Riguardo ai Bus di Genova con scritte ateistiche |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions L’unione degli atei e degli agnostici razionalisti ha deciso di organizzare a Genova una campagna antiteista pagando la pubblicità su alcuni bus con alcune scritte blasfeme come: “La cattiva notizia è che dio non esiste. Quella buona, è che non ne hai bisogno”. Dietro agli atei anche in questo caso si nascondono i soliti gruppi omosessualisti che vorrebbero fare il loro Gay Pride a Genova proprio il giorno della solennità cattolica del Corpus Domini. Nel cuore dell’incredulità, vi è la domanda di Dio. Il nome di Dio, in genere, eccetto che per le bestemmie, non fa parte normalmente del linguaggio corrente e non è affatto nelle preoccupazioni abituali delle persone di oggi. Ed il processo di ateizzazione sta crescendo, soprattutto nella giovane generazione dell’occidente. Curiosamente, questa tendenza specialmente europea non va esattamente d’accordo con la tendenza generale nel mondo, in cui esiste un largo consenso sull’esistenza ... ... di un essere di origine divina: credono fermamente in Dio dai 3/4 ai 4/5 delle persone a secondo dei paesi, in questi ultimi quarant’anni . Ma questa sarebbe una mentalità infantile o superficiale il credere in Dio solo perché tutti vi credono o di non credervi più perché le persone attorno a noi non vi credono. Le domande sono, d’altronde, immediate: “Se Dio esistesse, il mio fratellino non sarebbe morto … “. “Che ho fatto al Buon Dio per avere un figlio handicappato!”. E’ l’eco della protesta di Voltaire: “Chi ci libera dal male non è l’autore del male?”. Ma le persone continuano a far battezzare i loro figli ed a dichiararsi cristiane. La proporzione resta elevata e costante lungo i sondaggi: 80% in media della popolazione francese e spagnola si dichiara di religione cattolica ed in Italia la quota è oltre il 90. E Dio continua a fare, per l’occasione, la fortuna delle librerie e degli editori: Dio esiste: io l’ho incontrato! (André Frossard), perché Dio fa come fa giorno (D. Decoin) e d’altronde Il cadavere di Dio si muove ancora! (G. Souffert). E poi … Dio è Dio, per Dio! (M. Clavel), Perché credo in Dio(Messori o Zicchichi) ecc. L’interesse sembra non smentirsi, anche se il Dio cui si riferiscono le nuove religioni che invadono il mercato, non ha nulla a che vedere con Quello di Gesù Cristo. Finalmente, la domanda di Dio resta agli occhi di molti una delle più importanti da illuminare oggi, sia per il credente che per il non credente: per comprendersi tra persone che stanno per costruire il futuro con due progetti: due differenti umanesimi: “Su questo globo terrestre, scriveva il noto filosofo marxista Roger Garaudy, su questa nave vagante nello spazio con tre miliardi di uomini a bordo e che i dissensi del suo equipaggio possono oramai ad ogni istante sabotare, due grandi concetti del mondo animano gli uomini. Centinaia di milioni tra di loro trovano in delle credenze religiose il senso della loro vita e della loro morte, il senso stesso della nostra storia umana e, per centinaia di milioni di uomini e di donne, il comunismo da un volto alle speranze della terra, un senso possibile alla nostra storia. E’ dunque un dato irricusabile di questo secolo: il futuro dell’uomo non potrà essere costruito né contro i credenti, né anche senza di essi” (Dall’anatema al dialogo, ed. Plon, p.12). Ma Dio, lo si può conoscere ? E se sì, come l’incredulità può esistere? Lo si può conoscere, certamente, ma “non è evidente” diceva già San Tommaso d’Aquino: altrimenti non vi sarebbero atei! E’ che bisogna prendersi la pena di cercarlo. Ed un certo ritmo di vita – quello che Pascal chiamava il “divertimento” – non facilita il compito: “Si è talmente presi dalla vita …, non si ha più il tempo di fermarsi … “. Lo si può conoscere con la ragione? Taluni lo negano: “Io non voglio provargli la sua esistenza sotto il naso!” diceva il filosofo Kierkegaard. Non lo si può prendere in flagrante delitto di esistenza … Oppure non sarebbe che un Dio astratto, un’idea metafisica: come un idolo quale la divinità senza volto che propongono le nuove sapienze d’Occidente, i Rosa Croce e taluni Massoni, la Scientologia e la Teosofia. Un Dio che sarebbe interamente comprensibile all’uomo non sarebbe il vero Dio. Perché il Dio vivente non si è rivelato pienamente che in Gesù Cristo, l’Uomo di Nazareth. E pertanto, con le nostre proprie luci, noi possiamo scoprire una certa “esistenza” di Dio: “Quello che Dio ha di invisibile fin dalla creazione del mondo, si lascia vedere all’intelligenza attraverso le sue opere … “, scrive l’apostolo Paolo (Rm. 1,20). Occorre attenersi, altrimenti si scivola nell’attitudine “fideistica”, che giunge a relegare la fede sul solo registro del sentimento. Taluni evangelisti predicano così nella strada un Dio soprattutto sensibile al cuore ed ai sensi. E’ la sensibilità che è toccata, dalla voce vibrante, il sorriso seducente ed il calore comunicativo del giovane cantore sostenuto dal ritmo della chitarra e l’esplosione collettiva degli alleluia. Ma l’enunciato intellettuale è pericolosamente in corto circuito. Questo spiega il successo rapido di taluni predicatori delle sette. Il fideismo è insufficiente. Diventa anche pericoloso in questo primo decennio del ventunesimo secolo in cui l’irrazionale opera un ritorno in forza, in reazione contro un mondo del tutto razionale che, a differenza del tutto elettrico non ha affatto dato caldo al cuore … Perché si può confondere lo spirituale ed il divino con l’irrazionale, confusione corrente presso i numerosi liceali che incontro, pratici fedeli della scienza finzione, od occasionali dello spiritismo e della parapsicologia. Noi possiamo già fare un tratto di strada con la nostra intelligenza, non fosse altro che per purificare la nostra propria idea di Dio, evitando di vogare nel puro affettivo. Ma è un esercizio confortevole! Poiché la quasi totalità della nostra ordinaria esperienza è fatta di questo mondo visibile e ben consistente nel quel noi siamo immersi. Ora si tratta di inquadrare la realtà (l’esistenza “reale”) di un essere che noi non vediamo. E siccome la totalità del “reale” sembra confondersi col contenuto dell’esperienza umana – quello che è palpabile, verificabile, misurabile – ci occorre rimetterla in questione. Altrimenti noi eliminiamo l’entrata in gioco di uno dei termini del problema, col pretesto che non possiamo raggiungerlo per la via abituale. “Aprimi la casetta” (si tratta del Tabernacolo), chiedeva al suo vecchio parroco questo bimbo di sei anni alla fine di una celebrazione. Fatto. “Ma il tuo Gesù, non c’è! Io non lo vedo!”. Gli occorrerà un certo tempo per comprendere che “l’essenziale è invisibile per gli occhi” e che “non si vede bene che con il cuore”… Questo atteggiamento spontaneo ha nome “agnosticismo”: “Dio? Non lo conosco!”. Attitudine legata all’impossibilità od al rifiuto di inquadrare una realtà fuori dall’esperienza abituale. E’ una delle forme più correnti dell’incredulità oggi. Ascoltate piuttosto questa parabola: “C’erano una volta due esploratori che avevano trovato una radura nella giungla. Nella radura spuntavano molti fiori e molte erbe cattive. Uno degli esploratori disse: “Vi deve essere necessariamente un giardiniere che coltiva questo giardino”. L’altro non è d’accordo: “Non c’è nessun giardiniere”. Allora innalzano una chiusura in filo di ferro. La elettrificano. La sorvegliano con delle belve … Ma nessun urlo suggerisce mai che qualche intruso abbai ricevuto una scarica. Nessun movimento del filo di ferro tradisce mai uno scalatore invisibile. Le belve non gridano mai. Pertanto, il credente non è ancora convinto: “Ma … vi sarà un giardiniere invisibile, intangibile, insensibile alle scariche elettriche, un giardiniere che non ha odore e che non fa rumore, un giardiniere che viene segretamente per occuparsi del giardino che ama …”. Alla fine, lo scettico disperato: “Ma cosa rimane della tua prima affermazione? In che cosa precisamente quello che tu chiami un giardiniere invisibile, intangibile, eternamente imprendibile, differisce da un giardiniere immaginario od anche da un giardiniere che non esiste del tutto … ?”. Occorre dunque scegliere … Siamo spinti ad un dilemma cruciale fin dal momento in cui poniamo la questione di Dio, un dilemma molto implicante al quale non si può sfuggire: o Dio è una creazione dell’uomo, il prodotto della sua immaginazione, oppure l’uomo è una creatura di Dio, non come un rivale ma come un socio collaboratore. Dio? Rispondono quelli dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, è una creazione dell’uomo, il prodotto della sua immaginazione, un tentativo di evasione. Tentazione ben seducente …: “Padre Nostro … “, così comincia fin da oltre duemila anni la preghiera degli uomini della mia razza. E’ così che pregano i cristiani. Essi sentono il loro Dio come la richiesta e la risposta allo stesso tempo … Ho spesso riflettuto, e talvolta con invidia, a quella pienezza che dicono di conoscere, quello strano dialogo col quale essi ritrovano la pace e la speranza. Così, mi sono messo ad imitarli e dicevo come loro: “Padre Nostro …”. Ma dovevo ben presto rendermi conto che non ero mai io che mi rispondevo e non ho più accettato di mentirmi per molto tempo. Il Padre non mi ha mai parlato, mai risposto, ed io non posso onestamente rivolgere la preghiera che a me stesso ed ai miei fratelli che sono, con me, nella stessa solitudine. Io non so a chi potremmo chiedere di cambiare per noi l’ordine del mondo, ma possiamo molto chiederci a noi stessi e gli uni gli altri con qualche speranza di una risposta … “. Occorre allora credere solo nell’uomo. E perché il suo regna venga, occorre “uccidere Dio”. Bisogna recuperare tutta quella energia umana tesa verso una illusione, la proiezione della nostra nostalgia: “il deposito dei nostri sogni”, dice Jean Rostand. Occorre liberare l’uomo dalla sua alienazione religiosa e mettere questa energia al servizio dell’umanità e della trasformazione della terra. Di fatto, se Dio era ben quel personaggio illusorio e dispotico, si condividerebbe l’incomprensione scandalizzata del non credente, come quel militante del Partito Comunista che si rivolgeva ad una sua amica militante come lui ma cattolica praticante: “Come si può essere come te appassionata di libertà, di verità, di ricerca sull’umanità, militare con noi comunisti affinché gli uomini prendano in mano la loro vita, e credere in un Dio che decide tutto … ? Ma dei cristiani non avrebbero talvolta accreditato l’immagine di Dio contro la quale si levava violentemente Nietzsche: “Tu lo sai bene, il demone vigliacco in te che ama unire le mani ed incrociare le braccia e che desidera una vita più facile, quel demone vigliacco ti dice: Vi è un Dio!”. Nel secolo scorso, diversi vescovi, riprendendo i temi sociali dell’epoca, scrivevano ai loro fedeli – a lato di eccellenti cose! -: “Beato colui che si accontenta della propria sorte. Dio ha creato la ricchezza e la povertà come ha creato la salute e la malattia. Che il povero non mormori: il povero è stato creato per provare la fede e la carità del ricco. Il povero paziente e rassegnato beneficerà di beni infinitamente preziosi nell’ordine soprannaturale!”. Non facciamo dell’anacronismo: il contesto era altro. E siamo giusti; alcuni anni prima, un universitario cristiano, Federico Ozanam, fondatore delle Conferenze di San Vincenzo dei Paoli, prendeva già partito – ancor prima di Marx – sulla divisione della società in due classi antagoniste: “La questione che divide gli uomini di oggidì non è più una questione di forme politiche, è una questione sociale: è sapere se la vincerà lo spirito dell’egoismo o lo spirito del sacrificio; se la società non sarà che un grande sfruttamento a favore dei più forti od una consacrazione di ognuno al servizio di tutti … Vi sono molti uomini che hanno troppo e che vogliono ancora avere; ve ne sono molti più altri che non hanno niente e che vogliono prendere se non le si da loro niente”(Lettera del 13 novembre 1836). Nel 1848, all’inizio della Rivoluzione, egli lancia ne Il Corrispondente un appello che farà scandalo: “Passiamo ai Barbari!”. “Prendiamo il partito dei poveri, dei miserabili, della classe operaia”: Egli si spiega in una lettera dello stesso anno: “Dicendo “Passiamo ai Barbari”, io chiedo che anziché sposare gli interessi della borghesia egoista, ci occupiamo del popolo che ha troppi bisogni e troppi pochi diritti … E’ nel popolo che vedo abbastanza rimanenza di fede per salvare una società le cui alte classi sono perdute”. Ma la sua voce sarà meno ascoltata. Giovanni Paolo II lo è maggiormente quando grida, in Brasile, davanti agli abitanti di una bidonville: “Non dite che è la volontà di Dio che voi restiate in una situazione di povertà, di malattia, in degli alloggi che contrariano spesso la vostra dignità di persona umana! Non dite: “E’ Dio che lo vuole”. Io so che questo non dipende solamente da voi … ma siete voi che dovete essere sempre i primi nel migliorare la vostra vita sotto tutti gli aspetti” (7 luglio 1980). Oggi il Papa Benedetto XVI non è da meno del suo predecessore nel denunciare le gravi ingiustizie sociali del ventunesimo secolo. Altri dicono: “L’uomo è una creatura di Dio”. Ed allora, scriveva il beato Charles de Foucauld, “subito dopo che ho creduto che vi era un Dio, ho compreso che non potevo fare altrimenti che di vivere per lui: la mia vocazione religiosa data della stessa ora della mia fede”. Il Dio dei credenti è il Dio dell’Alleanza con l’uomo. L’uomo non è per lui un rivale, ma un socio che ha creato “a sua immagine”: “Lo fece di poco inferiore ad un Dio”, canta il salmo. Se Dio esiste, il nostro destino ha un senso: poiché ha una origine ed un fine. Esso non è più un episodio più o meno insignificante chiusa da una morte assurda. Prende tutt’altra dimensione: infinita. Comporta un “aldilà”, un Altrove. E sarebbe poco ragionevole, infantile, disinteressarsene. Occorrerebbe almeno andare a gettarvi un colpo d’occhio … Se Dio esiste … di Don Marcello Stanzione |
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