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Il Papa va in sinagoga. Gli ebrei si dividono PDF Stampa E-mail

Il Papa va in sinagoga. Gli ebrei si dividonoL’ambasciatore israeliano Mordechai Lewy legge accigliato le pagine della Judische Allgemeine: il giornale è aperto  sull’intervista che il rabbino Laras, presidente dei rabbini italiani, ha concesso al giornale tedesco. È l’immagine che sintetizza le tensioni che si sono create all’interno della stessa comunità ebraica per questa visita di Benedetto XVI in sinagoga. Laras dice che alla visita non ci sarà. Anzi, la ritiene controproducente. Sostiene che “da questo incontro non deriverà nulla di positivo, né per il dialogo ebraico-cattolico, né per il mondo ebraico in genere. L'unica che potrà trarne vantaggio sarà la Chiesa, in particolare nelle sue correnti più retrive, che, qualora si verificasse un nuovo motivo di attrito con il mondo ebraico, potrà sempre servirsi di questo evento per ribadire ed esibire la sua sincera  amicizia nei nostri confronti”. È un attacco, diretto, al rabbino capo della comunità di Roma Di Segni. Il quale replica amaro: “Rispetto le opinioni differenti, rispetto il rabbino Laras ... 

...   per la sua storia e la sua dottrina, sarà il tempo a decidere quali delle opposte visioni ha ragione”. Sono molti, nel mondo ebraico, a non vedere di buon occhio questa visita. Un dato che a prima vista appare incomprensibile: Benedetto XVI è già stato in tre sinagoghe (a Colonia, New York, Gerusalemme) e ha più volte espresso la sua vicinanza con il mondo ebraico. Molti di loro ricambiamo, e si mettono in luce perché vanno alla ricerca di un dialogo che vada oltre le polemiche che periodicamente si creano. Tre sono state in particolare i motivi di attrito: il Motu Proprio con cui Benedetto XVI ha liberalizzato l’antico Rito, e con questo la preghiera del Venerdì Santo per la conversione dei Giudei; l’apertura ai lefevbriani, condita dalle affermazioni antisemite del vescovo Williamson e di altri membri della fraternità di San Pio V; la recente accelerazione del processo di beatificazione di Pio XII, accusato dal mondo ebraico di essere stato “silente” nei confronti della Shoah.

Un’accusa reiterata dal periodico della Comunità Ebraica Romana Shalom, nel numero dedicato alla visita del Papa in Sinagoga: “sull`odierno dialogo ebraico-cristiano pesano, inequivocabilmente in modo negativo – scrive il mensile - i silenzi di Pio XII”, anche se “rimane sospesa la valutazione sul perché della mancanza di una posizione esplicita di Pio XII sullo sterminio degli ebrei, anche quando questo avvenne sotto le sue finestre”.

Da parte sua, nemmeno l’ambasciatore Mordechai Lewy è disposto a fare sconti. “La questione del 'timing' della beatificazione di Pio XII - ha affermato Lewy - e' una questione valida, ma molto difficile da porre perché in questo caso la questione ha influenza anche su altri livelli, non solo su quello ecclesiastico, come il ruolo storico di Pio XII, che era controverso già prima della proclamazione delle virtù eroiche. E che sarà controverso ancora per molto tempo, finché - ha insistito - non apriranno gli archivi segreti”.

Proprio per superare qualunque diatriba, Benedetto XVI, con il decreto per le virtù eroiche pronto sul tavolo, ha aspettato due anni. In ogni caso, la proclamazione delle virtù eroiche non significa tempi di beatificazioni certi, ed una precisazione, in realtà, non sarebbe stata nemmeno necessaria. Ma la questione sembra fondamentale per una certa parte del mondo ebraico. Un conflitto interno ben raccontato da Anna Foa sull’Osservatore Romano, in un articolo nel quale Anna Foa contesta la ricostruzione storica secondo la quale “senza la Shoah, lo Stato d'Israele non sarebbe mai nato” e ricorda il conflitto tra il sionismo e gli ebrei della diaspora.

È lo stesso tipo di conflitto che sembra avere luogo oggi, tra due opposte idee di ebraismo tutte interne alla religione. A causa di questo dibattito, ha rischiato di saltare la conferenza stampa di presentazione del rabbino Di Segni mercoledì che presentava la visita del Papa. Durante l’incontro, il rabbino ha detto che “ci sono i modi giusti”, ma che “parlerà con il Papa della questione Pio XII”. L’idea di Di Segni è che, in ogni caso, le questioni storiche non devono inficiare il dialogo tra le religioni, che partono da una fermezza e da un rispetto reciproco. In fondo, la stessa idea di Benedetto XVI, che al dialogo con il mondo ebraico tiene moltissimo. Ed è proprio per questo che, mentre Lewy leggeva il giornale, Di Segni si è palesato alla conferenza stampa di presentazione della mostra “Ecce Gaudium”, che ricorda il ruolo degli ebrei romani (la più antica comunità della diaspora) nella cerimonia di insediamento in Laterano dei Pontefici nel tempo passato. Il primo visitatore di questa mostra sarà proprio il Papa, domenica. E Di Segni ha testimoniato, con la sua presenza, la sua scelta, forte, di mantenere un rapporto di dialogo con la Chiesa.

Andrea Gagliarducci

 
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