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Madre Serafina di Pisa e l'Arcangelo San Michele PDF Stampa E-mail

Madre Serafina di Pisa e l'Arcangelo San MicheleIl 17 marzo 1699, oltre 310 anni fa, moriva a Capri la monaca carmelitana madre Serafina di Dio. Come scrive il prof. Raffaele Vacca nel suo bellissimo libro “ il mulino di Suor Serafina”, la monaca carmelitana fondatrice di 7 monasteri di clausura, di cui 2 a Capri: “ Dal tempo della sua morte terrena le virtù ed i meriti di Suor Serafina non sono stati dimenticati, anche se talvolta sono stati aggrediti da malevoli venti e rabbiose piogge, ed anche se, più spesso, sono stati avvolti da artificiali nebbie”. Quando, nel 1623, il mercante Niccolò Antonio Pisa lasciò i suoi affari a Napoli e se ne ritornò a Capri con la seconda moglie Giustina ed i figli, tra i quali c’era Prudenza che aveva due anni, essendo nata il 24 ottobre 1621, nell’isola c’erano due cappelle dedicate a San Michele. Una era a Capri, l’altra ad Anacapri. Entrambe erano poste su una rupe, Le congiungeva un’ideale diagonale. La cappella di Capri si trovava sulla collinetta di Cesina, dapprima chiamata Monte Sant’Angelo ... 

...  e poi Monte San Michele. Era sorta quasi certamente nella cisterna di una costruzione grecoromana, tra il settimo e l’undicesimo secolo, come dimostrano i resti di affreschi nell’abside. La cappella di Anacapri si trovava sulla rupe sovrastante il termine della Scala Fenicia e la porta d’ingresso in Anacapri, davanti all’inizio della stradina che conduceva al Castello or denominato Barbarossa. Era stata costruita sui ruderi di una villa romana. Spesso, mentre nutriva la sua vocazione, attendendo il tempo propizio, Prudenza, dopo essere discesa da Capri a Marina Grande, saliva la Scala Fenicia, che per i suoi biografi era di cinquecentoventi gradini, e raggiungeva la cappella di San Michele, dove pregava e faceva tutto quello che le era possibile per contribuire a mantenerla pulita e decorosa in onore del Santo Arcangelo che ella tanto amava e venerava. Prudenza Pisa, dopo aver rifiutato nel 1641 di sposarsi con il ricco Simone Gil, come voleva il padre, aveva quasi quarant’anni quando, il 23 aprile 1661, mentre inginocchiata pregava in attesa della comunione nella Chiesa del Carmine in Napoli, vide apparirle Gesù e la Madonna. Questa le diede la tonaca di lana marrone, che aveva nelle mani, dicendole di non dover andar mai scalza come le teresiane.

Poi pose sulla tonaca la cappa bianca, presa dalle mani di un bellissimo giovane angelo, che le era vicino, aggiungendo che sarebbe stato l’abito di tutte quelle che sarebbero entrate nel suo Monastero. Prudenza comprese che era venuto il tempo di attuare la vocazione, che per alcuni decenni aveva alimentata in sé. Riunì le tre giovani che avevano espresso il desiderio di seguir con lei la vita religiosa e, come educande, le due cugine delle quali lo zio paterno don Ottavio Pisa era tutore, ed il 19 maggio decise di ritornare insieme con queste a Capri, dove le avrebbe attese, per unirsi a loro, Anna Alfano. Prima di partire si recarono a sentir la Santa Messa in una cappella, attigua all’abitazione di don Ottavio che poi le accompagnò a Capri insieme con don Giuliano, fratello di Prudenza. La cappella era dedicata a San Michele. Dopo dieci giorni, trascorsi nella casa di Prudenza, nella serata del 29 maggio, festività dell’Assunzione, la piccola comunità si trasferì nella Casa Sanfelice, messa a disposizione da Romanico Antonio Di Leo, che era stato varie volte sindaco di Capri.

L’Oratorio fu dedicato al Santissimo Salvatore. L’9 settembre avvenne solennemente la vestizione monastica. Il 2 ottobre 1661 la comunità si trasferì in processione nella casa, in condizioni precarie, che don Marcello Strina, zio di Prudenza e parroco di Capri, morendo di peste, aveva lasciato alla nipote, con l’obbligo che diventasse “casa di ritiramento o monastero”. Era composta da sei camere a pianterreno, cinque al primo piano con una sala ed un orto contiguo. Mentre viveva in questa casa, nel giorno della Presentazione della Beata Vergine, a Prudenza sembrò che le si spalancassero le porte del cielo. Vicino al trono di Gesù vide San Michele in sembianze umane. Aveva un aspetto maestoso, grave ma piacevolissimo. Il suo volto risplendeva come un sole, le vesti erano tempestate di gemme, segno dei suoi doni e delle sue mirabili prerogative. La costruzione del Monastero iniziò nel marzo 1666. la prima pietra della chiesa fu collocata solennemente il 6 ottobre 1667, con una cerimonia officiata dal vescovo di Capri monsignor Paolo Pellegrino.

In questa occasione Prudenza vide ricomparire San Michele, in compagnia di moltissimi angeli, i quali, ad un suo cenno, iniziarono a suonare e cantare soavemente, alla presenza di Gesù, della Madonna e di molti Santi. Tutti mostravano grandissima contentezza, per quel luogo dedicato al Signore. San Michele, dimostratosi protettore, cooperava a quel giubilo, aumentando la contentezza della sua devota, essendo tutto a gloria dell’Altissimo Dio. San Michele si manifestò di nuovo, in una maggior gloria, durante la festa del 29 settembre 1667. Le disse che “teneva per lei”, e che aveva del suo monastero specialissima protezione. La sera di quello stesso giorno, in uno straordinario empito di spirito, Prudenza vide intorno a lei una moltitudine immemorabile di angeli, i quali, in un istante, la portarono in Paradiso, dove Gesù, seduto sul trono di maestà e splendore, indicandole l’Arcangelo San Michele, le disse che questo era il suo protettore. Ed ella lo vide nella gran gloria, e tutto benigno verso di lei. I lavori per la costruzione della chiesa furono sospesi perché si pensò che sarebbe stato meglio costruirla nel giardino della casa. La pietra fu quindi spostata ed i lavori ripresero l’8 maggio 1668, festività di San Michele, istituita da San Pio V in ricordo della sua apparizione sul monte Gargano in Puglia. La chiesa fu terminata nel 1670, dopo che Prudenza aveva assunto il nome di suor Serafina di Dio. fu benedetta in giugno da monsignor Stefano Quaranta, arcivescovo di Amalfi. Suor Serafina aveva voluto che una delle cappelle contenesse l’immagine di San Michele, e che un grande quadro che lo raffigurava fosse collocato sulla porta della chiesa, dalla parte interna. Si sforzò sempre di alimentare, nelle sue consorelle ed in altre persone, la devozione dell’Arcangelo, e di venerarlo in particolare sia nella festività dell’8 maggio che in quella del 29 settembre, istituita in ricordo della dedicazione della basilica di San Michele del V secolo sulla Via Salaria a Roma.

La chiesa del Santissimo Salvatore fu consacrata dal cardinale Vincenzo Maria Orsini, diventato poi papa con il nome di Benedetto XIII, e dal vescovo di Capri monsignor Dionisio Petra, l’11 ottobre 1675. In questa occasione a Suor Serafina sembrò di ritornare in Paradiso per la contentezza e la gioia. Per tutto il giorno le parve di sentire una soave e dolce melodia che proveniva dagli angeli. Quando fu davanti al Signore gli domandò se confermava San Michele protettore della chiesa. Il Signore l rispose che per la consacrazione, per la quale la chiesa si faceva gran festa, dava anche un altro angelo dopo San Michele. Dopo che era iniziata la costruzione del Monastero del Santissimo Salvatore, San Michele, a dir di suor Serafina, le manifestò il desiderio che fosse costruito un monastero anche a suo nome. Suor Serafina pensò di costruirlo ad Anacapri, dove esisteva la cappella dove si recava quando era più giovane. Avendo conosciuto il suo intento, alcune devote persone di casa Ariviello misero a disposizione di suor Serafina una delle loro proprietà. Un gentiluomo di nome Antonio Migliacci, nativo della Sardegna, ma che dimorava a Napoli e che soggiornava d’estate ad Anacapri, si impegnò a fornire denaro per trasformare la casa in monastero. C’erano tuttavia non pochi ostacoli, che furono sperati da un voto di suor Serafina. Il 14 luglio 1683 l’armata comandata dal Gran Visir Kara Mustafà, dopo aver costretto il comandante imperiale Carlo V di Lorena ad abbandonare la linea sul fiume Raab, giunse nei pressi di Vienna, da dove si era appena allontanato l’imperatore Leopoldo I con la sua corte, per trasferirsi a Passau, e la pose in stato d’assedio.

L’armata comprendeva circa 150.000 uomini e 300 cannoni. Era chiaro che, se i Turchi, chiamati da rivoltosi protestanti ungheresi, avessero conquistato la capitale imperiale, la civiltà occidentale cristiana sarebbe stata in grave pericolo. Consapevole di questo suor Serafina aveva incominciato a pregare con le consorelle, affinché Vienna non fosse conquistata dai Turchi. In un giorno dell’agosto 1683, in un “empito straordinario dello Spirito”, si rivolse a San Michele Arcangelo dicendogli: “Io non posso andare a combattere per l’imperatore, giacché sono una donna imbelle, vivo rinchiusa e non valgo nulla. Andate voi ad aiutare la nostra fede. Se libererete Vienna assediata vi prometto che, a costo di qualunque fatica, andrò ad Anacapri e vi fonderò una chiesa ed un monastero”. Dopo che da Vienna, continuamente bombardata, era stato respinto ogni invito alla resa, il 12 settembre scoppiò la battaglia tra l’armata turca e le truppe imperiali cristiane, guidate dal re di Polonia Giovanni Sobieskij con Carlo di Lorena ed Eugenio di Savoia. Si concluse con la vittoria delle truppe imperiali. Avendo conosciuto l’esito della battaglia, l’11 ottobre 1683, suor Serafina da Capri salì ad Anacapri, e fondò il Monastero di San Michele, dove lasciò le due suore che aveva portato con sé; suor Colomba del Salvatore come priora e suor Maria delle Virtù come vicaria e maestra delle novizie. Dopo l’improvvisa morte di Antonio Migliacci e dopo quella di suor Serafina, avvenuta il 17 marzo 1699, le spese per i lavori di ampliamento del Monastero e di completamento della chiesa furono sostenute da monsignor Michele Gallo Vandeneynde, che il 15 settembre 1698 era stato nominato vescovo di Capri.

L’8 agosto 1699 aveva iniziato il processo di beatificazione di suor Serafina. Nel 1716, prima che la chiesa fosse completata (avvenne nel 1719 e fu consacrata dallo stesso monsignor Gallo Vandeneynde nell’anno seguente) proclamò San Michele secondo patrono dell’isola. Nel 1727, per motivi di salute, rinunziò alla Diocesi. Morì nel Convento dei Carmelitani Scalzi a Torre del Greco, lasciando in eredità i suoi beni al Monastero di San Michele, nella cui chiesa fu sepolto dietro l’altare maggiore, sotto una grande lapide in marmo, che aveva fatto incidere nel 1719. in questa chiesa, nel 1761, fu collocato il pavimento maiolicato di Leonardo Chiaiese, che l’avrebbe resa universalmente famosa. Nella chiesa di san Michele, voluta con grande caparbietà da madre Serafina, ci sono quindici tele di pregevole fattura. In tutte sono raffigurati angeli. Una rappresenta San Raffaele con Tobia, un’altra l’Annunciazione con San Gabriele. San Michele è raffigurato nell’affresco che si trova sulla lunetta esterna della porta d’ingresso principale, nel paliotto degli altari in legno delle quattro cappelle minori, e nella tela di Nicola Malinconico situata a centro, dietro l’altare maggiore. L’Arcangelo ha un impeto guerriero, ma un volto “divinamente bello”. Il Monastero di San Michele fu soppresso il 12 novembre 1808 con un decreto del re di Napoli Gioacchino Murat. I beni furono incamerati dal demanio.

La chiesa fu donata alla Congrega dell’Immacolata da Ferdinando I il 10 giugno 1817. gli altri beni furono acquistati da una società evangelica, ed in seguito venduti all’asta. Oltre che nei libri, la venerazione di suor Serafina per San Michele è ora ricordata dalla bellissima chiesa definita “un gioiello d’arte”, che viene visitata annualmente da turisti provenienti da ogni parte del mondo, e dalla grande tela, che si trova sulla parete di destra dell’atrio della chiesa del Santissimo Salvatore a Capri. Nella monografia dedicata a Suor Serafina, Norman Douglas si domandava quale fosse l’origine del fascino che ella “ tuttora esercita anche su persone che della vita hanno una concezione completamente diversa dalla sua”. Da quel che aveva già detto, e da quello che aggiungerà, appare chiaro che tra queste persone c’è anche lui, non cattolico, probabilmente ateo, nato in Austria da genitori scozzesi, scrittore in lingua inglese. Madre Serafina di Dio affascinava uno scrittore come lui perché come egli scriveva: “Ella era un essere assolutamente sincero, tutto d’un pezzo. Credeva con tutta se stessa in ciò che le sembrava vero, e questo solo fatto sarebbe sufficiente a darle diritto ad un profondo rispetto in un mondo che è pieno di gente falsa o incerta”.

Don Marcello Stanzione

 
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