Questione Lefevbre, sotto accusa Castrillon |
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... giornale del Fronte Nazionale di Le Pen che l’opposizione cattolica ad una residenza di suore Carmelitane nel sito dove sorge il campo di concentramento di Auschwitz era stata istigata dagli ebrei. Una visione d’insieme condivisa dai seguaci di Lefevbre. Nel 1997, Bernard Tissier de Malleras, uno dei quattro vescovi ordinati da Lefevbre, ha detto: “La Chiesa, da parte sua, ha sempre proibito e condannato l’uccisione degli Ebrei, anche quando i loro gravi difetti li hanno resi odiosi tra le nazioni nelle quali si erano stabiliti. E tutto ciò ci fa pensare che gli Ebrei siano i più attivi artefici della venuta dell’Anticristo”. Si poteva, a Roma, non sapere tutto questo? Nelle stanze vaticane, si racconta di un Papa mal consigliato, che ha agito con la volontà di chiudere una pagina dolorosa anche a livello personale: lo scisma, infatti, si consumò quando Ratzinger era prefetto del Sant’Uffizio. Le responsabilità di una decisione definita “diplomaticamente avventata” si rimpalla tra il cardinal Re, prefetto del congregazione dei Vescovi, il Segretario di Stato cardinal Bertone e il cardinale prefetto per la Congregazione per il Clero Castrillon Hoyos. Quest’ultimo sarebbe il vero responsabile. Almeno a raccogliere indiscrezioni che raccontano di un cardinal Re infuriato con Castrillon Hoyos. La revoca della scomunica è stata firmata proprio dal cardinal Re, visto che la scomunica era stata promulgata dalla Congregazione dei Vescovi. Re avrebbe accusato Castrillon Hoyos di aver istruito la pratica in fretta e furia per non farsi sfuggire l’occasione della chiusura dello scisma lefevbriano. Questo per mantenere una parola data alla stessa Fraternità di San Pio X: Castrillon Hoyos è stato infatti quello che più di tutti in Curia si è preoccupato per la ricucitura dello strappo, e ha fortemente appoggiato anche la liberalizzazione dell’antico rito voluta da Ratzinger. Per il cardinal Re, sempre a sentire le indiscrezioni, il testo “faceva acqua da tutte le parti”. In realtà, si tratta di un testo approntato da diverso tempo, perché il cammino di dialogo con la Fraternità di San Pio X non si è mai interrotto, e Paolo VI prima e Giovanni Paolo II avevano fatto di tutto per chiudere la questione con Lefevbre. Ma, è stato fatto notare, si poteva aspettare ancora un mese, quando era stato messo a punto anche il nuovo stato giuridico dei lefevbriani, per evitare di incorrere in questa gaffe. È da notare anche che la revoca della scomunica non rende il Papa automaticamente assertore delle stesse tesi dei lefevbriani, né che interrompe la strada del dialogo con il mondo ebraico che Benedetto XVI porta avanti dall’inizio del suo pontificato. Una cosa che, nel dibattito che ne è seguito, non è stata tenuta presente. di Andrea Gagliarducci |
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