Il Tar sentenzia: l’insegnamento della religione non può dare crediti scolastici. La Cei attacca |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions “E’ il minimo che si poteva fare”. Monsignor Michele Pennisi, membro della commissione episcopale per l’Educazione Cattolica, la Scuola e l’Università, commenta così la notizia che il ministero dell’Istruzione farà ricorso contro la sentenza del Tar. Sentenza che ha suscitato dure reazioni da parte dei vescovi. Lo stesso Pennisi ha sottolineato che “è vero che le sentenze non si commentano, però stavolta il giudizio non può che essere assolutamente negativo: la sentenza del Tar è vergognosa”. Sull’Osservatore Romano, lo stesso Pennisi attacca: “Questa sentenza discrimina di fatto sei milioni di studenti che hanno scelto l’insegnamento della religione come materia scolastica e tutti quei docenti che, dopo aver superato un concorso, si trovano ad essere considerati professori di serie B”. E il Giuseppe Della Torre, consultore della Congregazione della congregazione vaticana per l’Educazione Cattolica, sottolinea che “la sentenza rischia di ledere la laicità in un altro modo”, ... ... perché impedisce agli studenti di essere valutati nella materia da loro scelta. Una laicità – afferma monsignor Coletti, presidente della commissione Cei per l’Educazione Cattolica – che è sintomo “del più bieco illuminismo che vuole la cancellazione di tutte le identità”. Come si muoverà la Cei? Monsignor Pennisi spiega in un’intervista che a settembre ci sarà una riunione della commissione episcopale dell’Educazione e della scuola, dove i prelati analizzeranno “in maniera approfondita il problema, e poi certamente da parte della Cei ci sarà una forte presa di posizione: non possiamo restare in silenzio di fronte a questa assurdità”. Una presa di posizione che Della Torre è sicuro sarà un ricorso al Consiglio di Stato, perché “in base alle disposizioni vigenti, alle nome del Concordato e alle intese fra la Conferenza Episcopale e il ministero della Pubblica Istruzione, l’insegnamento della Religione Cattolica è un insegnamento curricolare per chi lo sceglie”. Ma su un ricorso al Tar si pronuncia contrario monsignor Coletti, che apprezza la decisione del ministro Gelmini. “Ha fatto – dice – ciò che era utile dal punto di vista istituzionale: non spettava infatti alla Chiesa prendere una decisione del genere, essendo stata contestata una scelta del ministero”. La scelta riguardava la possibilità di accumulare crediti scolastici aggiuntivi per chi frequentava l’ora di religione, così come per chi decidesse di frequentare attività sostitutive.Con questa sentenza del Tar, ci si trova nella situazione che l’insegnamento della religione non dà possibilità di accumulare crediti, mentre quelli opzionali o aggiuntivi sì. E questo, ammonisce Pennisi, dà ai ragazzi un messaggio “negativo, diseducativo e contrario alla formazione integrale dello studente. I ragazzi che scelgono religione hanno diritto poi ad essere giudicati in questa materia”. Anche perché, spiega, “conoscendo gli alunni anche al di là della materia, i professori di religione sono preziosi per dare un giudizio ponderato sulla persona”. Ma i vescovi sottolineano anche la questione culturale. Perché, dichiara monsignor Coletti, l’ora di religione non va “a sostenere scelte religiose individuali”, ma “è una componente importante di conoscenza della cultura di questo Paese, con buona pace degli irriducibili laicisti e purtroppo dobbiamo dire con buona pace anche dei nostri fratelli delle altre confessioni cristiane”. di Andrea Gagliarducci |
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