Approvazione della Ru486, la Chiesa risponde con la scienza |
“La Chiesa non resterà in silenzio”. Le parole del presidente del Pontificio Consiglio per la Vita monsignor Fisichella, cui hanno fatto eco quelle del presidente emerito monsignor Sgreccia, sono segno di una certa inquietudine negli ambienti vaticani per la decisione dell’Aifa (Azienda Italiana del Farmaco) di ammettere la commercializzazione della pillola abortiva Ru486 in Italia. Non deve scandalizzare né sorprendere il fatto che l’aborto chimico, provocato dalla Ru486, sia considerato pari all’interruzione volontaria di gravidanza per via chirurgica, né che chi lo provoca, secondo la dottrina della Chiesa, incorra nella scomunica: questo era già definito nella Dignitas Personae, l’istruzione sulla bioetica licenziata dalla Pontificia Accademia per la Vita alla fine dello scorso anno, e inserita all’ultimo momento tra i doni che Benedetto XVI ha voluto offrire al presidente statunitense Barack Obama. Il discrimine, sottile ma non troppo, è proprio sulla definizione di vita: ... ... se si difende la vita dal concepimento alla morte naturale, un aborto procurato non può essere considerato né più né meno di un omicidio, sia che sia un aborto chimico, sia che si tratti di un aborto chirurgico. Che ci sia una scomunica automatica per quanto riguarda l’aborto era stato rimarcato dall’Osservatore Romano a metà luglio, in risposta a un articolo dello stesso presidente del Pontificio Consiglio per la Vita, monsignor Fisichella, riguardo il caso della bambina brasiliana di 9 anni, costretta ad abortire dopo una violenza sessuale. L’Osservatore Romano aveva sottolineato la dottrina della Chiesa in materia di aborto, e – alla luce anche di questo recente documento – non ci si poteva aspettare un cambiamento di opinione. Dopo il sì dell’Aifa alla Ru486, però, non ci si devono aspettare contromosse eclatanti, come marce della vita sula scia di quella che c’è stata a Washington dopo l’elezione di Obama. La linea è quella di aspettare prima di tutto il modo in cui verranno applicate le Istruzioni del Ministero della Sanità, e non alimentare il dibattito in negativo. Il primo punto all’ordine del giorno è quello di battere sull’informazione scientifica. La stessa scelta che i vescovi fecero dopo il referendum sulla fecondazione assistita. Più che sulla questione abortiva, ci si concentra sulla eventuale mortalità della Ru486. “E’ un veleno letale”, ha attaccato monsignor Sgreccia. Sarebbero 29 i casi di morte accertata causati dalla Ru486. Il tutto documentato in un libro (Il mito dell’aborto facile) scritto a quattro mani dall’attuale sottosegretario al ministero della Salute Eugenia Roccella e da Assuntina Morresi, membro del Comitato Nazionale di Bioetica. Un libro pubblicato ormai tre anni fa, ma i cui dati sono incredibilmente attuali. Il dossier riguardo le 29 morti causate dalla Ru486 è stato girato all’Aifa prima dell’approvazione alla commercializzazione. Sembrava che l’agenzia del farmaco non ne fosse a conoscenza per intero. Invece, si è scoperto che il dossier è stato vagliato fino in fondo. Perché, allora, c’è stata l’approvazione, nonostante il rischio di morte? Su questo batteranno i vescovi italiani. Che possono contare anche su un altro documento, di importanza fondamentale per comprendere la questione: il carteggio tra l’amministrazione Clinton e Sakiz, titolare del brevetto del farmaco in Francia. Alle richieste di Clinton per poter commercializzare il prodotto in America, Sakiz rispose prima con una condizione capestro: va bene, ma solo se sarò messo al riparo dalle cause legali. Poi, dopo pressanti richieste, cede il brevetto al Population Council: il farmaco può essere prodotto, ma Sakiz e la sua ditta non hanno responsabilità dirette. Una buona mossa, se si pensa che è negli Stati Uniti che sono venuti fuori i primi casi di morte da Ru486, e che il New York Times, quotidiano pro-choice e liberal, lanciò una campagna contro la kill pill già nel 2001. di Andrea Gagliarducci |
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