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La dignità del Sacerdozio visto da Sant'Alfonso Maria De Liguori PDF Stampa E-mail

La dignità del Sacerdozio visto da Sant'Alfonso Maria De LiguoriIl consiglio di San Paolo, nella 2a Lettera a Timoteo di lavorare incessantemente per il Regno di Dio, riassume bene la vita di san Alfonso (1696-1787), questo santo che è il patrono dei teologi moralisti. Egli aveva fatto il voto di non permettersi alcuna inutile perdita di tempo. La sua vita si è prolungata al di là del 90o anno. A 16 anni, aveva già conseguito i gradi accademici del diritto civile e del diritto canonico, ma, avvocato brillante in carriera del foro di Napoli,  a trent’anni subì un pesante insuccesso di carattere professionale, perdendo per un semplice cavillo una causa in tribunale.  Egli valutò i pericoli e la vanità del mondo e intelligentemente si volse verso gli studi ecclesiastici ed il sacerdozio deponendo la sua spada ai piedi della statua della Madonna nella Chiesa della Mercede. Sacerdote, professore ; apostolo, vescovo santo, egli fondò un nuovo ordine religioso, la Congregazione dei Sacerdoti del Santissimo Redentore, per l’evangelizzazione delle campagne e degli ambienti ...

...  rurali e delle periferie delle città. A Napoli arrivò ad ideare le Cappelle Serotine. Ossia il raduno al suono serale dell’Angelus nelle piazzette per consentire alla gente dei bassifondi, ai cosiddetti “lazzaroni”, ma anche agli operai e agli artigiani di riunirsi alla sera per partecipare alla preghiera e parlare di Dio. La sua oratoria trascinava le folle per le quali usava un linguaggio semplice e comprensibile e quando serviva, utilizzava anche la letteratura e la poesia per far penetrare il messaggio di Dio. Sant’Alfonso è anche noto per le sue doti di compositore di musiche e canti popolari tra i quali spicca la celebre pastorale natalizia “ Tu scendi dalle stelle”, composta nel corso di una missione popolare a Nola.

Egli è anche autore di una cinquantina di canzoncine popolari per le feste religiose più significative. Costretto dal  Pontefice, dovette accettare l’episcopato, con grande zelo per le anime, con scienza e  santità, egli governò la sua diocesi, si ritirò in ragione delle deficienze della sua salute e, in mezzo ai suoi religiosi redentoristi, nel lavoro, nell’austerità, nella sopportazione generosa delle sofferenze fisiche, egli trascorse l’ultima parte della sua esistenza. E’ interessante, in questo speciale anno sacerdotale indetto dal papa Benedetto XVI,  leggere che cosa il nostro santo scrive sulla dignità del sacerdote che per lui è superiore a quella degli angeli:  “Dunque la dignità del sacerdote è la più nobile fra tutte. Scrive sant’Ambrogio: “Non c’è nulla di più eccelso in questo mondo” (De dignitate Sacerdotis). “Supera tutte le dignità di re, imperatori e degli stessi angeli” – conferma san Bernardo (Sermo ad Pastor. In Syn.). “La dignità del sacerdote – nota sant’Ambrogio – supera quella dei re, quanto l’oro il piombo. L’oro non è tanto più prezioso del piombo, quanto invece è più alta la dignità del Sacerdozio sulla dignità regale”. E questo perché il potere dei re si limita ai corpi dei sudditi, ai beni materiali, quello dei sacerdoti invece si estende sui beni spirituali, sull’anima.

“Quanto più l’anima è importante nel corpo – scrive san Clemente Alessandrino (Constit. Ap. 1.2, c. 34) – tanto più eccellente è il sacerdozio su un regno”. E san Giovanni Crisostomo conferma (De Jac. 1.3): “i principi hanno potere sui vincoli del corpo; i sacerdoti anche sull’anima”.

“La dignità sacerdotale supera anche quella angelica – scrive san Tommaso d’Aquino (3 p., q. 22, art. 1). E san Gregorio Nazianzeno (Sermo 26 de Sanct. Petr.) osserva che “il sacerdozio è venerato anche dagli angeli”. “Tutti gli angeli del cielo – nota anche san Pier Damiani (Sermo 26 de Sanct. Petr.) – non possono assolvere neppure un solo peccato. Infatti assistono sì le persone a loro affidate e fanno anche in modo che, se si trovano in peccato, ricorrano ai sacerdoti per l’assoluzione, ma “benché assistano, in attesa del potere del Sacerdote, tuttavia, non godono del potere di assolvere”. Lo stesso Arcangelo san Michele, se si trovasse accanto a un moribondo che lo invoca, potrà pure allontanare i demoni, ma non liberare quel suo devoto dalle catene del peccato, se non accorre un sacerdote che lo assolva. San Francesco d’Assisi era solito dire: “Se vedessi un angelo del paradiso e un sacerdote, prima genufletterei davanti al sacerdote, poi davanti all’angelo”.

Il potere del sacerdote supera anche quello di Maria Santissima. La divina Madre, infatti, può pregare per una persona e, pregando, ottenere ciò che vuole, ma non assolverla da una pur minima colpa. Scrive papa Innocenzo III (Nova quaedam de Poen. Rem.): “Benché la beata Vergine sia superiore agli Apostoli, tuttavia solo a questi sono state affidate le chiavi del Regno dei cieli”. E san Bernardino da Siena (Tom. I, Sermo 20, art. 2, c. 7) esclama: “Vergine benedetta, perdonami, non intendo minimamente offenderti, ma il sacerdote prevale su di te!”. Maria, infatti, ha concepito Cristo una volta sola, ma il sacerdote – diciamo -, consacrando lo concepisce quante volte vuole. Sicché se la persona del Redentore non fosse ancora venuta su questa terra, il sacerdote, con le parole della consacrazione, genererebbe la persona dell’uomo-Dio.

Come a Dio fu sufficiente dire “Fiat” (Sal 32, 9) e il mondo fu, così al sacerdote basta dire sul pane e sul vino: “Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue” e il pane non è più pane, il vino non più vino, ma sostanza del corpo di Cristo. “Il potere sacerdotale – scrive san Bernardino d Siena (Tom. I, Sermo 20, art. 2, c. 7) – è come quello delle tre divine persone, giacché per la transustanziazione del pane si richiede tanta potenza quanta la creazione del mondo”. “O venerabile santità nelle mie mani! – scrive sant’Agostino (In Ps. 37) – O felice opera! Chi mi creò (se è lecito dirlo), mi diede potere di creare lui! Chi creò senza di me, egli stesso ha creato se stesso mediante me!”. “Con la parola di Dio creò dal nulla cielo e terra, così, dice san Girolamo (Sermo de corpore Christi) – la parola del sacerdote crea Cristo”.

Don Marcello Stanzione

 
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