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Il Curato d'Ars, testimone della misericordia verso i peccatori PDF Stampa E-mail

Il Curato d'Ars, testimone della misericordia verso i peccatoriSi può affermare senza sbagliarsi che il Curato d’Ars fu per tutta la sua vita preoccupato per la salvezza, la sua e quella degli altri. La prima frase che disse giungendo ad Ars al pastorello: “Tu mi hai mostrato la via di Ars, io ti mostrerò la via del Cielo”; ossia, io tuo Curato, farò di te un santo. Ti immergerò nella misericordia di Dio e nella sua santità. Non appena giunto, egli si pose immediatamente come un pastore che conduce quelli che gli sono confidati verso la salvezza. Quando annuncia a sua madre che vuole essere sacerdote, egli le dice che è “per guadagnare delle anime al Buon Dio”. Ecco ciò che rappresenta un sacerdote per quel fanciullo: immergere le anime nella misericordia di Dio per fare in modo che scelgano Dio e vivano di Lui. ma prima di essere quel pastore illuminato, egli fu anche, come ognuno di noi, un peccatore perdonato.  Il Curato d’Ars, beneficiario della misericordia verso i peccatori. Si ha talvolta difficoltà nell’immaginare che i ...

...   grandi santi sono stati dei peccatori perdonati. Nel caso di Giovanni Maria Vianney, è anche perché lo fu, che ha saputo scorgere a meraviglia quello che poteva apportare e dare come sacerdote. “I santi non hanno iniziato tutti bene, ma hanno terminato tutti bene!” notava un giorno con humour il Curato d’Ars; anche presso i santi vi è una conversione del cuore. Differenti aspetti meritano di essere ricordati:

Prima confessione. Fu nel 1797 ad 11 anni nella casa paterna di Dardilly. Essa ebbe luogo in presenza dell’abate Grosboz, “sacerdote refrattario” che passava, nascosto, di casa in casa. Questo sacerdote ha molto segnato il giovane Giovanni Maria. Non si sa certamente quello che è stato detto tra questo missionario, testimone della fede, che rischiava la sua vita per venire a dare il perdono di Dio restando fedele alla Chiesa, ed il giovane contadino. Egli ritornerà spesso sull’importanza di quella prima confessione, ai piedi della pendola nella sala comune. E’ forse là che si radica la sua vocazione sacerdotale ed il gusto della misericordia ricevuta e trasmessa. Egli custodirà per molto tempo in memoria il volto di quel sacerdote che gli aveva dato per la prima volta il perdono di Dio.

Il ruolo della mamma. La sua mamma ha avuto anch’ella un ruolo primordiale. Ella gli disse un giorno: “Se i tuoi fratelli e le tue sorelle peccano ciò mi rattristerà, ma soprattutto se sarai tu mio Giovanni Maria”. La sua mamma ha percepito molto presto (è spesso il caso delle mamme) l’ampiezza della chiamata di Dio sul suo bambino, e da quella osservazione ella glielo rivela. Allo stesso tempo ella gli mostra l’esigenza che quella chiamata richiede, non solamente a livello della sua vocazione sacerdotale, ma anche a livello della sua vocazione alla santità. Gothon, la sorellina di Giovanni Maria, riporta anche quella storia di cavalleria  a proposito di una corona che lei desidera possedere e dunque ottenere da suo fratello; sua mamma mostra a suo figlio che deve darla a sua sorella. Ella voleva prenderglielo ed è lui che deve darglielo; dopo quel difficile gesto per un bambino, sua Mamma gli fa regalo di una statuetta della Vergine ch’egli desiderava, per continuare a pregare Maria, colmarlo e manifestare così la sua misericordia. La riflessione di sua madre riguardo a quel gesto e l’esempio che trasmette – egli se ne ricorderà anni più tardi – mostra quanto questo l’ha segnato. Il dono genera il perdono e la pace, e fa crescere nell’intimità con Dio.

Esempio ricevuto dall’abate Balley. L’abate Balley gli ha proposto, dato e trasmesso un bel modello di pastore. Per tutta la sua vita, Don Vianney lo considererà come “suo maestro”, quest’uomo esigente ma santo, forse tentato dal giansenismo, ma che sta per marcalo profondamente, sia per quanto riguarda il suo accompagnamento spirituale, sia per l’esigenza della sua vita da sacerdote come pure attraverso il suo genio pastorale. Tutta l’immagine del pastore che ne ha trattenuto proviene da quello che gli avrà dato l’abate Balley che ha forgiato nel cuore di quel ragazzo,, un cuore da sacerdote. si può ringraziare l’abate Balley per tutto quello che ha dato attraverso la formazione di Giovanni Maria Vianney, non solamente i suoi insegnamenti e la sua testimonianza, ma anche attraverso quella emulazione alla santità ed attraverso il sacramento della riconciliazione.

I suoi confessori. Citiamo solamente la testimonianza data al processo di beatificazione dal suo ultimo confessore ( degli ultimi 13 anni), l’abate Beau, curato di Jassans. Quando gli si chiede di richiamare qualche ricordo, egli risponde: “I ricordi che ho di quei momenti ancora m’impressionano. Non credo sia possibile andare più in là nella pratica delle virtù eroiche. Leggo la vita dei santi e non vi trovo nulla che sia al di sopra di quello che ho visto nel signor Curato d’Ars. Non posso esprimere a quale punto egli mi ispirasse la venerazione ed il rispetto. Egli aveva, secondo il mio parere, conservato la grazia del battesimo e questa grazia, egli l’ha costantemente aumentata attraverso la santità eminente della sua vita”.

 Il Curato d’Ars, ministro della misericordia di Dio verso i peccatori

Il Curato d’Ars fu uno straordinario testimone della misericordia in nome del Signore, è spesso la prima immagine che si custodisce di lui. il suo ministero fu totalmente donato: “Sono pronto a restare 100 anni di più sulla terra, egli dice, per riconciliare un’anima con Dio”… Egli è all’ascolto di ognuno e per lui il perdono, non è solamente essere immerso in quella misericordia ma è anche una conversione; nella chiesa d’Oriente, il sacramento della riconciliazione è d’altronde chiamato sacramento della conversione. Don Vianney non è tanto preoccupato dal peccato o dall’inferno, egli è talmente preso da Dio, talmente meravigliato dalla grandezza e la bellezza della nostra vocazione, che misura la follia del nostro peccato e che è pronto a donarsi, come sacerdote, perché ognuno possa gustare quella gioia di essere figli di Dio. Il Curato d’Ars cercava di aiutare le persone a convertirsi perché siano in verità davanti a Dio, a volgerli verso Gesù ed a ristabilire quell’amicizia profonda con Lui. ma quest’amicizia che fa crescere la santità, non è semplicemente “si cancellano i peccati”, ma essa “immerge nella misericordia e nella grazia”. Se ne fuoriesce ingranditi, di confessione in confessione, ci si santifica accettando che il Signore ci immerga nella sua santità. Di tutto ciò egli fu uno straordinario testimone:

Un sacerdote donato completamente ai peccatori.

Egli lo fu totalmente: “Il mio segreto è molto semplice, è dare tutto e non custodire nulla”. Questa frase, egli l’ha detta ad una signora che gli chiede come fa per avere tanto danaro da dare. Essa non è del tutto adatta ad una confessione, ma è comunque molto significativa di quello che fu. Egli entra nella logica del dono totale, la logica della santità: il Padre si dona al Figlio, il Figlio si dona al Padre, e da questo dono totale sgorga lo Spirito Santo che non è che un dono; è un movimento di carità che l’invade e che fuoriesce… Alcuni esempi:
- “Signor Curato perché piangete?” chiede un penitente vedendo il Curato d’Ars piangere nel confessionale – “Piango per quello che voi non piangete” egli rispose.
- “Ah, se potessi confessarmi per loro”. Nell’Antico Testamento, vi è nel senso della parola misericordia la necessità di donarsi. Una madre che vede cadere il proprio figlio si precipita; ciò sgorga dalle sue viscere. E’ allo stesso modo per il Curato d’Ars.
- “Egli è un martire del confessionale” dirà di lui Giovanni Paolo II. Un martire è colui che dona la propria vita per amore.
- Vi è anche qualcosa d’una “sostituzione”: “Io piango per quello che voi non piangete” precisa ad un penitente. “Signor curato, perché date delle piccole penitenze?” – “Do delle piccole penitenze e faccio il resto” rispose. Egli dona tutto, il suo tempo, i suoi beni, le sue sofferenze, le sue gioie, la sua vita… E’ quasi “caricaturale” alla fine: egli ha venduto il suo corpo, i suoi vestiti, i suoi denti, i suoi beni… egli ha venduto tutto per avere dei soldi da dare. Si dona lui stesso e, giusto prima di morire, allorché gli resta poco denaro, egli dice a Caterina Lassagne che occorre darlo al medico e non più richiamarlo, poiché non ha più nulla da dargli…
- E’ vero materialmente, è vero totalmente. In questo senso, egli è un pastore straordinario della misericordia di Dio. E’ anche lì che si percepiscono meglio le penitenze del santo Curato; egli è ai piedi della Croce e come sacerdote, egli ha scorto che doveva entrare in quel dono totale, quella identificazione al Cristo che si dona completamente.

Un confessore eccezionale. E’ l’aspetto che si ritiene principalmente. Va a confessare come partisse per il combattimento; non va a battersi contro il penitente, ma contro il peccato col penitente. Egli “scivola” sotto di lui per strapparlo al suo peccato e, come sacerdote, immergerlo nella misericordia di Dio. “Non è il penitente che corre presso il Buon Dio, è Dio che corre presso di lui” ed il Curato d’Ars “corre” presso i penitenti in nome di Dio per liberarli, preoccupato com’è per la salvezza di ognuno. “La misericordia è un torrente fuoriuscito che trascina tutto sul suo passaggio” egli dice. “I vostri errori sono granelli di sabbia vicino alla grande montagna della misericordia di Dio”.
- Egli ha un particolare carisma: si dice che legga nelle anime. E’ un carisma di conoscenza, di profezia, non per lui stesso ma per il penitente; mettere il dito sul nodo che fa male, per aiutarlo, liberarlo.
- “Da quanto tempo non vi siete confessato?” – “Oh, 20 anni Signor curato”. “Sono esattamente 22 anni, eravate in quel posto”. Allora la persona è sorpresa, ma non è spaventata per se stessa, poiché il santo Curato vuole aiutarlo a mettere il dito sul nodo che tiene tutto e quando questo nodo è disfatto, rimesso alla misericordia di Dio e perdonato, è liberato.
- “Che occorre fare per convertirsi Signor curato?” – “Oh, mettetevi in ginocchio e chiedete perdono!”. Mettetevi in ginocchio, ossia riconoscete che non siete Dio, chiedete perdono ed accettate di essere immerso in questa misericordia di Dio.
- “Perché molte persone si confessano e così poche si convertono?” gli si chiede. “Manca loro la contrizione” egli risponde, il rimpianto dei loro peccati. “Piango per quello che voi non piangete”. La contrizione è un punto fondamentale presso il Curato d’Ars nell’accoglienza della misericordia di Dio, il cuore strappato, svuotato, non per umiliarci, schiacciarci, ma per rendere il nostro cuore permeabile alla grazia, “un cuore liquido” egli dice.

La sua chiesa, una catechesi. Il Curato d’Ars ammobilierà la sua chiesa che diverrà come una “via concreta di riconciliazione”. I luoghi sono organizzati per condurre la persona attraverso il confessionale, all’incontro con Dio. Lo scopo non è il confessionale, egli non è ossessionato dal peccato. Egli è talmente preso dall’amore di Dio, ha una coscienza così forte della grandezza della nostra vocazione e dell’amicizia straordinaria che Dio vuole stabilire con ognuno di noi, che egli misura la follia del nostro peccato; egli è pronto a trascorrere 100 anni per riconciliare un’anima con Dio, perché ha gustato l’amicizia con Dio, la gioia di essere perdonato, salvato, liberato, santificato.
Ci si prepara alla confessione nella cappella dell’Ecce Homo davanti al Signore che dona la sua vita per noi, “vedete fino a quanto vi ha amati”. Si riceve il sacramento del perdono in differenti posti: nella piccola sacrestia per gli uomini, in chiesa per le donne, dietro l’altare per i sacerdoti. Si rende poi grazie nella cappella della Vergine o nella cappella di santa Filomena se vi è una grazia particolare che è stata data, e per ultimo si incontra il Signore all’altare. Non è una pastorale della penitenza ma della conversione, dell’incontro col Signore: un cammino di conversione.

Il Curato d’Ars come insegnante. Egli fu anche ministro della misericordia attraverso il suo insegnamento, la sua predicazione, e attraverso la sua personale testimonianza. Già attraverso la sua predicazione: basta guardare i suoi catechismi, le sue omelie o alcune note che si posseggono. Egli non smette di parlare della grandezza di Dio e della povertà dell’uomo peccatore. Egli pone i due in prospettiva.
Anche attraverso la sua testimonianza; un esempio lo illustra: nel piccolo giardino del Curato d’Ars, vi erano i più bei meli di Ars. Un giorno al momento della raccolta, qualcuno viene a rubarglieli la notte. Alcuni si sarebbero appostati o messo delle barriere per impedire di rubare le mele. Lui taglia i meli per impedire ai ladri di commettere un peccato. La sua benevolenza e la sua attenzione verso il peccatore giunge fin là! Lo scopo non sono le sue mele ed il suo proprio bene ( egli ne è distaccato), lo scopo, è impedire che qualcuno commetta un peccato. Allo stesso modo per l’affare della petizione ch’egli firma per chiedere la propria partenza, per rispettare i propri parrocchiani che l’hanno firmata, e la loro opinione su di lui. E’ nell’ordine di un profondo amore che è pieno di significato.

Un missionario della misericordia. Egli è stato non solamente uno straordinario missionario, ma ha molto incoraggiato le missioni parrocchiali. Oggi le missioni sono sovente delle missioni ad gentes; per lui sono soprattutto le grandi missioni per ri-evangelizzare la Francia dopo la rivoluzione. Fino al 1830, poco impegnato ad Ars, egli va sovente ad andare a confessare su richiesta dei suoi confratelli al momento di queste missioni; le persone che l’hanno allora conosciuto, verranno poi ad Ars a ritrovare il loro confessore. E’ così che si aumenterà l’afflusso dei pellegrini. Ciò che è importante è il suo incessante desiderio di immergere nella misericordia. Lui è il primo che giunge in chiesa e l’ultimo a partirsene. Anche se non è la sua chiesa od i suoi parrocchiani, egli è totalmente dato per riconciliare e persone con Dio. Tutta la sua vita, egli non smetterà, allorché non può lasciare Ars, di “pagare delle missioni”, ossia di raccogliere il danaro necessario per queste missioni nella sua diocesi od altrove. Fonderà un numero incalcolabile di missioni di cui scorge il beneficio straordinario; egli farà di tutto perché questa testimonianza di misericordia cresca.

CONCLUSIONE

Il Curato d’Ars è stato testimone della misericordia non solamente verso i poveri ed i piccoli, ma anche verso i peccatori. Sembra non occorre distinguere i due aspetti nella figura del santo Curato. Egli ne è stato dapprima un beneficiario per se stesso ossia che lui stesso ha ricevuto l’effetto di quella misericordia, poi ne è stato un testimone straordinario per gli altri. Ricordiamo quella frase di Giovanni Paolo II ad Ars nel 1986: “San Giovanni Maria Vianney resta per tutti i paesi un modello fuori dal comune sia per il compimento del ministero che per la santità del ministro”. Il papa insiste su queste due dimensioni: la santità personale e la santità nel ministero. Ciò che si è visto sulla misericordia lo illustra a meraviglia, e l’angolo d’attacco che il papa sottolinea nella sua enciclica, mette in risalto questi due aspetti in Giovanni Maria Vianney.

- Nella Pastores dabo vobis (la Lettera di Giovanni Paolo II sulla formazione dei sacerdoti del 1992), ci si accorge che l’esempio che Giovanni Paolo II utilizza (al n° 24) per parlare della carità pastorale, è il vangelo della festa del santo Curato (Matteo 9, 35 – 10, 1). Questo vangelo illustra non solamente ciò che è stato il Curato d’Ars, ma la sua carità pastorale: Gesù che ha pietà della folla disorientata e perduta, ed egli non solamente li guarisce ma dona loro il perdono. La carità pastorale è questa attenzione personale, sgorgata da un cuore di pastore, verso coloro che gli sono confidati. Per la Chiesa, il Curato d’Ars ne è un esempio ammirabile, e nel cuore di questo ministero di pastore, vi è quello della misericordia.

- “La misericordia come un beneficio all’altro ma anche come un dono fatto per me” precisa Giovanni Paolo II (DV n° 14) insiste sul fatto che la misericordia è un atto d’amore che si riceve allo stesso tempo che si fa. Quando si fa misericordia, si riceverebbe tanto quanto si dona e più si dona più si riceve, dice Giovanni Paolo II. E’ un atto d’amore che si riceve allo stesso tempo di quelli che l’accettano da noi. E’ molto illuminante sull’amicizia profonda tale come l’abbiamo definita presso il Curato d’Ars e sulla misericordia in quanto tale presso di lui. egli ne ha beneficiato per quanto ne ha data. I suoi penitenti a cui egli ha dato tutto fino a 16 ore al giorno gli hanno permesso di santificarsi. Egli ha beneficiato tanto di questa grazia del dono, di questa grazia che il Signore faceva attraverso di lui ai suoi penitenti. Noi siamo invitati ad entrare nella stessa logica. Il Curato d’Ars poco a poco si trasforma per il fatto ch’egli è testimone della misericordia. I suoi parrocchiani l’hanno trasformato e questa carità di cui è stato un testimone straordinario, egli ne è stato il primo beneficiario; il fatto di dare ha aperto il suo cuore al dono ultimo del Signore: l’amore è più forte del peccato e la carità santifica. “Siate misericordiosi come il Padre è misericordioso” non è semplicemente l’ordine di un insegnamento presso il Curato d’Ars, ma una regola di vita. Mercoledì 1 luglio 2009 il papa Benedetto XVI osservò che nella lettera che aveva scritto in occasione dell’indizione dell’anno sacerdotale ( vedi appendice) aveva voluto sottolineare quel che maggiormente risplende nell’esistenza di questo umile ministro dell’altare: la sua totale identificazione col proprio ministero. Benedetto XVI sottolinea a riguardo un detto che spesso il santo curato d’ars ripeteva: “ un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina”. Ed il papa osservava che san Giovanni Maria Vianney quasi non riuscendo a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati ad una povera creatura umana sospirava: “ Oh come il prete è grande!... se egli si comprendesse, morirebbe … dio gli obbedisce: egli pronuncia due parole e Nostro Signore scende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in una piccola ostia”. In verità –continuava il santo padre- proprio considerando il binomio “ identità-missione”, ciascun sacerdote può meglio avvertire la necessità di quella progressiva immedesimazione con cristo che gli garantisce la fedeltà e la fecondità della testimonianza evangelica. A conclusione di questo mio scritto faccio mie le riflessioni di don Dario Bernardo in un suo opuscolo sul curato d’ars: “Tuttavia, se si vuole sempre meglio conoscere la figura di san Giovanni Maria Vianney, penso la si debba anche cercare nella vita dei nostri preti: anch’essi come il Curato d’Ars, tra mille miserie e infedeltà, grazie alla chiamata e alla misericordia di Dio, hanno cercato di fare di tutta la loro vita un’unica ricerca del volto di Cristo. Come è vero che tutto ciò che sale converge, così è anche vero che tutti coloro che cercano il volto di Dio in qualche modo misterioso si assomigliano”.

Don Marcello Stanzione

 
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