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Sta per iniziare l'anno SacerdotaleLunedì 16 marzo 2009, il papa Benedetto XVI ha rivolto il discorso ai partecipanti alla plenaria della Congregazione per il clero ed ha annunciato  che proprio per favorire la tensione dei sacerdoti verso la perfezione spirituale dalla quale soprattutto dipende l’efficacia del loro ministero, aveva decisi di indire uno speciale “Anno sacerdotale” dal 19 giugno 2009 al 19 giugno dell’anno seguente. La scelta non è casuale: il 19 giugno coincide con la festa del Sacratissimo Cuore di Gesù e con la Giornata di santificazione sacerdotale. L’Anno Sacerdotale è un’opportunità offerta a tutte le comunità ecclesiali per rileggere “la fedeltà di Cristo e la fedeltà del sacerdote” alla luce di questa figura di pastore ed evangelizzatore non solo del mondo rurale della Francia post-rivoluzionaria, bensì di uno stile pastorale che, pur se datato, rimane sempre profetica per chi ha liberamente accolto la vocazione ala vita presbiterale.  Il Papa ricordava che ricorreva il centocinquantesimo anniversario della ... 

... morte del santo curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney, definito dal pontefice: “ vero esempio di pastore a servizio del gregge di Cristo”. Nato l’8 maggio 1786 a Dardilly, la risposta alla chiamata divina ad essere prete, Giovanni Maria Vianney la matura in un contesto ostile alla Chiesa e ai valori cristiani. Ciò invece di affievolire il suo entusiasmo lo porterà all’età di 17 anni a confidare alla madre: “Vorrei guadagnare delle anime al Buon Dio”. Solo a 20 anni comincerà la sua preparazione al sacerdozio presso don Balley, curato di Eculy. Ebbe difficoltà ad arrivare al sacerdozio perché era molto ignorane ed allora tutta la teologia si studiava in latino ed il povero giovane a stento parlava il francese. Ma la sua genuina fede, il suo spirito di penitenza, il suo desiderio sincero di servire Dio fecero si che i suoi superiori chiudessero un occhio sulla sua formazione teologica. Il vescovo, a corto di parroci, gli affidò la cura pastorale di Ars, un paesino sperduto a nord di Lione. Raggiunse a piedi la sua parrocchia, incontrando subito una grande indifferenza religiosa del popolo ma egli la sua missione trascorrendo lunghe ore inginocchiato in preghiera davanti al tabernacolo mentre la chiesa rimaneva sempre deserta.

Negli intervalli dalla preghiera ripuliva la chiesa e prendeva contatto con i suoi fedeli in realtà poco fedeli che incontrava nelle ben quattro osterie del piccolo centro con relative balere, contro le quali egli senza paura tuonava dicendo:” Il ballo è la corda con la quale il demonio trae molte anime all’inferno…Le persone che entrano in un ballo lasciano il loro angelo custode alla porta ed è un demonio che prende il suo posto”. Purtroppo i tempi  non sono migliorati anzi con le moderne discoteche il demonio marcia alla grande…! Ma dopo alcuni anni, la popolazione di Ars dapprima insofferente per il suo rigorismo morale cominciò ad accorgersi di quel sacerdote che faceva sempre digiuni e penitenze e dava ai poveri anche le sue scarpe. Per ascoltare le sue catechesi e le sue omelie furono organizzati da ogni parte della Francia dei veri e propri pellegrinaggi , cui tutti,  dal contadino al nobile e all’alto funzionario partecipavano sia per essere presenti alla sua Messa sia per confessarsi da lui, dal momento che il curato stava sempre in confessionale, anche per intere notti di seguito, senza mangiare e senza dormire. Giovanni Maria Vianney divenne il confessore dei più ostinati peccatori che giungevano da ogni parte e che bivaccavano davanti alla sua Chiesa in attesa di incontrarlo per riconciliarsi con Dio.   Morirà il 4 agosto 1859 alle 2 di notte, stremato dalla penitenza e dalle dure fatiche pastorali. Nel 1905 Pio X lo dichiarerà beato e nel 1925 il papa Pio XI lo canonizzerà. Anche il beato Giovanni XXIII gli era molto devoto al punto da dedicargli un’enciclica, la “ Sacerdotii Nostri Primordia” del 1 agosto 1959, pubblicata nel centenario della morte del santo Curato d’Ars. In tale enciclica tra l’altro, il papa scrisse sul curato d’Ars: “ Ciò che colpisce, anzitutto, è il senso profondo che egli aveva delle sue responsabilità pastorali.

La sua umiltà e la conoscenza soprannaturale che aveva del prezzo delle anime, gli fecero portare con paura l’ufficio di parroco. “ Amico mio”, confidava un giorno a un confratello, “ voi non sapete ciò che voglia dire per un parroco presentarsi al tribunale di Dio!”. Ed è ben conosciuto il desiderio che lo tormentò a lungo di fuggire in qualche luogo solitario “ per piangere la sua povera vita”, e come l’obbedienza e lo zelo delle anime lo ricondussero ogni volta al suo posto. Ma se in certi momenti fu così abbattuto dal suo ufficio divenuto eccezionalmente opprimente, fu precisamente perché aveva un’idea eroica del suo dovere e delle responsabilità di pastore. “Mio Dio”, pregava nei suoi primi anni, “ accordatemi la conversione della mia  parrocchia; accetto di soffrire tutto quello che vorrete per tutto il tempo della mia vita!”. Ottenne dal cielo quella conversione. Ma più tardi confessava: Se avessi previsto, quando venni ad Ars, le sofferenze che mi aspettavano, sul colpo sarei morto di apprensione”. Sull’esempio degli apostoli di tutti i tempi, egli vedeva nella croce il grande mezzo soprannaturale per cooperare alla salvezza delle anime che gli erano affidate. Senza lamentarsi soffriva per esse le calunnie, le incomprensioni, le contraddizioni; per esse accettò il vero martirio fisico e morale d’una presenza quasi ininterrotta al confessionale, ogni giorno, per trent’anni; per esse lottò come atleta del Signore contro le potenze infernali; per esse mortificò il suo corpo. Ed è ben nota la risposta data a un confratello che si lamentava per la poca efficacia del suo ministero: “ voi avete pregato, avete pianto, gemuto e sospirato. Ma avete voi digiunato, avete vegliato, vi siete coricato per terra, vi siete data la disciplina? Finchè non sarete giunto a tutto questo, non crediate d’aver fatto tutto”.

di Don Marcello Stanzione

 
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