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Fantozzi e la Hack: il miscredente e l’atea PDF Print E-mail
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Fantozzi e la Hack: il miscredente e l’ateaPaolo Villaggio, alias ragionier Fantozzi, non è certamente un personaggio attendibile, quando parla spesso si contraddice e nelle interviste che rilascia quasi sempre rinnega le precedenti. Domenica 28 giugno sul quotidiano Libero nella rubrica di Barbaro Romano, alla domanda dell’intervistatrice: “ A 77 anni non si pone il problema dell’aldilà? Da perfetto miscredente ha risposto: “Certo. Ma non c’è niente. Niente alla portata dell’intelligenza dell’uomo. Mi piacerebbe vivere nel 34.000 dopo Cristo. Allora sì che ci si avvicinerebbe all’idea del Creatore, a capire se c’è o non c’è. Ma non è giusto dire “sono ateo”, come fa Margherita Hack”. Ovviamente tra Villaggio e la Hack c’è un abisso incolmabile, l’astrofisica è un pozzo di cultura nella sua specifica disciplina, sottolineo cultura perché la vera intelligenza è un’altra cosa…, ed il “comico” invece spesso ragiona come un diabetico…  La famosa astrofisica Margherita Hack si avvia verso i 90 anni, ma per le affermazioni ... 

...  che fa riguardo alla fede cristiana, alla Chiesa e soprattutto al Santo Padre Benedetto XVI dimostra di essere nata almeno due secoli fa, è infatti un residuo storico del sorpassato scientismo.

Qualche tempo fa in uno dei numeri di Famiglia Cristiana (n° 17 del 27 aprile 2008) la giornalista Laura La Pietra l’intervista e la propone a modello di scienziato per tutti i nostri ragazzi. Sono rimasto scandalizzato e strabiliato: come è possibile che un periodico che si dice cattolico presenti la Presidente onoraria dell’Unione Atei e Agnostici Razionalistici, un’estremista di sinistra, anticlericale e anticattolica, come modello di cultura e di vita per i nostri ragazzi? Per l’ennesima volta Famiglia Cristiana dimostra la propria superficialità e poi ci si meraviglia se si vendono sempre meno copie del settimanale e poi bisogna chiudere le varie redazioni. Molti cattolici e moltissimi sacerdoti che una volta diffondevano la rivista nelle scuole e nelle parrocchie, tra cui la mia, non ne vogliono più sapere di divulgarla, perché non condividono una linea editoriale che spesso non è in sintonia con il Magistero e la Tradizione Teologica della Chiesa. Non è il numero delle foto del Papa sulle copertine di un giornale che lo fa cristiano ma la qualità dei suoi articoli. Ma veniamo alla Hack.

Il sito www.indicius.it/religioni/margherita_hack.htm riprende un’intervista sulla fede cristiana rilasciata dalla suddetta. Alla domanda: “Per la pace, argomento di grande attualità, non serve credere in Dio?”. La Hack risponde:”Al contrario, è proprio la scienza che permette di superare tutti i fanatismi. La scienza, con il suo linguaggio matematico universale. Le religioni, semmai, li alimentano. E per rendersene conto, basta vedere quello che sta succedendo oggi”. “Che cos’è, allora, Dio secondo lei, e soprattutto perché tanti sono credenti?”. (R).: “Le divinità sono state create per dare un senso a tutti i fenomeni naturali dei quali l’uomo non sapeva trovare una spiegazione. Dalla pioggia in poi… Ma la scienza, un passo dopo l’altro, ha progredito nel sapere. Ha trovato risposte e continua a trovarle. Così Dio è diventato qualcosa di meno fisico, di più etereo, di più spirituale. E via via che sono state svelate le manifestazioni naturali, si è sentito sempre meno il bisogno di Dio”. (D) “Ritiene che sia soltanto questo il motivo per cui tanta gente crede?”. (R) “No, naturalmente. C’è anche la paura della morte. Unita alla speranza di avere una vita migliore nell’aldilà che ricompensi le sofferenze patite”.  (D) “La paura della morte è una inconfutabile realtà. La religione consola, lo fa anche la scienza?”. (R) “Certo. Perché accetta l’evidenza, dice che la lunghezza della vita è “quella” e a questa verità bisogna adeguarsi. Spiega che la persona muore, ma le sue molecole, i suoi protoni rimangono nell’universo”. (D) “Però non aumenta la fiducia nel sopravvivere di una qualche coscienza dopo la morte?”. (R) “No, in compenso fa di tutto per rendere migliore la permanenza in vita. Cosa che la religione non fa”. (D) “Sta pensando alle interferenze della Chiesa nelle questioni scientifiche?”. (R) “Proprio a quelle. Basti citare Galileo. Sono sempre interferenze gravi. Perché la scienza deve essere totalmente libera. Non si possono fermare certi studi”. (D) “Per esempio?”. (R) “Quelli sulle cellule staminali embrionali. Da queste si ricaverebbero conoscenze fondamentali per la cura di malattie che fanno soffrire l’uomo. La scienza è vera libertà”. (D) “Quando il suo percorso di scienziata ha incrociato l’ateismo?”. (R) “Non è un quando. Da bambina credevo a quello che mi dicevano: come si crede a Babbo Natale ma non sono mai stata molto interessata all’argomento religione”.

E’ evidente a qualsiasi persona dotata di un minimo di intelligenza e di cultura che le affermazioni della Hack sono frutto di ideologia e non di seria riflessione intellettuale. Non voglio rubare il mestiere agli psicologi ma la Hack mi è sempre sembrata una persona che non sta bene con se stessa… E’ certo comunque che la Hack è un’esponente di primo piano dello scientismo. Con questo termine si intende quella corrente ideologica che, a partire dal 1800, afferma l’onnipotenza della scienza e pretende di ottenere con essa la soluzione piena e definitiva di tutti quei problemi che per secoli hanno angustiato la mente umana. Augusto Comte, il padre del positivismo, sosteneva che l’umanità è in continuo progresso ed esso corrisponde al miglioramento dei suoi procedimenti conoscitivi che sono di tre generi: mitologico-religioso; metafisico-speculativo; ed infine positivo-sperimentale o scientifico. Secondo Comte, l’umanità è progredita attraverso questi stadi. Inizialmente l’umanità, usando il metodo mitologico, dava una spiegazione dei fenomeni naturali ricorrendo a cause soprannaturali e religiose. Successivamente, ricorrendo al metodo metafisico, l’umanità spiegò gli stessi fenomeni escogitando principi e concetti filosofici (sostanza, essere, fine ultimo, causa prima, ecc.). Infine, nell’epoca moderna, con la scoperta del metodo scientifico, l’umanità spiega ogni cosa per mezzo delle leggi naturali, che – a parere di Comte – sono gnoseologicamente sufficienti e non necessitano di rimandi metafisici. Con questo metodo, per Comte e per la sua “nipotina” Margherita Hack, l’uomo potrà risolvere tutti i suoi problemi e vincere tutti i mali.

Contro questa corrente ideologica di pensiero definita “scientismo” si schierarono numerosi studiosi, per la maggioranza non confessionali, che mostrarono con argomenti irrefutabili che non esiste un’unica forma di sapere, quella scientifica, né esiste un unico tipo di scienza, quella sperimentale, né un solo metodo, quello positivo, ma i saperi sono molteplici, come pure le scienze ed i metodi. L’errore madornale dello scientismo è quello di aver ampliato eccessivamente la portata del metodo scientifico e di aver preteso di applicarlo non solo al mondo della quantità e della materia, ma anche a quello della qualità e dello spirito. Oggi gli epistemologi, cioè gli studiosi del meccanismo della conoscenza umana, hanno ampiamente mostrato non solo che la scienza, in tutte le sue forme, non è onnisciente né onnipotente e che pertanto non può conoscere tutto né risolvere tutti i problemi, ma che in realtà la scienza è incapace di garantirsi le sue stesse basi conoscitive, per cui la scienza può conservare perennemente solo un carattere ipotetico, oppure, deve ricorrere ad una forma di sapere che oltrepassi quello scientifico, cioè deve cadere nei lacci della ideologia di cui Margherita Hack, Marcello Chini e gli “scienziati” che non vollero il Papa alla Sapienza, sono esempi mirabili ma assolutamente da non additare quali “modelli per i giovani di oggi”. Sono veramente dei “falsi maestri”, come ebbe a dire, di essi, il Magnifico Rettore della Sapienza stessa.

In molti strati sociali lo scientismo è ancora di moda; molti “professori” di scienze biologiche o chimiche, nelle scuole di media inferiore o superiori, hanno spesso una formazione culturale globale molto limitata e sono i maggiori diffusori dello scientismo presso una massa di studenti che, apaticamente ed acriticamente, accettano e spesso condividono ciò che sentono. In realtà lo scientismo è un’esperienza culturale ormai superata, perché non è riuscita a mantenere fede alle sue promesse. Gli stessi scienziati hanno constatato che non solo le loro teorie sono sempre limitate, fallibili e rivedibili, ma anche che le loro scoperte procurano sia dei vantaggi che degli inconvenienti per l’umanità. Di fatto, uno scienziato non sa per quali usi le sue scoperte potranno essere impiegate in seguito ed è praticamente impossibile prevederlo con certezza. Le opinioni inesatte di Margherita Hack sulla religione cristiana ci offrono la possibilità di fare una breve storia sul rapporto tra scienza e fede cattolica. Oggi il discorso su Dio è particolarmente difficile proprio per il prevalere di una mentalità popolare influenzata dallo scientismo e dal tecnicismo. Già in passato altre volte si è presentata la difficoltà di conciliare il messaggio cristiano con la cultura e la mentalità profana. Il cristianesimo primitivo ha vissuto tale conflitto quando ha dovuto decidere se accogliere o meno la cultura “classica” o servirsene per l’inculturazione della fede; infatti, in seguito, si utilizzeranno, nella teologia e nella filosofia cattolica, non pochi elementi forniti dalla cultura filosofica greco-latina. Altra conflittualità culturale risolta positivamente avvenne nel XIII secolo, quando, ad opera di Alberto Magno e di Tommaso d’Aquino, si riuscì ad inserire gli elementi della visione aristotelica nell’ambito di una filosofia e cosmologia aperta alla trascendenza di Dio. Va notato però che il contrasto tra la cultura pagana e il cristianesimo si collocava a livello di valori ispiratori della sfera religiosa, a cui si riconosceva la legittimità di una presenza a pieno titolo. Ai nostri giorni, la sfera della scienza e della tecnica sembra proporre, attraverso alcuni suoi esponenti ideologizzati, come Margherita Hack, un modo di concepire il mondo in cui il trascendente sarebbe tenuto a non essere più presente in quanto il parlare di Dio sarebbe un discorso privo di senso, cioè inutile. Alla base di tale concezione ateistica, secondo molti studiosi, ci sarebbe l’utilizzazione del metodo cartesiano, basato sulla distinzione netta tra il mondo dello spirito e quello della corporeità (rex cogitans et res extensa) che accelerò il processo di piena autonomizzazione della ricerca naturale del trascendente, e quindi favorì la visione materialistica del mondo e dell’uomo che avrebbe purtroppo caratterizzato il secolo XVIII. Il principio metodologico cartesiano di non ammettere se non quando appare con tutta chiarezza e distinzione all’intelletto del ricercatore, aprirà – da una parte – la strada ai diritti dell’analisi soggettiva delle varie questioni filosofiche e teologiche, e, dall’altra, darà inizio a quello spirito razionalistico che, a poco a poco, in nome della suprema autorità della ragione, si rivolgerà contro ogni realtà di fede e in genere rifiuterà tutto ciò che l’intelletto umano non riesce a comprendere e a dimostrare. Tale atteggiamento intellettuale può essere sintetizzato nella risposta data da Place a Napoleone che l’interrogava sulla sua esposizione della teoria cosmologica: “Che posto avete riservato a Dio nel vostro sistema?”. “Sire, non ho avuto bisogno di questa ipotesi”.

In conclusione, nonostante le affermazioni della Hack, l’attuale crisi irreversibile dello scientismo e la constatazione dell’incapacità dell’uomo a dominare il progresso tecnico-scientifico, sono le condizioni della cultura attuale che ripropone i problemi dei fini, del perché ultimo, del senso della vita e della storia. Sono queste, in ultima analisi, alcune componenti del problema di Dio che è un problema di conversione, di orientamento alla salvezza, di scelte radicali per le quali vale la pena di giocare la propria esistenza. Il cristiano deve essere veramente convinto che la civiltà contemporanea, per non andare in completa decadenza e rovina, non può fare a meno di Dio e della Chiesa. Qualora il credente ritenesse suo compito quello di “difendere” Dio e la Chiesa, mostrerebbe di non credere nell’assolutezza di Dio, che è ricercato anche da coloro che pubblicamente dichiarano di rifiutarlo. Abbiamo quindi bisogno di recuperare il senso profondo di Dio. Certamente ciò richiede una notevole fatica, soprattutto nel riscoprire le sembianze del volto assunto da Dio nella storia del XXI secolo, le quali non sono forse quelle alle quali eravamo abituati nei secoli precedenti. Al giorno d’oggi la civiltà è improntata dalla mentalità scientista e tecnicista, mentre in futuro assumerà altre caratteristiche. Proprio per questo, il proporre Dio oggi, in misura notevole, significa proporre delle risposte alle domande che la scienza e la tecnica hanno reso più acute riconoscendo, nello stesso tempo, di non essere in grado di dar loro delle risposte valide. Scheler diceva che l’umanità è da sempre “malata di Dio”. Tale malattia diventa oggi più acuta perché il mondo che circonda l’umanità minaccia di travolgerla. L’umanità ha bisogno di quei valori culturali e religiosi a cui Dio soltanto può assicurare un solido fondamento per gettare le basi di una nuova cultura capace di condurre l’umanità verso un livello più elevato di umanizzazione che la scienza e la tecnica, per buona pace di Margherita Hack, sono incapaci di fornire.

di Don Marcello Stanzione

 
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