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La liturgia spettacolo fa scappare il senso del sacro. Si celebri in Spirito e Verità PDF Stampa E-mail

La liturgia spettacolo fa scappare il senso del sacro. Si celebri in Spirito e Verità“Quella del Papa Benedetto XVI è una lenta riforma, paziente, nel senso che nulla nella vita, e specialmente nella liturgia, si impone, ma si propone”: lo afferma Monsignor Nicola Bux, affermato teologo e liturgista, rintracciato nella sua abitazione barese. Il noto sacerdote, nelle grazie del Papa non lo dice, ma nei Sacri Palazzi, girerebbe il suo nome per un importante incarico curiale. “Quando parlo di una pazienza di Papa Benedetto XVI, lo dico nel senso letterale del termine. La pazienza implica anche una sofferenza, che però alla fine porta frutto”. E poi si concede un paragone quasi calcistico: “le persone, così come la liturgia, hanno mente e cuore. Dunque ci sia esatta corrispondenza tra razionalità e spirito.  Bisogna  saper vincere e convincere” .In un recente congresso, a Roma, lei ha parlato del valore dinamico del termine tradizione: "Tradizione, dal verbo latino, significa trasportare,dunque ha un ...

... senso dinamico. La tradizione, dunque, è un concetto dinamico e non statico”.

Nello stesso Congresso, lei ha dichiarato che occorre ricuperare il senso del sacro: “La liturgia implica lodare Dio, mettersi alla sua presenza. Va adorato in Spirito e Verità, insomma il culto sia spirituale e ragionevole al tempo stesso. Una buona liturgia deve portarci a contatto con Dio e dunque con il sacro".

Come la mettiamo,allora con certe messe spettacolo? : “Sono figlie di un atteggiamento superficiale, della Messa considerata erroneamente quale intrattenimento, happening, e ciò lo di deve ad una malintesa idea della Riforma liturgica. Quando la liturgia si converte in show, il senso del sacro scappa, corre via”.

Dunque, occorre rispettare lex orandi, lex credendi: “Certamente. Ma guardi, nessuno è padrone della liturgia, davanti a Dio non ci si può inventare nulla, tanto meno scendere a forme di sperimentalismo. Talvolta in alcune messe di sacerdoti creativi si assiste a cose anche carine, se vogliamo,ma che con la liturgia e il senso del sacro non hanno nulla a che vedere. Se proprio si vuole improvvisare, dare spazio  all’espressività  folkloristica, esiste la pietà popolare. Insomma, ritengo che certi gesti quali l’inginocchiarsi, lo stare in piedi, e così via, siano biblici e nessuno ha il diritto di manipolare la rivelazione”.

In molte chiese manca ormai il tabernacolo dall’altare maggiore, un poco come andare a far visita  e non trovare il padrone di casa: “Questo ci porta lontano e al tempo stesso vicino, alla idea del senso del sacro.  Noi quasi ci molestiamo alla idea di avere il Santissimo al centro, lo abbiamo relegato in un angolo”.

Per quale ragione,anche architettonica?: “Io ora non discuto dei canoni della bellezza stilistica. Dico solo che nelle chiese gotiche, barocche, romaniche, si vedeva un focus, si toccava il divino. In molte chiese moderne questo manca. L’occhio del fedele una volta cadeva sul Crocifisso, su qualcosa di sacro,mentre ora al centro dell’ altare campeggia altra cosa”.

Che cosa campeggia?: “Il trono del sacerdote, che copre Dio. Come se la presenza del sacerdote fosse più importante di quella di Dio. Insomma, il trono del prete campeggia e sovrasta tutto. Siamo arrivati alla clericolatria, poniamo noi stessi al centro della liturgia, ma il centro della liturgia non è il sacerdote, è Dio”.

di Bruno Volpe

 
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