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La teologia di Karl Barth PDF Stampa E-mail

La teologia di Karl BarthNacque a Basilea nel 1886 ed ivi defunto nel 1968. Studiò nelle università di Berna, Berlino, Tubinga e Marburgo. Ebbe come professori di più celebri paladini del liberalismo teologico: Gunkel, Schlatter, Harnack e Herrmann. Finiti gli studi, esercitò la missione di pastore a Ginevra (1910-1911) e a Safenwill (1911-1921). In Germania fu professore di teologia riformata nell’università di Gottinga (1921), a Münster (1925) e a Bonn (1930). A causa della sua opposizione al nazismo nel 1935 fu privato della cattedra e ritornò in Svizzera, impartendo lezioni nell’università di Basilea fino al 1962. La prima tappa del pensiero di Karl Barth riguarda la formazione liberale ricevuta nella sua famiglia, gli studi iniziali e la riflessione teologica sotto la guida di grandi personalità del liberalismo teologico, specialmente di Herrmann, che avrà un ruolo importante nella sua attività pastorale a Safenwill (1911-1921). Se ad esso aggiungiamo l’influsso che  ebbe su di lui l’ideale morale kantiano, il ...

...   dedicarsi a un intenso studio della Bibbia e i drammatici  interrogativi spirituali posti all’umanità  per la prima guerra mondiale, troveremo i motivi più importanti dello sviluppo teologico che Karl Barth cominciava a costruire: profonda ispirazione biblica e illimitata apertura verso tutti i problemi dell’uomo moderno.  Nello specifico, la questione sociale di Safenwill, operai e agricoltori contro imprenditori, lo porta a cercare una soluzione pastorale negli studi degli scritti di San Paolo. Nel 1919 pubblica a Berna Der Römerbrief  (La lettera ai Romani), il suo commento alla lettera ai romani, che fu intesa rapidamente  come un manifesto a favore del rinnovamento teologico contro la teologia protestante del secolo XIX, utilizzando l’elemento  storico nella  comprensione dello spirito della Sacra  Scrittura.

Barth scrive che “tutta la mia attenzione era protesa a penetrare, tramite la storia, nello spirito della Bibbia, che è lo spirito eterno”.

 A partire dal 1925, Karl Barth sviluppa il progetto di scrivere un trattato di dogmatica. Due anni dopo pubblica il primo volume della Dogmatica Cristiana che nel 1932 si trasformerà nell’inizio della Dogmatica Ecclesiastica. Con questa sistematica produzione inizia il secondo momento della sua speculazione teologica. Il suo studio, apparso nel 1931 sulla Fides quaerens intellectum di S. Anselmo di Canterbury, gli fornirà il metodo della sua elaborazione teologica e la chiave per capire il pensiero della Dogmatica Ecclesiastica.

 Il metodo di Karl Barth è deduttivo e descrittivo, senza intenzione apologetica: vuole unicamente presentare la parola di Dio. Nella Dogmatica Ecclesiastica, Barth opta per un rigoroso cristocentrismo, con il quale si propone di abbandonare gli elementi della filosofia esistenziale a cui si appoggiava ed escludere la analogia entis, praticata dalla teologia cattolica  e che secondo lui portava all’elaborazione di una  teologia naturale e di una metafisica. Se la analogia entis, l’analogia dell’essere è per Barth una categoria filosofico umana incapace di comprendere la parola di Dio, l’analogia fidei, o analogia gratiae, o  analogia revelationis, che parte dalla  fede  e non dalla ragione,  da Dio e non dall’uomo, sarà lo strumento  che permette di interpretare sistematicamente tutti i misteri della rivelazione. Nella misura in cui i volumi della Dogmatica Ecclesiastica vengono pubblicati, questo metodo dell’analogia rimpiazzerà il metodo della dialettica.

Barth si rese conto che l’interrogativo principale che il teologo deve affrontare è: come parlare di Dio all’uomo? Per la teologia liberale o neoprotestante, secondo Barth, la risposta partiva dall’uomo, che è una realtà viva, dalle questioni che si pongono di fronte alla propria esistenza, al suo destino, alla sua morte. Dio, la sua esistenza, le sue risposte, sono tuttavia qualcosa di incerto.  Cioè è l’uomo che pone gli elementi del dialogo, chi deve rispondere è Dio. L’opera specifica di Barth trasforma tutto, opera una vera rivoluzione copernicana: non è l’uomo che sta al centro, bensì Dio. È lui che ha l’iniziativa del dialogo fra Lui stesso e l’uomo. In questo modo, Barth recupera l’assoluta precedenza  di Dio, tanto nel dominio dell’essere, come  in quello della conoscenza.

La teologia, pertanto, vuole essere una teologia della parola di Dio che ha come struttura fondamentale la figura concreta e l’esistenza di Cristo; teologia il cui significato “ha a che vedere con l’Emmanuele, Dio con noi”. Precisamente, nella Dogmatica Ecclesiastica, Barth indica che il punto di partenza della cristologia è la divinità di Gesù Cristo, cioè il soggetto della proposizione Verbum caro factum est (il Verbo si è fatto carne), l’eterna legge del Dio supremo e il primo che prende qualsiasi altra decisione di unirsi all’uomo e di comunicargli la sua stessa vita. L’altro elemento, il predicato, caro, rivela che l’umanità assunta per Cristo è proprio di carne, cioè peccatrice come la nostra, ed è diventato peccato per causa nostra. Così, il fatto caratteristico dell’incarnazione è questa kenosis, che va collocata prima della sua esaltazione: umiliazione ed esaltazione sono le due dimensioni della stessa persona. La salvezza proviene totalmente ed esclusivamente da Dio verso l’uomo, viene dall’alto verso il basso mediante le azioni di Gesù Cristo.

Predicare la parola di Dio è testimoniare l’avvenimento della  Rivelazione ed è, secondo Barth, la missione  della Chiesa: “la Bibbia è il mezzo concreto attraverso il quale si ricorda alla Chiesa la Rivelazione avvenuta in  Dio, la quale è chiamata  ad  aspettare la Rivelazione futura e in più è  esortata, autorizzata e istruita  per l’annuncio”. Solo due le fasi dell’ecclesiologia di Barth. Nella Lettera ai romani Barth pensa alla Chiesa secondo il suo criterio teologico di radicale opposizione tra Dio e il mondo. La Chiesa è “nell’intento più meno ampio ed energico di umanizzare il divino, di temporalizzarlo, di reificarlo, di mondanizzarlo, di convertirlo in qualcosa di pratico, e tutto questo a beneficio degli uomini che non possono vivere senza di Dio, e nemmeno con il Dio vivente”. In un secondo momento, Barth vede la Chiesa più come mistero, perché Cristo è mistero; la vede come grazia di Dio. La Chiesa è una comunità chiamata, riunita e diretta dalla parola del Signore: “ è la comunità viva del Cristo vivente”.

Don Marcello Stanzione

 
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