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Vicenda Boffo - terzo aggiornamento PDF Stampa E-mail

Vicenda Boffo - terzo aggiornamentoDino Boffo dice “basta” e si dimette (in maniera irrevocabile e immediata) dalla direzione di Avvenire, di Tv2000 e di Radio In Blu. Lo fa con una lettera indirizzata al presidente dei vescovi italiani, il cardinal Angelo Bagnasco, che fino all’ultimo ha difeso Dino Boffo a spada tratta, respingendone le dimissioni a vicenda iniziata e poi (secondo alcuni) anche una seconda volta. La decisione definitiva Boffo l’avrebbe presa nella serata di mercoledì, dicendo “basta” ad una gogna mediatica che lo stava distruggendo sul piano psicologico e fisico. “Non posso accettare – scrive Boffo nella lettera a Bagnasco – che sul mio nome si sviluppi ancora per giorni e giorni una guerra di parole che sconvolge la mia famiglia e soprattutto trova sempre più attoniti gli italiani”. Boffo ribadisce come contro di lui sia stata orchestrata “una colossale montatura romanzata e diabolicamente congegnata”, e ringrazia il ministro dell’Interno Maroni e i magistrati di Terni per aver contribuito a sventare ...

...   le menzogne, che puntigliosamente Avvenire mette in luce nel dossier “Le dieci verità”. “La mia vita e quella della mia famiglia, le mie redazioni sono state violentate con una volontà dissacratoria che non immaginavo potesse esistere - prosegue Boffo - “L’attacco smisurato, capzioso, irritualmente feroce che è stato sferrato contro di me dal quotidiano Il Giornale guidato da Feltri e Sallusti e subito spalleggiato da Libero e dal Tempo, non ha alcuna plausibile, ragionevole, civile motivazione: un opaco blocco di potere laicista si è mosso contro chi il potere, come loro l’intendono, non ce l’ha oggi e non ce l’avrà domani “. “Se si fa così – aggiunge – con i giornalisti indipendenti, onesti, e per quanto possibile nella dialettica del giudizio, collaborativi, quale futuro di libertà e responsabilità ci potrà mai essere per la nostra informazione? Quando si andranno a rileggere i due editoriali firmati da due miei colleghi, il pro e contro di altri due di essi, e le mie risposte ad altrettante lettere che Avvenire ha dedicato durante l’estate alle vicende personali di Silvio Berlusconi, apparirà ancora più chiaramente l’irragionevolezza e l’autolesionismo di questo attacco considerato barbarico”. Il direttore di Avvenire suggerisce che sulla sua testa si è combattuta una guerra di ben altre proporzioni. “Fin dall’inizio – spiega – si era tratta d’altro. Questa risultanza è ciò che mi dà più pace, il resto verrà, non ho alcun dubbio”.

Boffo oggi firmerà il suo ultimo editoriale. Ma ha voluto, prima che venisse reso pubblico l’annuncio del suo addio, difendersi ancora una volta su Avvenire dalle “falsità” scritte sul suo conto, con una requisitoria in dieci punti, nella quale smonta pezzo per pezzo la versione fornita dal Giornale  di Feltri.

Chi lo conosce parla di un Boffo distrutto, stremato dalla “guerra” (secondo la sua definizione) che si combatteva sul suo nome. Ha deciso le sue dimissioni anche perché provato da gravi malattie contro cui sta combattendo da tempo,  lo ha fatto in piena autonomia. La stessa lettera era stata inviata a Bagnasco già due giorni fa, e Bagnasco lo aveva pregato di rimanere. Ma, quando giovedì ha inviato nuovamente la lettera, Bagnasco, dopo aver parlato con Benedetto XVI, si è reso conto di non poter più respingere le dimissioni.

Boffo avrebbe deciso anche perché consapevole che il suo destino era già probabilmente segnato: al prossimo Consiglio Permanente dei vescovi, il 21 settembre, Bagnasco lo avrebbe difeso a spada tratta, ma altri vescovi avrebbero forse mostrato perplessità. E poi era rimasto deluso dalle critiche ad Avvenire pronunciate dal direttore dell’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian, uomo molto vicino al cardinal Bertone. Schiacciato dal peso del dibattito, ha deciso dunque di uscire di scena.
Il sito del Giornale esulta: “Feltri vince la prima battaglia da quando ha preso le redini del quotidiano”. Ma lo stesso Feltri ci tiene a far sapere che l’allontanamento di Boffo non era un obiettivo premeditato: “Non ci pensavo minimamente mentre lavoravamo a questa vicenda”.

di Andrea Gagliarducci

 
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