La questione Dio: appunti a margine |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions “Dio è morto. E come faremo a vivere senza?”. Massimo Cacciari, filosofo, sindaco di Venezia, ateo, cita il celebre aforisma di Nietzsche. Ma ci tiene a sottolineare anche il seguito di quell’aforisma, che “non viene mai ricordato”. Una osservazione che ha fatto al termine di un appassionato intervento al Convegno “Dio oggi. Con lui o senza di lui cambia tutto”. Passato un po’ di tempo dal termine del convegno, l’opportunità è quella di poter tirare le somme guardando gli interventi in prospettiva, e cercare di comprendere qual è la vera questione che il convegno ha lasciato. Una sfida importante, quella del cardinal Ruini, che – come presidente del Progetto Culturale – ha voluto, progettato e portato avanti questo incontro su Dio, che ha voluto fosse plurale: c’era l’ateo Cacciari, ma pure l’ateo-devoto Ferrara. Filosofi come Remi Brague e Robert Spaemann; Giorgio Israel, matematico, di religione ebraica; l’altro matematico Martin Nowak; il biblista Gianfranco Ravasi e il direttore ... ... dei Musei Vaticani Antonio Paolucci. Raccontare Dio da più punti di vista. Ma soprattutto parlarne. Perché si parla tanto di Dio, ma la “questione Dio” è elusa nel nostro tempo. Il perché lo ha spiegato proprio Massimo Cacciari: il monoteismo puro – ha affermato Cacciari - "poneva Dio come l'altro, come il non ente, ora invece l'ateo afferma che al termine Dio non corrisponde nulla di pensabile". E' quella che Simone Weil chiama "fisica assoluta", in base alla quale " non vi è altro dall'essere nel mondo". Così, oggi, "qualsiasi posizione che pretenda di esprimere altro dal mondo fisico è nulla". Se prima l’ateismo si poneva la questione di Dio, lo poneva come un termine sul quale ragionare (ed era proprio nella radice del nome, a-theos: senza Dio), ora invece "l’ateismo dilagante – ha detto ancora Cacciari - è quello pratico per il quale Dio non corrisponde a nulla. Questo significa che oltre l’esserci nel mondo non vi è nulla e che l’essere nel mondo è tutto". In quest’ottica, ha continuato, "non vi è possibilità di dare senso alla possibilità di essere altro dal mondo". Cosa possono fare i monoteismi? "La grande battaglia dei monoteismi è nei confronti dell'ateismo pratico oggi dilagante". Mentre l’alleanza, che spesso si ripropone, tra cristianesimo e liberalismo ateo e immanentista, secondo Cacciari, non s’ha da fare. “Un liberalismo di stampo immanentistico – ha spiegato – condivide con le posizioni genericamente ateistiche l’idea che al di là dell’essere non c’è nulla. Anzi, che Dio è il nulla. Il che è ben diverso dal dire: Dio è morto”. Ma quale Dio è morto? Nietzsche subito dopo si poneva la domanda: “E ora come faremo a vivere senza?” E proponeva la strada dell’Oltre-Uomo. Ma quale Dio è morto? Nelle prima delle sue Considerazioni inattuali, il filosofo tedesco polemizzava con David Strauss, teologo le cui opere in quel tempo avevano creato grande scalpore. E David Strauss aveva identificato come “mito” ogni manifestazione di soprannaturale contenuta nei Vangeli. Ridotto a mito il racconto evangelico perde ogni validità storica. Nietzsche critica Strauss per aver tradito la libertà di pensiero nel tentativo di avvicinare le proprie convinzioni con quelle ateistiche del positivismo evoluzionistico. È la stessa critica che fa Cacciari al cristianesimo. Ma c’è una via razionale per arrivare a Dio? Secondo il cardinal Ruini, ne esistono addirittura tre. E le ha delineate nel corso del convegno: la prima via parte dal fatto che “esiste qualcosa piuttosto che nulla”. La seconda constata che l’universo è conoscibile da parte dell’uomo. La terza si fonda sull’esperienza che l’uomo ha in sé una legge morale. Ma c’è una via solo razionale con la quale si può arrivare a Dio? E questa via solo razionale non rischia di svuotare la religione dall’interno? Risponde monsignor Fisichella, rettore della Lateranense, che ha concluso il convegno: La provocazione di Wittgenstein, nella prima parte della sua filosofia evidentemente dice che ogni linguaggio, ogni termine che noi utilizziamo se non è verifacabile e se non è una tautologia, cioè se è vero in forza del linguaggio che lo compone, perché è vero sulla base del termine stesso. Linguaggio matematico è un linguaggio vero, se non è verificabile non è sensato, e quindi non si può neppure procedere per verificare la verità o meno del termine. È una provocazione perché linguaggio religioso che non è sottoposto a verifica, a meno che questo linguaggio è valido per chi vive all’interno dello stesso gioco linguistico. Allora quel linguaggio è sensato per chi usa la stessa grammatica, per chi usa gli stessi concetti: all’interno del cristianesimo. Al primo c’è il problema della sensatezza del linguaggio. Vuole una verifica Dipende di quale Dio si vuole pensare. Se si vuole parlare di Dio dei filosofi, Dio come creatore e come principio primo. Certamente Dio ha fatto questo. Aristotele non pensa a Dio come creatore, ma esiste concetto motore immobile, che è verificabile. Anselmo d’Aosta ha fatto prova ontologica che è stata ripresa solo da Kant. Tommaso dà le prove dell’esistenza di Dio attraverso le cinque vie. Ma inevitabilmente il Dio dei filosofi non è pur avendo anche delle peculiarità non è il Dio della fede, è un Dio personale, che è amore, che si rivela come persona e come amore, è un Dio che si rivela come amore là dove l’uomo non vede l’amore, dove dà tutto se stesso. Ma nella morte l’uomo non vede mai l’amore, vede solo il limite, nella fede si rivela come colui che rivela se stesso secondo la sua capacità. Assolutamente no. Il cristianesimo ispira una cultura, orienta una cultura, trasforma una cultura, ma è la cultura e le culture che sono orientate alla verità del cristianesimo, ma non può ridursi ad essere soltanto una cultura: ha delle implicanze in una cultura. SCARAFFIA Andrea Gagliarducci |
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