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Natuzza Evolo e il Demonio PDF Print E-mail
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Natuzza Evolo e il DemonioNatuzza Evolo, la mistica calabrese morta in concetto di santità il primo novembre 2009, nelle sua lunga vita, non ebbe a che fare solo con gli angeli buoni, ma purtroppo anche con gli spiriti maligni. Natuzza una volta si trovava in cucina a lavare le stoviglie. Su una credenza posta sul lavabo c’era un vasetto di vetro col coperchio. All’improvviso vide una mano che si avvicinava lentamente al vasetto. Natuzza pensa che sia la mano del figlio Franco. Improvvisamente il coperchio del vasetto le cadde su un dito della mano ferendolo con un’abbondante sanguinazione. “Che cosa hai fatto, dammi un po’ di alcool, grida Natuzza al figlio, che in quel momento non era neppure in casa. Ma mentre solleva gli occhi dalla ferita vede avanti a sé un uomo il quale, sghignazzando e in preda a grande gioia dice: “Ed ora te la tieni la ferita, brutta…”. Quindi quell’uomo scompare bestemmiando. Un giorno Natuzza dice a due visitatori, i comniugi Sargenti: “Pregate per me; per tutta la  ...

...  giornata mi ha perseguitato una terribile visione…”. Durante tutto il giorno il diavolo le si era presentato più volte tenendo in braccio suo figlio Franco cadavere, e, avendo avanti agli occhi, quel tristissimo quadro, non aveva potuto dare loro ascolto. Il professor Sargenti dcide allora di recitare con la moglie il Rosario a favore di Natuzza lungo il viaggio in macchina verso Reggio. Alle porte della città è costretto a fermare la macchina: l’auto manda fumo denso e nero. Ma non essendoci guasti, la macchina è rimessa subito in moto. Il professore tuttavia, arrivato a casa sua, telefona a Natuzza per chiederle che cosa fosse accaduto ad una certa ora, cioè quando sembrava che la macchina prendesse fuoco. Lei risponde che mezz’ora prima ha avuto una brutta visione e che subito dopo le è apparsa la Madonna e l’ha tranquillizata dicendole di sopportare con pazienza le tentazioni del maligno per la santificazione dei sacerdoti. Un’altra volta, nella cappellina nella casa di Natuzza, una ventina di fedeli stanno recitando il rosario. Improvvisamente un lezzo nauseante invade il luogo sacro.

Tutti si otturano il naso a causa del fetore. Natuzza, guardando nell’orto attraverso la finestra, scorge un uomo che si nasconde dietro un albero di fico. Guardando di nuovo nell’orto vede ancora che ride e fa delle smorfie di scherno. Credendo che si tratti di un giovane venuto con qualcuno dice: “Ma perché non lo fate entrare?”. Tutti guardano nell’orto, ma non vedono più nessuno, allora Natuzza eslama: “Preghiamo contro le tentazioni!” e quel fetore scompare immediatamente. Comunque, innumerevoli volte, Natuzza ha dovuto subire le offese del demonio sia in pieno giorno che nello stato di veglia. Satana l’ha percossa e spinta per terra.

Il professor Valerio Marinelli, a questo riguardo, testimonia: “Il 20 settembre 1982, facendo una visita a Natuzza nel primo pomeriggio, la trovai molto pallida e dolorante. Le chiesi cosa avesse e lei mi rispose che era caduta per terra battendo col fianco, con la spalla e la testa, e sentiva tanto male, particolarmente al capo. “Avete inciampato negli scalini?”, le domandai. “No, sono caduta nella cappella”. Sembrandomi strano che fosse potuta scivolare nella cappella, le domandai: “Ma è stato il diavolo?” e lei, esitando a rispondere: “Sì, è stato lui, ma non lo dovete dire a nessuno. Non lo sa nemmeno mio marito. Avevo finito di ricevere da poco, verso le undici, quando mi è apparso e mi ha dato una spinta violenta ed improvvisa”. “C’è qualcosa di rotto?”. “No, ma ho la testa gonfia, dove ho battuto. Ho tanto male. Quella brutta bestia!” e mentre diceva queste ultime parole, mi accorsi che, per un po’, Natuzza pianse.

Una singolare coincidenza è che, quello stesso mattino, io avevo ricevuto una lettera nella quale una signora mi comunicava che un sacerdote benedettino al quale avevano parlato di Natuzza, mentre faceva un esorcismo particolarmente difficile, perché il demonio resisteva, esclamò ad un certo punto: “Se non vai via, chiamo Natuzza e la faccio venire qui!”. A queste parole l’ossesso reagì duramente emettendo un alto grido”. Il professor Marinelli molto opportunamente osserva: “A quanto caro prezzo Natuzza paga, momento per momento, la sua opera di esorcizzazione che è, in ultima analisi, il suo lavoro quotidiano, perché spingere le anime verso Dio significa esattamente indebolire e vincere il potere che occultamente il demonio esercita sopra di noi”.

Certamente la presenza invisibile dell’angelo custode di Natuzza fu il maggior antidoto contro gli inganni e le astuzie di Satana contro la mistica calabrese.

Don Marcello Stanzione

 
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