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Il segno della pace? Andrebbe abolito, non importa il momentoIl dibattito sul momento in cui scambiarsi il saluto della pace tiene banco, insieme a quello sulla presunta conversione di Antonio Gramsci. Ne abbiamo parlato con un giovane, ma valente sacerdote  tradizionalista della  San Pio X, il quale, con assoluta franchezza e competenza, esprime il suo punto di vista. “Nel rito romano  il segno della pace tra i fedeli non è mai esistito. In alcune messe solenni, secondo il rito antico, la pace veniva data  dal celebrante in via gerarchica ai con celebranti e in poche occasioni, ma assai rare e solenni: talvolta si faceva baciare ai fedeli, solo alcuni, una tavoletta di legno detta appunto pace”. Don Mauro, indipendentemente dalle dispute storiche, che cosa non va nel saluto della pace secondo il Novus Ordo? “Me la cavo  con un sintetico: tutto. Dunque, la pace sia data gerarchicamente dal celebrante e solo da lui. Oggi invece, i fedeli se la scambiano in virtù e frutto ...

... di una visione orizzontale e non gerarchica della liturgia. Insomma, il rito si è protestantizzato ed anche aperto scriteriatamente ai laici”.

Che pensa di quei celebranti che al momento della pace scendono dal presbiterio a salutare i fedeli? “Che sbagliano, sono in piena confusione teologica e mentale. Intanto non è prescritto da nessuna rubrica, poi si crea un teatro, una confusione tragicomica. Senza contare che il sacerdote stringe le sue mani che potrebbero contenere frammenti della particola a quelle dei fedeli senza  aver effettuato la purificazione”.

Lei sostiene che i laici non possano leggere i brani del  lezionario... “Veramente non lo dico io, ma la  Chiesa ed il Concilio di Trento, in particolare e non mi risulta che la norma sia stata mai cambiata. L’ordine sacro è affidato ai consacrati, i laici non solo non possono leggere, ma cosa ancor più grave, neppure amministrare la comunione. Di questo passo e seguendo questa logica assurda, finiranno con il consacrare o amministrare i sacramenti. Siamo vicini”.

Insomma, lei è assolutamente contrario al rito della pace. “Lo sono, ma non perché lo dico io, ma per motivi teologici chiari. Il fedele non ha alcuna autorità di  dare la pace ad un suo consimile. La pace è figlia dell’ordine gerarchico sacerdotale. Poi viene un secondo aspetto”.

Quale? “Il caos della messa. Spesso, per non dire sempre, al momento della pace, si assiste ad happening, vere e proprie gite fuori porta, da un lato all’altro. Ci si saluta, bacia, scherza dimenticando che la messa va avanti, che la eucaristia è arrivata al suo cuore. Ma con animo spensierato si continua a salutare magari al ritmo di musichette amene. Insomma, tutto il contrario dell’ idea della messa come dono, mistero e sacrificio”.

Dunque, par di comprendere, il problema è solo dottrinale: “Indubbiamente. Tale confusione, avverso la quale ora si vogliono prendere pannicelli caldi, è figlia di una riforma liturgica che ha fallito. Che ha smarrito il senso del sacro, alla ricerca dell’assemblea che fa tanto protestante, del prete protagonista e presidente di non si sa che cosa".

Insomma una insalata russa. “Esattamente, un minestrone fatto per accontentare tutti e per venire incontro ai protestanti, i quali neppure ci considerano”. Infine veniamo a Monsignor Lefebvre, morì in comunione con la Chiesa di Roma. “Il conformismo imperante dice di no, ma quando la salma di un Vescovo che fu grande uomo di Chiesa e Pastore, riceve la benedizione da sacerdoti in comunione con Roma, la risposta mi pare scontata. Lefebvre amò la sua chiesa e mai la tradì”.

di Bruno Volpe

 
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