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Santa Sede: serve un nuovo patto finanziario internazionale PDF Print E-mail
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Santa Sede: serve un nuovo patto finanziario internazionaleServe un "nuovo patto finanziario internazionale" per fronteggiare la crisi finanziaria che ha sconvolto i mercati e ricade soprattutto sui Paesi poveri. La proposta viene da una nota del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, redatta in vista della Conferenza Internazionale di Doha sul finanziamento allo sviluppo, che si terrà dal 29 novembre al 2 dicembre. Sullo sfondo, il G20 con il quale i venti capi delle nazioni industrializzate hanno definito piani per fronteggiare la crisi. L'opinione della Santa Sede è critica: al G20 "le nazioni più deboli sono state escluse dal piano varato per rilanciare i mercati", e la preoccupazione - condivisa, si legge nella nota, con "moltissimi Paesi che non hanno partecipato al summit di Washington" - è che l'evento "privi di impatto la Conferenza Internazionale di Doha". In questa nota si definisce il contributo della Santa Sede alla Conferenza di Doha.. Un contributo che è prima di tutto una critica al sistema ...

... globale, dove "sono i Paesi poveri a finanziare i Paesi ricchi, che ricevono risorse provenienti sia dalle fughe di capitale privato, sia dalle decisioni governative di accantonare riserve ufficiali sotto forma di attività finanziarie sicure, collocate nei mercati notariamente evoluti o nei mercati off-shore. E poi, la denuncia di un "paradosso", e cioè il fatto che "le rimesse degli emigrati, cioè della componente meno liberalizzata dei processi di globalizzazione, comportano un afflusso di risorse che, a livello macro, superano largamente i flussi di aiuto pubblico allo sviluppo".

"E' come dire - conclude la nota - che i poveri del Sud finanziano i ricchi del Nord"
Ma c'è anche un significativo cambiamento in atto nelle valutazioni della Santa Sede: si fanno notare anche le responsabilità delle élites corrotte dei paesi poveri. Nella nota, c'è anche un'analisi dei mercati offshore dell'economia mondiale, definiti "un anello importante sia nella trasmissione dell'attuale crisi finanziaria, sia nell'aver sostenuto una trama di pratiche economiche dissennate".

Ci sarebbero, sottolinea la nota,  "applicazioni finanziarie nei centri off-shore che potrebbero rendere circa 860 miliardi di dollari all'anno, e che corrisponderebbero a un mancato introito fiscale di circa 255 miliardi di dollari". Una quantità, conclude il Pontificio Consiglio, che rappresenta "più di tre volte l'ammontare dell'aiuto pubblico allo sviluppo da parte dei Paesi dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, l'Ocse".

 Articolo del dott. Andrea Gagliarducci ( This e-mail address is being protected from spam bots, you need JavaScript enabled to view it )

 
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