Il Vescovo Palatucci e l'indemoniata di Campagna |
Oggi tantissimi, anche all’interno della Chiesa, non credono all’esistenza e all’azione del demonio, riporto un avvenimento di quasi sessant’anni fa avvenuto a Campagna in provincia di Salerno. Il 2 Ottobre 1954 un avvenimento strano di ossessione di particolare rilevanza per le modalità con cui si è manifestato e per la credibilità del testimone oculare che lo riporta mons. Giuseppe Maria Palatucci, vescovo di Campagna, in una lettera inviata al parroco della chiesa di Sant’Antonino a Zappino don Ludovico Cutino. La figura di questo pio vescovo è ricordata ancora oggi con una medaglia d’oro alla memoria, donatagli dal Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano e sulla cui motivazione è scritto “Mons. Giuseppe Maria Palatucci Vescovo di elevate qualità umane e civili, nel corso dell'ultimo conflitto mondiale, si prodigava con eroico coraggio e preclara virtù civica nell'assistenza morale e materiale degli ebrei internati a Campagna, riuscendo a salvarne circa mille dalla deportazione nei ... ... campi di sterminio nazisti. Fulgido esempio di coerenza, di solidarietà umana e di rigore morale fondato sui più alti valori cristiani e sull'intensa condivisione delle altrui sofferenze. Campagna (SA) 1938-1944.” Questa onorificenza, data per la disponibilità e l’accoglienza dimostrate in modo particolare, nei confronti di Ebrei rifugiati presso l’ex convento domenicano di San Bartolomeo - convento noto per aver avuto come studente di teologia e poi sacerdote Giordano Bruno - durante l’applicazione delle leggi razziali in Italia nel periodo fascista. Suo nipote, Giovanni Palatucci, ultimo Questore di Fiume, oggi venerato dalla Chiesa, inviava di nascosto proprio qui a Campagna, gruppi di Ebrei integralmente la sua testimonianza. Cominciamo col dire che ancora oggi, come anche mezzo secolo fa, nell’idea comune, coloro che si sottopongono a riti di esorcismo sono spesso considerati malati o fissati. Da tale testimonianza emerge un fatto, però, da salvare. Visto l’alto profilo morale e umano di mons. Palatucci e vista l’eccezionalità del fatto, riteniamo utile riportare totalmente inspiegabile e non certo riconducibile alla semplice volontà umana: l’indemoniata presenta un fenomeno di levitazione visibile a molti. Riportiamo quindi, di seguito il testo integrale della lettera: “Carissimo parroco Don Cutino. Ieri 2 Ottobre nel pomeriggio, l’indemoniata A.A. di Campagna fu condotta quassù a Santa Maria d’Avigliano, per essere esorcizzata da me. Feci gli esorcismi, ma la ragazza non fu liberata, perché il diavolo disse chiaro che è l’anno mariano e deve restare ancora tre mesi, anche se lascia libera la ragazza per poco tempo. Infatti, alla mia presenza, la lasciò libera varie volte, a intervalli. E poi, quando i parenti decisero di ricondurla a Campagna, il diavolo disse: “ potete andare, ma vi aspetto alla cappella”. Infatti, arrivati alla cappella, mentre fino a quel momento la ragazza era stata tranquilla, al punto della cappella, fu presa letteralmente a volo dal diavolo, e volando all’altezza di quattro cinque metri, andò a posarsi vicino al cancello della centrale elettrica; volando, così, per più di cento metri per aria,con gran terrore dei parenti e di altri che la videro in volo. E’ bene far saper questa cosa a tutti i fedeli, poiché molti di loro non credono che la ragazza sia indemoniata e la considerano fissata e malata. Ma da che mondo è mondo, nessuna persona fissata o malata è volata per aria. Ci troviamo dinanzi ad un fatto che conferma chiaramente la presenza del diavolo nel corpo della ragazza. E a proposito è bene far notare che non è l’anima di una donna o di un giovane che dicono di essere nel corpo della ragazza, ma è il diavolo che finge di essere questa o quell’anima, come nota espressamente il Rituale, che mette in guardia l’esorcista dal credere che si tratti di anime di defunti. Perché il Signore permette che il diavolo si impossessi di un corpo umano? Vi sono molte ragioni, ma la più pratica è questa: mentre il diavolo tenta di allontanar le anime dal pensiero dell’eternità e cerca di far credere alla gente che non esiste l’inferno e non esiste il diavolo stesso; il Signore, invece, permette che vi siano gli indemoniati per far toccare con mano che esiste il diavolo ed esiste l’inferno. E perché permette che tante volte il diavolo non venga scacciato subito con gli esorcismi e resti mesi e anni in un corpo? Una delle ragioni è questa che dinanzi agli indemoniati tanta gente non crede alla possessione diabolica e dice che gli indemoniati non sono tali, ma sono fissati o malati: e il Signore permette che gli indemoniati non siano liberati subito, appunto per far toccare con mano che gli indemoniati sono veramente posseduti dal diavolo. Infatti, quando durano a lungo queste ossessioni diaboliche, presto o tardi capitano certe manifestazioni, che assolutamente mettono in evidenza il fatto che si tratta di veri indemoniati. Così, per esempio, anche di A.A. dicevano che era fissata o malata, ma di fronte al fatto del volo di ieri, anche i più increduli debbono riconoscere che si tratta di vera possessione diabolica. E lasciamo a certi intellettualoidi a tempo perso dire che si tratta di certe manifestazioni naturali che la scienza non ha ancora approfondite. Poveri melensi! Se ne persuaderanno in appresso, e speriamo che non abbiano a persuadersene all’inferno, troppo tardi! E notiamo che se son tanto terribili i tormenti che il diavolo dà agli indemoniati, e ora si tratta solo di tormenti nel corpo, che cosa farà nell’inferno contro i dannati in eterno? Anzi, se la condizione di questi poveretti che hanno il diavolo nel corpo, è tanto terribile, quanto più spaventosa è la condizione di quelli che hanno il diavolo nell’anima, per mezzo del peccato mortale? Son verità che fanno tremare. Beato chi sa considerarle facendone profitto per mettere l’anima in grazia di Dio. Questa, in conclusione, è la lezione che ci viene dagli indemoniati. Facciamone profitto. Leggi queste cose ai fedeli domenica prossima in tutte le messe festive e, la sera, alla Benedizione Ti saluto e ti benedico con tutta la Parrocchia. Fra Giuseppe Maria Palatucci, Vescovo di Campagna”. Il giorno successivo, i parenti della ragazza indemoniata la condussero alla venerata colonna per essere nuovamente esorcizzata dal Parroco. Alla presenza di numerose persone, essendo convenuti in quella data ben due gruppi di pellegrini, il fenomeno si verificò nuovamente. Così descrive il fatto il parroco, don Ludovico Cutino: “ Nel pomeriggio di Domenica 3 u. s., mentre nel Santuario di San Antonino v’era un pellegrinaggio di Acerno di oltre 70 persone, si sentono improvvisamente delle urla. La stessa ossessa di Campagna A.A. viene condotta dai familiari alla venerata Colonna per essere esorcizzata. Frattanto, arriva anche un altro pellegrinaggio, questo da San Cipriano Picentino. Tutti si riversano presso il Cappellone di Sant’Antonino, già affollato da molta gente di Campagna e dai pellegrini di Acerno. Presso la colonna è necessaria la forza di dieci uomini robusti per mantenerla saldamente durante gli esorcismi. - Chi sei? ( domando io). - Non è vero, dico io, tu sei la brutta bestia. In questo momento il viso della ragazza si trasforma in quello di un bruto e più volte mi sputa. Però, pur dirigendo lo sputo verso di me, non riesce a colpirmi. Urla per ben due ore e cerca di distrarmi. Ma ecco che verso la fine delle preghiere, con un tremendo urlo, che non poteva essere di persona umana, la giovane si svincolò dalle strette mani degli uomini e si elevò sino all’altezza del cancello, gridando: “ E’ inutile, è inutile, debbo stare qui altri tre mesi: non ci fate niente, non ci fate niente”. Tutta la gente, atterrita, incomincia la recita del Santo Rosario; frattanto, la ragazza viene lasciata libera dalla brutta bestia, ma quasi priva di forze, per cui consigliai i parenti di condurla subito a casa”. Per completare il quadro riporto l’intervista del professore Raffaele Leso anche un’altra testimone oculare, la sig.ra Cosimina Pollice di Campagna. Raffaele Leso, autore di una bella tesi di laurea su sant’Antonino scrive: “Riportiamo in forma integrale l’intervista a lei fatta il giorno 15 febbraio 2007, ringraziandola per la sua disponibilità e del tempo che ha voluto gentilmente concederci. - Signora Cosimina, può parlarci di come sono cominciate le manifestazioni di quali fossero i comportamenti ritenuti “strani” di sua cugina A.A. (preferiamo conservare l’anonimato in rispetto alla persona interessata non più vivente)? - Era l’estate del 1954, stavamo lavorando a Battipaglia per la raccolta dei pomodori quando, ad un certo punto, A.A. incomincia a sentirsi stanca e si va ad appoggiare sulle cassette per la raccolta, in una baracca per ripararsi dal sole e là si addormenta. - Quanti anni aveva A.A. all’epoca dei fatti? - Oggi io ho 72 anni, lei 2 o 3 anni prima di me, quindi all’epoca aveva circa 22 o 23 anni, era giovane. Quel giorno cominciò a sentirsi male e molto stanca si addormentò per mezza giornata. Ad un certo punto andai a sincerarmi delle sue condizioni, anche perché era una ragazza e stava da sola nella baracca. La sera, di ritorno dal lavoro, la portammo a casa sua, era rigida come un tronco. A quel punto decidemmo di portarla a casa mia, da mia madre, dove rimase per due giorni e due notti, dopodichè la portammo alla chiesa di Sant’Antonino a Zappino, qui a Campagna, per pregare il Santo affinché la liberasse dal male. Finite le preghiere la portammo di nuovo a casa di mia madre. Il giorno seguente io andai a lavorare la sera quando ritornai a casa, come mio solito, me ne stavo a mangiare vicino alla finestra situata a di fronte alla Cattedrale. Ad un certo punto mia cugina dal letto mi disse per ben tre volte: “Cosimina togliti dalla finestra, perché se voglio uscire vai a finire giù” e mia madre mi fece spostare immediatamente da lì. La mattina seguente, la portammo di nuovo alla Colonna di Sant’Antonino;, quando uscì stava bene ma appena tornata a casa cominciò di nuovo a stare male, si mise nel letto con gli occhi chiusi e là stava. Mons. Palatucci ci consigliò di portarla al santuario della Madonna d’Avigliano, così due miei fratelli la condussero là. All’entrata stava calma, ma ad un certo punto intravide la statua di Sant’Antonino e incominciò ad agitarsi dicendo: “Devo uscire! Devo uscire!”. Appena varcato il portone, incominciò una corsa furiosa, sollevata da terra di circa un metro, dirigendosi verso la cappella piccola della Madonna d’Avigliano posta a poche centinaia di metri dal Santuario. I miei due fratelli non riuscivano a tenere il passo, tanto era la velocità con cui volava da terra. Essi dicevano che era una cosa impossibile, correva alzata con una velocità tale da non essere facilmente raggiungibile. Una volta arrivata in quel luogo si fermò, e aspettò che arrivassero i parenti che, subito, l’afferrarono di nuovo, ma lei disse: “Lasciatemi andare, io ora devo salire su quel costone di roccia, e scenderò subito giù”. I miei fratelli cercavano di dissuaderla da tale gesto che avrebbe voluto significare che , una volta arrivata in cima, si sarebbe buttata giù. Afferratala i cugini, nonostante la loro forza, riuscirono a fatica a riportarla a casa sua. Appena ritornati, si mise a letto. La sua camera era situata sotto la cucina e, ad un certo punto, la ragazza aprì la mano e vi trovarono dei carboni ardenti di legno di nocciola provenienti dal focolare della cucina soprastante. Lei nel letto se li ritrovava in mano: si ustionò tutta la mano, ma il giorno dopo le era scomparso tutto, non c’era traccia di niente. La sera A.A. mi chiese di dormire a casa sua e di farle compagnia, ma io avevo paura, e le dissi di no con la scusa che il giorno dopo dovevo andare a lavorare per la raccolta delle olive, ma lei insistette per farmi restare. Andai a casa per avvisare mia madre, la quale non era affatto d’accordo, ma vista la mia insistenza e avendole fatto notare che se lei avesse voluto farmi paura avrebbe potuto farlo sia a casa sua che a casa mia, acconsentì. Quando giunsi la sera, mi coricai tra la madre e lei, figurarsi se riuscivo a dormire, tanta era la paura! Durante la notte tremavo e non riuscivo a chiudere occhio. Ad un certo punto A.A. stese la mano, mi afferrò la gamba e disse: “Chiudi gli occhi, che non ti faccio niente”. La mattina seguente dovevo alzarmi per andare a cogliere le olive, lei durante la notte mi aveva fatto sentire la pioggia e un gocciolio di acqua in un “cupiello” (secchio), tanto che non mi alzai dal letto pensando che la terra fosse tutta bagnata, quindi impossibile lavorare. Mia madre venne a casa di A.A. e quando mi vide, chiese perché non ero andata a lavorare visto che le altre donne erano partite per lo “staglio” e io le spiegai che pioveva, ma lei mi rispose di no, il sole era già alto. - Quale era l’atteggiamento dei familiari nei confronti della loro congiunta? - Quando alla poverina venivano le crisi, la prendevano per i capelli e la buttavano per le scale, la maltrattavano, la portavano quasi tutti i giorni alla Colonna, nella segreta speranza che il demonio la lasciasse. -Quindi il giorno 3 Ottobre del 1954, dopo gli avvenimenti del giorno precedente su al Santuario, la riportarono alla colonna per essere di nuovo esorcizzata e qui si alzò da terra, conferma? 29 - Sì! All’interno della chiesa. Venne legata alla colonna, recitammo le preghiere, all’uscita stava bene, ma appena tornata a casa stava di nuovo male e si rimetteva a letto. Don Marcello Stanzione |
< Prec. | Pros. > |
---|