San Giuseppe e gli Angeli del Signore |
Non ci sono traduzioni - There are no translations - Nein Übersetzungen - No traducciones - Aucun traductions Dio, nei disegni della sua bontà misericordiosa, ci ha predisposti a ben conoscere le prove che Egli vuole spandere, in questi tempi, con dei tesori di grazie abbondanti a quanti vogliono comprendere. La figura di San Giuseppe viene così descritta, dalla Beata Maria d’Agreda, nella sua “Mistica Città di Dio”: “Figlia mia (è la Vergine Maria che parla alla Beata), benché abbiate descritto che il mio sposo Giuseppe sia uno dei più grandi Santi e dei più nobili Principi della Gerusalemme celeste, voi non potete, pertanto, ora dichiarare la sua eminente santità. I mortali non saprebbero conoscerla, prima di godere della vista di Dio, nella quale essi scopriranno, con ammirazione, il mistero e ne loderanno il Signore”. E’ quindi con enorme piacere che mi sono impegnato, molto modestamente, ne descrivere un piccolissimo squarcio della vita del più grande Santo mai apparso sulla faccia della Terra, tanto dal meritare di essere lo sposo di Colei ... ... che doveva essere la Madre di Dio, la Theotokos, come usano dire i nostri fratelli Ortodossi, nonché il padre putativo e custode del Redentore del mondo e nostro Dio!. Per dare una semplice idea della grandezza di San Giuseppe, basti dire che nella sua sola persona, Dio Padre ha racchiuso le sue bellezze, la sua purezza, il suo amore, la sua saggezza, la sua prudenza, la sua misericordia e la sua compassione. Un solo Santo è destinato a rappresentare Dio Padre, nel mentre che occorrono una infinità di creature, una moltitudine di Santi per rappresentare Gesù Cristo. Tutti gli Angeli insieme sono creati per rappresentare Dio e la sua perfezione; un solo uomo rappresenta tutte queste grandezze: San Giuseppe! Vi è di che confondere e spaventare la nostra ignoranza e la nostra miseria, vedendo quello che vi è di più puro e di più santo è quanto a noi è meno possibile comprendere e riconoscere. Le virtù e le grazie, che il Signore comunicò al suo servo Giuseppe, furono tali da renderlo degno sposo di Colei che Egli aveva scelto come sua Madre. Ed è su questa regola e sulla stima e l’amore che l’adorabile nostro Signore aveva per la sua purissima Madre, che si deve misurare la santità di San Giuseppe. Noi crediamo che, se nel mondo vi fosse stato un uomo più perfetto e più eccellente di lui, la Maestà divina lo avrebbe dato per sposo alla sua propria Madre e, poiché gli ha dato San Giuseppe, egli doveva senza alcuna contraddizione essere il più grande Santo che Dio ebbe, ha ed avrà sulla Terra. Egli sintetizzò in sé l’Antico ed il Nuovo Testamento, come ben scrive Origene, compiendo la legge antica e nuova. Eppure San Giuseppe si presenta a noi nelle sembianze più inattese. Avremmo potuto immaginarlo come un uomo potente, in atto di aprire la strada a Cristo; o, forse, come un profeta, un sapiente, un sacerdote. Invece egli è l’uomo umile, modesto e comune; egli è quell’uomo che mai nessuno di noi avrebbe potuto immaginare come Padre putativo di Gesù Cristo. Essendo San Giuseppe un discendente del Re Davide, si poteva supporre di trovarsi dinanzi a chi avesse consuetudine con il trono o che emergesse nel fragore di qualche avvenimento guerresco oppure nel dramma di una contesa politica. Invece, San Giuseppe, appartiene sì alla progenie di Davide, ma senza che da ciò derivi un titolo od un motivo di gloria, bensì lo si trova “livellato”, a misura di tutti gli uomini, senza rinomanza e senza storia. Un solo aspetto della vita del Santo, però, risalta particolarmente e merita di essere compreso ed osservato. Questa vita sommessa, che si intreccia con quella di Gesù nascente e con quella della Beatissima Vergine, ha qualcosa di caratteristico, di molto bello, di misterioso: il rapporto tra San Giuseppe e l’Angelo. Per ben tre volte, difatti, San Matteo, nel suo Vangelo, ci parla di un Angelo che illumina la vita di Giuseppe. Che cosa vuole dire tutto ciò? Significa che San Giuseppe era guidato e consigliato, nell’intimo, dal Messaggero Celeste. Vediamo, a tale proposito, un atteggiamento di stupenda docilità, di eccezionale prontezza in obbedienza ed esecuzione; San Giuseppe si lascia guidare. Egli, a differenza di Mosè e degli altri profeti, non discute, non esita, non adduce motivi o diritti e non ostenta aspirazioni. Egli lancia se stesso nell’ossequio della parola a lui detta; sa che la sua vita si svolgerà come un dramma, che però si trasfigura ad un livello di sublimità e di purezza straordinario, ben al di sopra di ogni attesa o calcolo umano: “Non temere di prendere Maria quale tua sposa, poiché quello che è nato in lei è opera dello Spirito Santo”. E Giuseppe obbedisce. Più tardi gli sarà ingiunto: “Occorre partire, poiché il neonato Salvatore è in pericolo”. Egli, difatti, affronta un lungo viaggio, attraverso deserti infuocati, senza mezzi e senza conoscenze, esule in un Paese straniero e pagano; sempre ligio e pronto ad obbedire alla voce del Signore che, in seguito, gli ordinerà di tornare. Appena rientrato a Nazareth, egli vi ricompone la vita consueta di riservato artigiano. Suo compito è di “educare” il Messia al lavoro ed all’obbedienza. Egli lo custodirà ed avrà nientemeno che la sublime prerogativa di essere lui a guidare, a dirigere e ad assistere il Redentore del mondo! E Gesù, dice il Vangelo, “erat sibditus illis”, era sottomesso ed obbediva a Giuseppe ed a Maria. La caratteristica adesione di San Giuseppe alla volontà di Dio deve essere l’esempio su cui meditare. Ognuno di noi dovrebbe essere così attento alle voci del Cielo da porsi questo quesito: “Sono io il chiamato?”. Dobbiamo interrogarci sulla volontà di Dio per la nostra esistenza, su come dirigere i nostri impegni, su come impegnare i nostri talenti, su come disporci nei confronti della volontà del nostro unico Signore. Nessuna vita è banale, meschina, trascurabile, dimenticata, per il solo fatto che noi siamo figli di Dio; battezzati, abbiamo la vocazione alla santità di vita e dobbiamo essere aperti al Regno di Dio, ai suoi inviti, alla conversazione con lui, alla convivenza ed a quant’altro ci renda “consortes divinae naturae”. San Giuseppe ci deve essere di grande insegnamento: tutti noi dobbiamo dare ascolto ai messaggi che Dio ci dà e dobbiamo essere celeri nell’obbedienza, senza alcuna rimostranza. A questo punto, però, è facile domandarsi in che modo, noi, poveri peccatori, possiamo riconoscere la volontà di Dio. Osserviamo, quindi, la nostra vita: orbene, tutto quanto ci è necessario, obbligato ed immutabile in noi, ci induce a riconoscere ed affermare che lì è la volontà di Dio. Uno di noi sarà povero, un altro infermo, altri ancora si troveranno nella tribolazione ed in condizioni difficili. Allora si curva la fronte e si esclama in maniera convincente: “Tutto è disposto dal Signore!”. Non è rassegnazione, ma forza per andare avanti! In più, c’è il possesso della libertà individuale. Chi sceglie da sé, deve essere in grado di esprimere quanto di meglio ha. Di conseguenza, lo stato in cui ciascuno viene a trovarsi, mediante la fusione di circostanze e di intenti onesti, con la volontà di Dio, accolta da quella umana, diventa cosa di immenso valore. Dunque: i doveri del proprio stato, oggi così in disuso, devono essere stabiliti in rigorosa osservanza della volontà divina: chi li compie bene, vince la morte e sconfigge la menzogna, rende onore e gloria a Dio, dà una grandezza incomparabile alla sua intera esistenza. In ciò è l’esempio datoci da San Giuseppe. Da lui apprendiamo la ricerca illuminata, forte e generosa delle volontà del Signore, mediante l’aiuto delle voci celesti dei suoi Messaggeri. di Alfonso Giusti |
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