, infatti dalla Bibbia si ricava un’enorme ricchezza linguistica; nell’Antico Testamento oltre 70 termini indicano modi diversi di pregare (dalla parola ai gesti non verbale, ai sentimenti, al canto, ecc.). Specie per i preadolescenti che sono in una fase di trasformazione fisica, è importante essere educati alla preghiera corporale, affinché da adulti non considerino la preghiera come fatto solo razionale-intellettuale, carat- teristica questa dell’uomo cartesiano ma non certamente biblico. 4. La preghiera biblica insegna anche ad esprimersi con sincerità, ponendo Sul tappeto tutti quelli che sono gli interessi di vita delle persone; per il preadolescente, ad esempio, la conflittualità con i genitori, le prime cotte amorose, ecc.; per i giovani, le difficoltà di inserimento nel contesto dell’ambiente socio-economico, ecc. 1. Infine, la Bibbia dimostra la valenza politica della preghiera: spesso i giovani considerano la preghiera come alienante perché pensano che il Pregare appartenga allo spirituale in opposizione al temporale. Invece, pregare nelle linea biblica è ritrovare ed assumere la logica di Dio che è salvatore dell’uomo, con i segni relativi. Ad esmpio, Gesù dopo aver pregato il Padre spezza il pane per la gente affamata (Mt 14,19). A questo riguardo, va detto che anche lo schema così eccellente e collaudato della “lectio divina” non può trascurare i problemi dell’ambiente, del lavoro, della condizione giovanile e femminile, ecc. Se questo non avviene, la preghiera perde di credibilità davanti ai ragazzi e ai giovani che ben presto l’abbandonano. 5. Indicazioni operative La nostra strategia educativa implica dei fattori raggruppabili in due serie: un buon contesto e una tecnica efficace. 1.Un contesto adatto richiede come elemento base la disponibilità interiore dei giovani partecipanti ad avvicinarsi alla Bibbia come ad un avvenimento significativo per la loro vita, attraverso un cammino che può essere anche scomodo e faticoso. Il secondo elemento è quello di farsi coinvolgere in termini molto personali, anche quando il credente si trova a ripetere formule create da altri; mediante la lettura della pagina biblica si tende a suscitare l’esperienza dell’incontro di persone vive, quelle degli oranti, quelle di Cristo e del Padre. Si stabilisce in tal modo un processo di identificazione che quasi spontaneamente si risolve in preghiera: momento di ascolto, di memoria dei “mirabilia Dei” in Cristo, d’offerta, ecc. E’ necessario poi, come terzo elemento, un clima di fraternità profonda, di gioia, che metta in movimento il linguaggio del corpo, il canto, ecc. e renda trasparenti i pensieri intimi attraverso la comunione fraterna. Infine, come quarto elemento per ottenere un buon contesto, è necessario un tempo di maturazione perchè l’esperienza di preghiera si compia; vi sarà bisogno di “giornate di deserto” , di incontri settimanali nell’arco di un anno, o di più anni con lunghe sequenze di ascolto, di silenzio e di riflessione personale. 2. Vi e poi bisogno di una sufficiente tecnica, infatti l’incontro con la Bibbia va pensato come un cammino ben strutturato e con delle scelte Precise; la concentrazione sarà sulla figura di Gesù ed i Vangeli saranno il libro chiave, pur senza escludere l’Antico Testamento: i salmi, in particolare, saranno letti cogliendone le risonanze cristologiche. Si cercherà di evidenziare il mondo di relazioni che Gesù (o un altro personaggio orante della Bibbia) sta vivendo: con i discepoli, con la folla, con gli avversari, con Dio, ecc. Sarebbe proficuo convertire in preghiera, se già non lo sono, le espressioni esplicite del testo sacro preso in esame, come la risposta di Marta a Gesù:” Si, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivo” (Gv 11,27); oppure si possono portare in seconda persona e rivolgere a Gesù le presentazioni che egli fa di se stesso:” Signore, tu sei il buon pastore, tu dai la vita per tutte le tue pecore…”. E’ necessario, perciò educare ad una forte attualizzazione o identificare le situazioni di vita proprie di Gesù e dei personaggi biblici con quelle dei membri del gruppo, perché è solo a questo punto che sgorga la reazione orante anche nella sua forma di lode, di domanda, di fiducia. Don Marcello Stanzione |
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