Dal 4 al 25 ottobre 2009 si è svolto in Vaticano il Sinodo dei vescovi dell’Africa |
Dal 4 al 25 ottobre 2009 si è svolto in Vaticano il Sinodo dei vescovi dell’Africa dal tema: «La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace». Ai lavori hanno preso parte 236 padri sinodali e il Papa vi ha partecipato attivamente. In attesa della Esortazione Apostolica post-sinodale presentiamo una nostra riflessione precedente a questo Sinodo che mette a confronto testi molto interessanti sul cristianesimo in Africa. «Ho preso coscienza dell’insignificanza del cristianesimo occidentale per l’uomo africano. Questo cristianesimo è integrato a un sistema di dominazione nel quale Dio rischia di essere catturato dalle forze che ci opprimono. Ora bisogna che Dio sia Dio, e perché lo sia bisogna che Dio sia liberato da questa schiavitù. La mia teologia prende come punto di partenza il fatto che il vangelo non può essere realmente una forza di liberazione se non lo si libera dal cristianesimo occidentale, fondamentalmente associato a un ... ... sistema di dominazione dopo la conversione dell’imperatore Costantino». (Affermazioni tratte da un’intervista intervista al prete, sociologo e teologo camerunese Jean-Marc Ela (1936-2009), in: necrologio, scritto da B. SALVARANI in “Settimana” 15.03.2009, p.13). Proveremo ad esprimere un nostro parere (di adesione, o di riserva critica, o di rifiuto) a questa opinione di Ela, pertanto: A) cercheremo almeno 3 diversi documenti del magistero postconciliare sulla inculturazione del vangelo, rilevando dai passi più significativi i tratti della “nuova evangelizzazione delle culture”; B) valuteremo la prossimità/affinità/discrepanza delle posizioni del teologo Ela con quelle del Magistero; C) il nostro parere. Il concetto “inculturazione della fede”o “inculturazione del vangelo” è fondato sul comando del Signore, riferito da Matteo, che diventa mandato: «Andate, dunque, e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19-20). Da duemila anni in questo mandato missionario è sempre presente lo spirito cristiano. Il concetto di “inculturazione” è conosciuto dagli anni Cinquanta ed è divenuto molto attuale. Il primo a utilizzare il termine “inculturazione” è stato Giovanni Paolo II in un discorso alla Pontificia Commissione Biblica nel 1979. Magistero postconciliare sulla inculturazione del vangelo: i tratti della “nuova evangelizzazione delle culture”: alcuni documenti di diverso livello magisteriale. Gv XXIII: Es. Ap. Princeps Pastorum 28-XI-1959; nn. 7.8.10.11.13; Conc. Vat II (SC 37-38; LG 13.16.17; NA 2; GS 44.53.58; AG 3.9.11.16.22.) Africae Terrarum (lettera apostolica, Paolo VI, 29 ottobre 1997): tra luci ed ombre dell’Africa si promuove attraverso l’evangelizzazione lo sviluppo sociale ed economico, che supera gli antichi, angusti limiti tribali, si promuove in tutti la formazione al senso civico (16). Rendere vivo ed efficace l’incontro del Cristianesimo con l’antica tradizione africana (23). Fondamenti costanti e generali della tradizione africana sono: la visione spirituale della vita (8), il rispetto per la dignità umana (9), il senso della famiglia (10); la chiesa li considera molto e vede in essi la base provvidenziale sulla quale trasmettere il messaggio evangelico e avviare la costruzione della nuova società in Cristo [..] L’africano, quando diviene cristiano, non rinnega se stesso, ma riprende gli antichi valori della tradizione «in spirito e verità» (14). A questa costruzione ha contribuito, in varia misura, tutta la popolazione, la quale chiede una equa partecipazione al potere civile, una più giusta ripartizione del reddito nazionale e il riconoscimento dei diritti fondamentali negati da disposizioni che mantengono artificiosamente barriere economiche, sociali, politiche e psicologiche (18). «L’educazione di base» dicevamo in quel Nostro appello, «è il primo obiettivo di un piano di sviluppo. La fame di istruzione non è in realtà meno deprimente della fame di alimenti» -Lett. Encicl. Populorum progressio, n. 35: A.A.S. 59, 1967, p. 274- (20). L’unico vero motivo della presenza dei missionari in Africa, [..] fu il desiderio di partecipare agli Africani il messaggio di pace e di redenzione affidato alla Chiesa dal suo Divino Fondatore (25). È attribuita ai missionari del passato una certa incomprensione del valore positivo dei costumi e delle tradizioni antiche. A questo riguardo, si deve onestamente ammettere che i missionari, [..] non potevano essere del tutto immuni dalla mentalità del loro tempo. [..] Ma soprattutto bisogna riconoscere che l’azione dei missionari fu sempre disinteressata e vivificata dalla carità evangelica, essendosi essi prodigati generosamente per aiutare gli Africani a risolvere i complessi problemi umani e sociali del loro Paese (24). Ecclesia in Africa : «Fedeli alla tradizione dei primi secoli del cristianesimo in Africa; frutto di un lavoro collegiale, intenso e prolungato» (1); 1) L'evangelizzazione ha per scopo di « trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità stessa ». È dunque necessario « che la nuova evangelizzazione sia centrata sull'incontro con la persona vivente di Cristo ». « Il primo annuncio deve mirare a far fare questa esperienza sconvolgente ed entusiasmante di Gesù Cristo che chiama e trascina al suo seguito in un'avventura di fede ». «In Africa, la necessità di applicare il Vangelo alla vita concreta è fortemente sentita» (51). « L'evangelizzazione promuove molti di quei valori essenziali che tanto mancano al nostro continente: speranza, pace, gioia, armonia, amore e unità » (40). I Padri sinodali hanno a più riprese sottolineato l'importanza particolare che riveste per l'evangelizzazione l'inculturazione (59). 2) Per i Padri sinodali la sfida -l’urgenza, la priorità, l’esigenza e la necessità; nonché: processo, cammino, compito arduo (cf. 48-59-60-78) - dell'inculturare e radicare la fede in Africa, in tutti i settori della vita cristiana ed umana, sta da una parte nel: rimanere integro il primato della Cattedra di Pietro (11), restare fedeli all'insegnamento e alla comunione della Chiesa universale (62 e 64) e al suo mandato (55), considerando che: la religione tradizionale africana è preparazione al Vangelo (67); dall’altra parte, al tempo stesso, conservare, sviluppare, intimamente trasformare, le proprie tradizioni (11), gli autentici valori culturali africani (78), in compatibilità con il messaggio (62), evitando ogni sincretismo (62), sempre rispettando le persone nella giustizia e con vera carità pastorale (64). 3) I Padri sinodali costatano una forma di invadenza poiché: « i paesi in via di sviluppo, più che trasformarsi in nazioni autonome, [..] verso la giusta partecipazione ai beni ed ai servizi destinati a tutti, diventano pezzi di un meccanismo, parti di un ingranaggio gigantesco. Ciò si verifica spesso anche nel campo dei mezzi di comunicazione sociale (mezzi di diffusione di una nuova cultura e strumenti di evangelizzazione), i quali, essendo per lo più gestiti da centri nella parte Nord del mondo, non sempre considerano e rispettano le priorità, i problemi e la loro fisionomia culturale, ma anzi, non di rado, essi impongono una visione distorta della vita e dell'uomo, e così non rispondono alle esigenze del vero sviluppo » (52). Intanto «molte persone in Africa guardano al di là dell'Africa, verso la cosiddetta "libertà del modo di vivere moderno". Oggi io vi raccomando caldamente di guardare in voi stessi. Guardate alle ricchezze delle vostre tradizioni, guardate alla fede che abbiamo celebrato in questa assemblea. Là voi troverete la vera libertà, là troverete il Cristo che vi condurrà alla verità -GPl II-» (48). 4) La Chiesa in Africa, terra divenuta « nuova Patria di Cristo », è ormai responsabile della missione nel continente e nel mondo: «Africani, voi siete ormai missionari di voi stessi», diceva a Kampala il mio predecessore Paolo VI (56). Sulla stessa scia Benedetto XVI: «Nei secoli XIX e XX, l’Africa sub-sahariana ha visto arrivare missionari, uomini e donne, provenienti da tutto l’Occidente, dall’America Latina e anche dall’Asia. [..] Qui vorrei andare oltre e parlare dei catechisti africani, compagni inseparabili dei missionari nell’evangelizzazione. [..] Laici con i laici, [..] con naturalezza, hanno operato un’efficace inculturazione che ha portato meravigliosi frutti (cfr Mc 4,20). [..] Sono Africani che hanno evangelizzato Africani» . Valutazione . Penso che il teologo Ela verso i dati che ho selezionato dalle tre fonti magisteriali sia in una certa posizione di discrepanza: il magistero riconosce i suoi errori ma esprime anche una sua positiva evoluzione decisionale e il cristianesimo occidentale chiede apertura alla sua ricca maturità. Risposta al punto B: nella condizione attuale, se il teologo Ela ha pensato ad una forma di invadenza del cristianesimo occidentale nella cultura africana, penso che nei documenti ci sia una risposta serena: oggi il problema viene dal di fuori di una certa azione missionaria. Secondo l’Es. Ap. essa è da attribuire più ai mass-media e ad un certo sistema occidentale. Essi oggi tante volte arrivano prima dei missionari,oppure vanno ad inquinare un lavoro di evangelizzazione preesistente: per questo i padri sinodali ci sollecitano dicendo che: «un interesse profondo per un'inculturazione vera ed equilibrata del Vangelo si rivela necessario per evitare la confusione e l'alienazione nella nostra società, sottoposta ad una rapida evoluzione» (48). Il mio parere. 1. L’Africa è un continente immenso con una molteplicità smisurata di situazioni/problematiche economico-religioso-culturali tanto che nel parlarvi si rischia di “generalizzare la valutazione dei problemi e il suggerimento delle soluzioni” (cf.40 e 48). Dopo le grandi “indipendenze”africane l’occidente ha reinventato le sue forme di colonizzazione a prescindere dal cristianesimo. Attraverso i mass-media non sempre arriva un occidente cristianizzato, anzi, arriva una cultura che va a mettere in urto i modi occidentali con i valori tradizionali africani. Questo fa capire che se l’occidente va sempre più in declino, con la sua influenza, rischia di trascinarsi dietro i paesi in via di sviluppo. L’Africa deve difendersi da un certo cristianesimo occidentale, però a me pare che la posizione del teologo Ela, visti anche i documenti magisteriali, non sia stata del tutto obbiettiva. 2. In Africa c’è la presenza di un cristianesimo della “prima ora”ma quando ci muoviamo in terre vergini dal cristianesimo apparteniamo sempre alla missione dell’ “ultima ora”, in qualsiasi momento della storia esso è accaduto, accade e accadrà. Mi pongo delle domande: io, presbitero, laico, di una cittadina della Campania andrei ancora oggi in missione in Africa? Sì, ma non senza di loro. Con quali mezzi e quali criteri? Spirito Santo e formazione, convinzioni da offrire ma senza “violentare”. 3. Le sfide fondamentali esaminate dal Sinodo sono i problemi di quasi tutte le nazioni: la fame, la guerra, le tensioni razziali e tribali, l’instabilità politica e la violazione dei diritti umani; «la povertà crescente, l’urbanizzazione, il debito internazionale, il commercio delle armi, il problema dei rifugiati e dei profughi, i problemi demografici e le minacce che pesano sulla famiglia, l'emancipazione delle donne, la propagazione dell'AIDS, la sopravvivenza in alcuni luoghi della pratica della schiavitù, l'etnocentrismo e le opposizioni tribali» (51). Il popolo chiede con sempre maggiore insistenza il riconoscimento e la promozione dei diritti e delle libertà dell'uomo (44), e invoca maggiore giustizia e pace,sviluppo, libertà, rispetto della dignità umana. Queste cose ci sono state insegnate e consegnate in special modo da Gesù: è naturale che le vogliamo offrire agli altri per il loro bene integrale. Ascoltando le richieste che salgono dal popolo ci si rende conto che essi non fanno una domanda di fede ma di “democrazia” (quale la forma più opportuna?) e di “bene comune”. «I figli e le figlie dell'Africa [..] occorre aiutarli a raccogliere le proprie energie, per porle al servizio del bene comune» (41), però questo spingerebbe la Chiesa solo all’impegno di un’opera sociale: dove collochiamo il “mandato” (cf.55) di Cristo? Un evangelizzatore sa che la liberazione che lui annuncia «non può limitarsi alla semplice e ristretta dimensione economica, politica, sociale o culturale, ma deve mirare all'uomo intero, in ogni sua dimensione, compresa la sua apertura verso l'assoluto, anche l'Assoluto che è Dio» (68). Una risposta di G. Paolo II potrebbe essere: Il buon samaritano: «Da parte mia, auspico che la Chiesa continui pazientemente ed instancabilmente la sua opera di buon Samaritano». (41). «Ecco perché, in riferimento alla missione evangelizzatrice della Chiesa nel campo della giustizia e della pace, io stesso ho detto: «Oggi più che mai la Chiesa è cosciente che il suo messaggio sociale troverà credibilità nella testimonianza delle opere, prima che nella sua coerenza e logica interna» (21). La fede è la fonte e il cuore della libertà. Appendice «La Provvidenza divina volle che l'Africa fosse presente durante la Passione di Cristo nella persona di Simone di Cirene, costretto dai soldati romani ad aiutare il Signore nel portare la Croce (cfr Mc 15, 21)» (27); «Come agli inizi del cristianesimo l'alto funzionario di Candace, regina d'Etiopia, felice di avere ricevuto la fede mediante il Battesimo, proseguì il suo cammino divenendo testimone di Cristo (cfr At 8, 27-39), così oggi la Chiesa in Africa, piena di gioia e di riconoscenza per la fede ricevuta, deve proseguire la sua missione evangelizzatrice, per attrarre i popoli del continente al Signore, insegnando loro ad osservare quanto Egli ha comandato (cfr Mt 28, 20)»,(EA 6); Due riflessioni in chiave positiva sul cristianesimo occidentale: prendo in prestito una serie di osservazioni di Luis Martínez Ferrer: si può presentare un problema quando “si sviluppa unicamente la dimensione locale: la presentazione del messaggio evangelico (di per sé universale) nelle categorie di una cultura autoctona, ma chiusa in se stessa”. “In questo caso, purtroppo frequente, la cultura locale è quella che detta le regole, ed è la fede che si deve adattare, e non il contrario. Il che è un enorme errore antropologico, perché la cultura locale è al servizio della persona, e non viceversa. Ed è un errore teologico, perché la fede deve informare le culture, e non il contrario. La priorità è della persona e della fede”. “La dignità di una cultura si misura dalla sua capacità di apertura nei confronti della verità, per il bene degli appartenenti a quella cultura”. “Se una cultura si assolutizza e si chiude a qualsiasi influsso esterno si impoverisce tremendamente e, presto o tardi, entra in decadenza”. -Una testimonianza. Il celebre missionario del PIME di Milano: Padre Piero Gheddo (10.3.1929), giornalista e scrittore, in linea con «il decreto conciliare Ad Gentes n.7, circa i 4 o 5 miliardi di uomini che ancora non conoscono Cristo, ribadisce che, seppur riceve testimonianza di tanti esempi di vita a servizio del prossimo anche fra i non cristiani, primo: c’è il comando preciso dato da Gesù (cfr. sopra), secondo: “Tutti i popoli hanno diritto di conoscere [la buona notizia] che anche per loro è nato il Messia, il Salvatore”. Domanda: non è il momento di finirla con i missionari, che vogliono far cambiare religione a chi sta benissimo com’è? Risposta (Gheddo): Credo che in Italia non si abbia un’idea precisa di cosa vuol dire “paganesimo”. […] “i missionari che vivono a lungo fra le popolazioni africane e nella Papua Nuova Guinea, come fra i tribali asiatici (penso a quelli della Birmania), toccano con mano che quelle religioni animiste non portano la pace e la serenità del cuore ma spesso generano terrore e uno stato di continua paura. L’annunzio di Cristo ha proprio questo significato: liberare gli uomini dalla paura del mistero [..] per dare a tutti gli uomini e a tutti i popoli la Buona Notizia, liberandoli dalla paura della morte, del peccato e da ogni timore dei misteri che circondano il genere umano. [ l’attività missionaria annunzia Cristo e fonda la Chiesa, continuando a formare i cristiani fin che è possibile. Il resto è nelle mani di Dio che guida e giudica la storia» . In questo articolo non compaiono e pertanto non sono messi in discussione “metodo/i” e “Verità/verità”. Le parole del missionario appaiono molto precise, convinte e serene. Se potessimo ipotizzare una risposta al teologo camerunese Ela da parte di Padre Gheddo potremmo ipotizzare che al concetto di “liberazione dal cristianesimo occidentale” la risposta sarebbe contraria e che il cristianesimo occidentale, così fatto, è stato e continua ad essere “liberazione” per quei popoli. Don Enzo Cianci |
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