E' nelle librerie "Un mese con San Michele" di Don Marcello Stanzione |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions Sono veramente lieto di presentare questo testo “Un mese con San Michele Arcangelo” di don Marcello Stanzione, edito dall’Editrice Segno di Udine, che sarà certamente un utile strumento di meditazione e di preghiera per i numerosi cattolici devoti ai Santi Angeli di Dio ed al loro celeste Capo: l’Arcangelo Michele. Giovanni Paolo II, parlando al Santuario di San Michele sul Gargano, il 24 maggio 1987, disse che “per quanto frammentarie, le notizie della rivelazione sulla personalità ed il ruolo di San Michele sono molto eloquenti. Il nome di Michele, oltre che nell’Antico Testamento, appare anche nell’Apocalisse di San Giovanni, che è nel Nuovo Testamento ed è un Libro pieno di Angeli. Nell’Apocalisse si legge che scoppiò una guerra nel cielo tra Michele ed i suoi angeli ed un enorme drago rosso con sette teste e dieci corna e con sulle teste sette diademi, la cui coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. “il drago combatteva insieme ... ... con i suoi angeli, ma non prevalsero, e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo diavolo e satana e seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli”. Nello stesso Discorso pronunciato al Santuario del Gargano, Giovanni Paolo II disse che la “lotta contro il Demonio, che contraddistingue la figura dell’Arcangelo Michele, è attuale anche oggi, perché il demonio è tuttora vivo ed operante nel mondo. Infatti il male che è in esso, il disordine che si riscontra nella società, l’incoerenza dell’uomo, la frattura interiore della quale è vittima, non sono solo le conseguenze del peccato originale, ma anche effetto dell’azione infestatrice ed oscura di satana, di questo insidiatore dell’equilibrio morale dell’uomo, che San Paolo non esita a chiamare “il dio di questo mondo”, in quanto si manifesta come astuto incantatore, che sa insinuarsi nel gioco del nostro operare per introdurvi deviazioni tanto nocive, quanto all’apparenza conformi alle nostre aspirazioni”. Sozomeno, vissuto nel secolo V, nella sua “Historia ecclesiastica” ci riferisce che Costantino il Grande aveva dedicato a san Michele la più bella chiesa di Costantinopoli. Era stata chiamata Michaelion perché si riteneva che l’Arcangelo vi apparisse ed operasse miracoli. Quando san Michele era considerato protettore dell’Imperatore e grande taumaturgo, a Costantinopoli e nelle sue vicinanze sorsero ben sedici santuari a lui dedicati. In Italia, le prime chiese dedicate a san Michele, furono edificate a Roma all’inizio del V secolo. Una era nei pressi della Basilica di San Pietro, l’altra al sesto miglio della Via Salaria. Le due chiese ora non sono più esistenti, ma a Roma, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, si trova la più antica raffigurazione italiana di san Michele. E’ un mosaico molto deteriorato, che lo raffigura nelle vesti di un guerriero. SANTUARI CONSACRATI ALL’ARCANGELO Da apparizioni di san Michele sono nati tre grandi santuari a lui dedicati in Puglia, in Piemonte, in Normandia in Francia. Sono situati in un’unica direttrice, che li collega e che recentemente è stata proposta come bene culturale protetto dall’UNESCO. La loro origine è riferita da tre scritti. Quella relativa al Santuario di San Michele sul monte Gargano è intitolata “Liber de apparitione sancti Michaelis in monte Gargano” (detto anche “Apparitio”), il testo che riporta le origini della Sagra di San Michele della chiesa in Piemonte è “Chronica monasterii sancti Michaelis clausinii” dell’XI secolo, e richiama l’Apparitio. L’operina relativa a Mont Saint Michel in Normandsia è “Apparitio Scanti Michaelis Arcangeli in Monte Tumba” ed è probabilmente del IX secolo. Tutte sono anonime. Un’apparizione di san Michele a San Lorenzo Maiorano, vescovo di Siponto (ora Manfredonia), che la tradizione colloca nel 490, è all’origine del Santuario di Monte Sant’Angelo nel Gargano. Fu seguita da altre due apparizioni, che la tradizione colloca negli anni 492 e 493, ma che la critica storica ritiene avvenute in tempi più distanti e non vicini tra loro. Una quarta apparizione avvenne nel 1656. l’arcangelo apparve al vescovo di Manfredonia, durante una terribile epidemia di peste. Situato su un monte roccioso e boscoso, alto 843 metri, dove c’era stato un culto pagano, il Santuario divenne ben presto famoso e meta di moltissimi pellegrini. E’ costituito da una grotta e da una basilica gotica ad una sola navata, con volte a crociera, che fu iniziata da Carlo d’Angiò il 27 marzo 1274 al posto di una resistente basilica romanica. Accanto c’è un grande campanile ottogonale. Bellissima è la porta in bronzo ed ottone fusa a Costantinopoli, donata nel 1076 da un ricco amalfitano. I 24 pannelli rappresentano episodi biblici che hanno angeli come protagonisti. Anche la fondazione della Sacgra di San Michele a 962 metri di altezza sul monte Pirchiriano, all’imbocco della Val di Susa, è avvenuta intorno all’anno 1000, dopo l’apparizione ad un vescovo. E Giovanni Vincenzo il quale si era ritirato in eremitaggio sul monte Capraio. A lui san Michele aveva detto di costruire una chiesa, indicandogli una gran rupe che era di fronte, sulla via per le Alpi. Dopo averla costruita con legna da lui radunata sul monte Capraio, ma portata dagli angeli sul monte Pirchiriano, quantunque fosse vescovo, Giovanni Vincenzo invitò per consacrarla il vescovo di Torino il quale aveva giurisdizione sul luogo. Ma quando questi giunse, atteso da migliaia di pellegrini, un liquido simile ad olio scese dall’alto e si condensò sulla roccia della chiesa in forma di croce. Era stato lo stesso Arcangelo a consacrare la chiesa. Da qui il nome di Sagra. Anche l’abbazia, con la chiesa ha tre navate e tre absidi, fu dovuta ad un’apparizione di san Michele ad Ugo di Montpoissier, che passava di lì andando con sua moglie in pellegrinaggio a San Pietro in Roma. Dopo essere diventata potente, con molti monaci, un’intensa vita religiosa, ricca di numerosi possedimenti nei dintorni, l’abbazia benedettina decadde a mano a mano. Nel 1381 fu ridotta a semplice Commenda. Nel 1622 la Comunità benedettina fu soppressa. Solo pochi monaci si alternavano per custodirla. Tutti i tentativi di darle nuova vita vennero meno, fino a quando di essa non si interessò nel 1830 il re Carlo Alberto. Nel 1838 l’affidò all’Istituto della Carità, fondato dal Beato Antonio Rosmini, “anche per farle un rifugio per le persone che amassero ritirarsi in quieto e spirituale raccoglimento”. Sono i padri Rosminiani che la curano tuttora. Il Santuario di Mont Saint Michel in Normandia è uno dei luoghi della Francia più visitati da turisti e pellegrini. Sorge su un isolotto alto 76 metri, situato davanti alla costa, ed intorno al quale, due volte al giorno, rapidissimamente si verificano maree alte anche 14 metri, che in passato lo rendevano irraggiungibile a piedi. Ora l’isolotto è collegato alla terraferma da una strada carrozzabile, protetta dalla diga costruita nel secolo XIX dai prigionieri, che si trovavano nel santuario quando fu trasformato in prigione di stato. Secondo l’operetta “Apparitio sancti Michaelis Arcangeli in momte Tumba”, san Michele apparve ad Oberto, vescovo di Avranches e gli chiese di costruire una chiesa sulla cima del monte Tombe. Oberto costruì la chiesa con un piccolo oratorio con dodici monaci. Nel 966 Riccardo I, duca di Normandia, cacciò i Normanni e fondò il monastero benedettino. Nel 1017 Idelberto I iniziò un grande progetto di edificazione che proseguì lentamente per cinque secoli, fino al 1502, quando iniziò la lenta decadenza dell’Abbazia che con la Rivoluzione francese fu sconsacrata ed adibita a carcere fino al 1863. attraverso successive porte monumentali si accede al complesso monastico, che si eleva sulla cima dell’isolotto. A centro c’è la chiesa abbaziale. Costruita in forme romaniche, nell’undicesimo secolo, e ha tre navate, separate da archi a sesto acuto, sopra i quali si trova il matroneo, scarnito da bifore. Ad un terzo livello si trovano le finestre che danno sull’esterno. La ricerca del senso di verticalità si manifesta immediatamente. Le campate sono molto strette, soprattutto in relazione alla loro altezza, mentre i sottili pilastri, che slanciano ulteriormente l’intera struttura, non sono interrotti nella loro linearità da nessun capitello. Sottostante all’abbazia c’è il borgo, cinto da possenti mura, costruite tra il XIII e il XVI secolo. Le case son disposte lungo un’unica strada. Per lo più sono del XV o XVI secolo. E’ stato notato che l’Abbazia rappresenta una sintesi completa degli stili architettonici medievali, e che la sua impervia localizzazione si spiega con le tre missioni dell’arcangelo Michele: pesare le anime per separare i dannati dagli eletti, condurre questi ultimi in cielo e, soprattutto, sorvegliare le porte del Paradiso. IL CULTO ED I LUOGHI MICAELICI Il culto di san Michele, diffusosi rapidamente in Italia portò a dedicargli chiese e grotte. Tra queste c’è la grotta di Olevano sul Tusciano (dove nel 1825 soggiornò e dipinse il giovane pittore tedesco Ernest Fries, uno dei ricopritori della grotta Azzurra nell’isola di Capri) si trova nei pressi di Battipaglia nel Salernitano. Quando fu dedicata a san Michele era in un luogo impervio. Tale restò a lungo. La grotta, che ha una profondità di quasi un chilometro ed è alta fino a 50 metri, ospita sette piccole cappelle, di cui due con affreschi. Quelli della cappella principale risalgono al IX-X secolo e furono realizzati da monaci bizantini basiliani, di origine italo-greca, che si erano rifugiati nella grotta a causa di contrasti religiosi. Molte sono le preghiere scritte e rivolte a san Michele. La più nota è quella scritta da Leone XIII, il quale prescrisse che fosse recitata al termine di ogni Messa. Questo avvenne fino al settembre 1966, quando per la riforma attuata dopo il Concilio Vaticano II, la lettura della preghiera al termine della Messa fu soppressa. La sua recita è stata in seguito caldamente sollecitata, in particolare da San Pio da Pietrelcina e da Giovanni Paolo II. La preghiera è questa: “San Michele Arcangelo difendici nella lotta, vieni in nostro soccorso contro la perfidia e le insidie del demonio. Per tuo mezzo eserciti Dio il suo impero sopra di lui, noi te lo chiediamo umilmente. E tu principe della milizia celeste con la forza divina, ricaccia nell’inferno satana e gli altri spiriti maligni, che si aggirano per il mondo a perdizione delle anime”. In Europa il culto di san Michele si diffuse in Irlanda, Francia, Portogallo, Spagna, Belgio e Paesi Bassi, Norvegia, Islanda, Svezia, Danimarca, Germania, della quale San Michele è il Patrono, Svizzera, Grecia, Polonia e Russia, dove a San Michele è dedicata la Cattedrale del Cremlino, nella quale sono custodite le tombe degli zar. Preziose notizie sulle molte chiese dedicate a san Michele in Italia ed in Europa e sul suo culto sono contenute nel libro Le Vie dell’Arcangelo di Paola Giovetti, pubblicate nel 2005 dalle Edizioni Mediterranee. Tra i luoghi dedicati a san Michele ci sono Castel Sant’Angelo a Roma, Saint Michael’s Mount sulla Manica in Cornovaglia, e Villa San Michele di Axelmounthe, nell’isola di Capri. Una grande statua in bronzo di san Michele è collocata sulla cima del Castel Sant’Angelo in Roma, realizzata da T. van Vershaffelt, fu fusa da Giardoni nel 1752 e sostituì l’angelo di marmo di Raffaello da Montelapo, del 1544, che ora è situato nel cortile. Il Castello ha una lunghissima storia. La costruzione fu iniziata dall’imperatore Adriano, come mausoleo per sé e per i suoi successori. Per collegarlo con Campo Marzio, nel 134, fu costruito il ponte Aelius (ora Ponte Sant’Angelo). Il Mausoleo fu terminato nel 139, un anno dopo la morte dell’imperatore. Su un grande basamento quadrato poggiava una gigantesca rotonda, rivestita di blocchi di tufo e travertino, sormontata da un tumulo di terra con piante, al centro delle quali si elevava una grande quadriga di bronzo, guidata dal sole detto Elio (tale era il nome di Adriano). In un’aula quadrata, rivestita di marmo, furono deposti i resti di Adriano, della moglie Livia Sabina e dei successivi imperatori Antonimi e Severi, fino a Caracolla. Nel 590 papa Gregorio Magno organizzò e guidò una processione penitenziale per implorare da Dio la cessazione della peste, che dall’anno precedente infuriava in Roma, e che aveva avuto tra le vittime anche il suo predecessore Pelagio. Quando la processione imboccò il ponte Elvio, papa Gregorio Magno vide l’Arcangelo Michele che si posò sulla cima del Mausoleo e rinfoderò la spada. Da quel momento la peste cessò. In ricordo di ciò, tra il 608 e il 615, Bonifacio IV, fece costruire una cappella a forma di cripta dedicata a San Michele, dove prima c’era la sala sepolcrale. Nell’852 l’Hadrianeum cambiò il suo nome in Castellum Sancti Angeli. In seguito, il Castello diventò fortezza, dimora patrizia, residenza di pontefici e poi anche caserma e carcere. Nel 1686, sotto il pontificato di Innocenzo XI, su progetto di Carlo Fontana e Mattia De Rossi, allievi ideali della grande tradizione architettonica del Barocco romano di Bernini, fu realizzato il primo nucleo della fabbrica di San Michele, che raggiunse la sua vetta edificatoria e culturale con Innocenzo XII. La bandiera pontifica venne ammainata solennemente dal Castello il 21 settembre 1870, mentre l’esercito italiano rendeva gli onori militari alle truppe pontificie, che lì avevano offerto l’ultima resistenza. Acquistato dallo Stato Italiano nel 1968, è ora sede della Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti. La statua di san Michele, dopo un restauro, nell’ambito di interventi di recupero altamente scientifici, è stata ricollocata sulla cima del Castello, alla presenza di Giovanni Paolo II. Prima della benedizione, il papa disse che Bonifacio IV aveva fatto costruire la cappella dedicata a san Michele, nella parte alta del Castello, volendo “affidare la Città alla protezione di questo Arcangelo, nel quale già il popolo di Israele vedeva una sua guida sicura e che la Chiesa di Cristo, nuova famiglia di Dio, poteva per ciò continuare ad invocare come celeste Tutore”. di Raffaele Vacca |
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